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NARRAZIONE.

LIBRO PRIMO.

Esame sull'opportunità di un Concilio ecumenico,
e primi preparativi per la sua celebrazione.

CAPO I.

Pio IX interroga i Cardinali, sotto il più alto segreto, intorno all' opportunità di celebrare un Concilio ecumenico. Pareri dei Cardinali.

SOMMARIO.

-

1. Il Santo Padre ingiunge ai Cardinali di manifestargli in iscritto, e separatamente, la loro sentenza intorno al disegno di raccogliere un Concilio ecumenico. · 2. Esposizione delle loro scritture. a) Stato presente del mondo. b) Se sia necessario un Concilio ecumenico. c) Difficoltà che si oppongono alla celebrazione, e modo di superarle. d) Materie che si dovrebbero trattare dall'augusta assemblea.

1. Il sesto giorno di dicembre dell'anno 1864 alla presenza del Sommo Pontefice, nel palazzo Vaticano, adunavasi la sacra Congregazione de' riti. Avvenne in tale occasione un fatto straordinario. Pio IX, dopo implorato il divino aiuto colla preghiera d'uso, fece allontanare gli officiali della Congregazione e rimase, per poco tempo, solo coi Cardinali. Quindi, richiamati gli assenti, passò a trattare gli affari per cui era intimato il convegno. Grande curiosità si levò tra gli esclusi; e chi faceva una congettura, chi un' altra. Ma nessuno ebbe dato nel segno.

Grave invero, quantunque di corta durata, fu la comunicazione del Sommo Pontefice. Da lungo tempo stargli in

mente un pensiero che al bene della Chiesa universale si riferiva: questo era d'intimare un Concilio ecumenico per provvedere con tale straordinario mezzo agli straordinari bisogni del gregge cristiano: studiassero i Cardinali, ciascuno da sè, questo disegno, e poi gli comunicassero in iscritto, e separatamente, ciò che nel Signore avrebbero giudicato convenevole. Ma tutto sotto rigoroso segreto.

2. Usa il Pontefice, allorquando alcun grave negozio esce dalle ordinarie appartenenze delle tante Congregazioni ond'è come diviso il Sacro Collegio, affidarne lo studio preliminare a un numero più o meno grande di porporati a seconda dell'importanza dell'argomento. L'affare di che ho tenuto parola era importantissimo; il perchè piacque al Pontefice estendere a tutti i Cardinali presenti in Curia l'incarico che dapprima ebbe dato a quei soli che nel giorno suddetto faceangli corona.

Obbedirono i consiglieri all'alto mandato; nè trascorsero interi due mesi che già eran deposte nelle mani di Pio IX ben quindici scritture. Alle quali tenner poi dietro altre successivamente; onde ascesero in tutte a ventuna. È qui mio debito comunicare al lettore i sentimenti da cui furono animati quanto al Concilio, fin da quei primissimi tempi, coloro ai quali è commesso l'ufficio di sostenere, a vantaggio della Chiesa universale, le prerogative della prima Sede. Il che verrò eseguendo con dividere, come puossi comodamente, in quattro capi precipui la materia dei Voti. Per tal guisa risparmierò inutili ripetizioni, e ciascheduno potrà senza fatica formarsi un'idea delle risposte dei Cardinali.

I punti, ove s'accentrano le cose sparsamente dette nei Voti, sono i seguenti:

a) Esame dello stato presente del mondo;

b) Conseguente ricerca se tale stato richiegga il supremo rimedio del Concilio ecumenico;

c) Difficoltà che a celebrare il Concilio si presentano, e modo di superarle;

d) Materie che l'augusta assemblea dovrebbe trattare. a) Cominciando dal primo capo, egli è evidente come qui non si cerchi la enumerazione delle splendide conquiste che l'età moderna ha fatto e va tuttora facendo sulla materia. Il perchè, l'eterna apologia del telegrafo e del vapore, dei frequenti rapporti commerciali tra le nazioni, delle appianate barriere doganali, del progresso dell'industria, delle banche, degli opificii, delle manifatture e via discorrendo, non poteva esser la risposta al quesito cui quasi tutti i consultori giudicarono dover soddisfare pria d'inoltrarsi nel difficile studio. Ma, invece come sono incamminati gli uomini verso l'ultima meta che Dio ebbe assegnato a ciascuno? Così fu posto il problema da quei filosofi cristiani. E la risposta dovè sonare tutt'altro che apologia.

Certo, ogni età ebbe i suoi vizi e le sue virtù, ed è ingiusto dimenticare ciò che ha di bene il secolo in cui viviamo, perchè i difetti che ne stanno dinanzi ci colpiscono vivamente; come non è da savio esaltare i tempi che furono, perchè non fummo testimoni dei loro trascorsi. Ma varia è la forma e, dirò anche, l'intensità dell'errore nei vari periodi della storia; onde un'età, pur nell'ordine religioso e morale, può, sostenendo il confronto con altra, restarne al di sotto, ovvero superarla. Ora è evidente come in tale ordine noi dobbiamo, per molti rispetti, sentirci da meno dei nostri maggiori.

Ciò che forma il carattere speciale dell'età nostra, o, a parlar propriamente, di quel grande e potente partito che ha in mano la somma delle cose nel mondo moderno, si è la tendenza a distruggere tutte le vecchie istituzioni che hanno vita in virtù d'un principio soprannaturale, e poi, sulle rovine di quelle, spesso con le loro spoglie, innalzare nuovi edificii, poggiati unicamente sui dettami della pura, e non sempre retta, ragione. Questa tendenza è l'effetto, se mal non mi appongo, d'un doppio errore che oggi ha invaso le menti: voglio dire, in primo luogo, l'empio principio che la società, in quanto tale, non ha doveri con Dio, essendo la religione un privato rapporto tra la coscienza dell'individuo

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