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si è che il gentilissimo Petrarca non isdegnò di trarre dalle sue rime alcuni concetti, come, per recarne un esempio solo, si può scorgere da questi versi sugli occhi di Selvaggia:

Poichè veder voi stessi non potete,

Vedete in altri almen quel che voi sete.

Il Petrarca fece suo questo concetto nella canzone agli occhi di madonna Laura (Perchè la vita è breve):

Luci beate e liete;

Se non che 'l veder voi stesse v'è tolto:
Ma quante volte a me vi rivolgete,
Conoscete in altrui quel che voi sietę.

Da Cino tolse anche il cantore di Laura quelle fredde allusioni fatte al nome della sua donna ogni qual volta sotto i nomi di lauro o d'aura la simboleggiava; giacchè il poeta pistojese volle far riconoscere la sua Selvaggia nell'uso vario dell'aggettivo selvaggio. Nè dispiacque al Petrarca di far soggetto di una (1) delle sue più gravi canzoni un pensiero tolto da quel sonetto di Cino che incomincia:

Mille dubbi in un di, mille querele

Al tribunal dell' alta imperatrice, ec.

Il poeta ed Amore piatiscono innanzi al tribunale della Ragione, che Cino appella alta imperatrice, ed il Petrarca la Reina che la parte divina tien di nostra natura e 'n cima siede.

(1) Quell'antico mio dolce empio signare,

Tanto nella canzone quanto nel sonetto il poeta si querela di Amore, e questi ribatte le accuse: la Ragione gli ascolta, ma non decide; l'amatore di Selvaggia le fa rispondere: a sì gran piato convien più tempo, a dar sentenza vera ; quello di Laura le mette in bocca le seguenti parole: Piacemi aver vostre questioni udite; ma più tempo bisogna a tanta lite.

Il Muratori non seppe persuadersi che un sì bel sonetto fosse opera di Cino. « Non inciampo io qui punto, dice egli, in certi snervati versi, o in alcune scabre parole che noi compatiamo, non lodiamo in altri componimenti di messer Cino pistojese; e se pure fosse di lui, il giudicherei una rarissima gemma di que' tempi ". Lo attribuisce poi a Gandolfo Porrino buon poeta modenese, che il mandò al Castelvetro, come cosa di Cino, e crede che lo componesse ad imitazione del Petrarca per ridere alquanto della credulità degli amici (t). Ma il Salvini, e dopo di lui il Ciampi vendicarono i diritti di Cino, e mostrarono evidentemente essere quel sonetto parto felice del suo ingegno; anzi il primo chiosando questo passo del Muratori scrisse queste belle parole. "Se uno si prende la pena di guardare un poco ne' sonetti di messer Cino, non li troverà cotanto ruvidi; ma ci vuole un poco di riverenza verso i padri nostri, e autori di quella bella lingua che ci fa onore. Questa schifiltà verso gli antichi ha fatto perdere molte belle

(1) Muratori, Perf, Poes, lib. IV.

cose tanto dei Latini quanto dei nostri. Virgilio dal pattume d'Ennio ripescava le perle: Tullio era adoratore de' poeti antichi, e da quel loro antico, benchè non si dipaja, credo che ne traesse suo pro. Hannosi da stimare i moderni, ma non disistimare gli antichi; nè si deono così facilmente deprimere e sotterrare, perciocchè se non altro ci scuoprono le prime orditure e i primi lineamenti delle lingue e dell'arti, e se ne vede il principio, che molto fa a ben intendere il progresso e la perfezione

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(1).

CAPO VI.

Sue

Francesco Petrarca. Notizie intorno alla sua Vita. opere latine. Trattato dei Rimedj dell' una e dell'altra Libri della Vita solitaria. Dialoghi De Contemptu Mundi, o sue Confessioni. Opere politiche, storiche e geografiche. Lettere famigliari, senili, varie e

fortuna.

ne.

1

Il Canzoniere.

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senza titolo. Poema dell' Affrica. Altre poesie latiSuoi grandissimi pregi e sua cePetrarchisti. Influenza del Petrarca sul risorgimento delle buone lettere si latine che greche.

lebrità.

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Al nome del Petrarca non si scuotono solo gli spiriti gentili che amano l'erotica poesia, ma si inchinano anche i gravi filosofi, gli oratori, gli archeologi, i geografi, i politici; giacchè egli non fu solo un poeta che colla lira in

(1) Salvini, Annot. alla Perf. Poes. lib. IV. Ciampi, Note ed illustr. al I sonetto della par. II delle Rime di Cino.

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mano e colle lagrime sul ciglio passò la verde e la canuta età a piedi o sul sepolcro di Laura, ma fu il ristoratore delle buone lettere da lui risuscitate fuor dalle barbariche rovine; fu un filosofo che trattò le gravissime materie di Stato e della morale; fu il primo archeologo che dopo il risorgimento delle lettere conobbe gli eroi ed i riti della veneranda antichità, e raccolse medaglie onde porgere lume alla storia; fu un vero Italiano che discorreva nelle patrie contrade per estinguere il fuoco della discordia; fu un eloquente oratore che confortava il capo dell'Impero a scendere dalle Alpi per sedersi sul trono dei Cesari, e per abbattere i tiranni di cui erano piene le terre italiane; e scongiurava i pontefici a lasciare le sponde del Rodano per ristabilirsi su quelle del Tevere, onde ritornar Roma al primiero splendore (1). È dunque necessario il far conoscere assai bene un sì illustre Italiano; e per toccar questa meta è d'uopo il descrivere brevemente quale fosse lo stato dell'Italia ne' tempi in cui egli fioriva.

Non mai si fece così manifesta la verità di quella sentenza, che dalla tirannide nasce il governo libero, siccome dall' abuso della libertà rinasce il dispotismo, quanto nelle vicende delle repubbliche italiane. Date in preda per lungo spazio d'anni alla rabbia delle fazioni ed agli orrori dell'anarchia, cercarono un mezzo di

(1) De Sade, Mém. pour la vie de Petr. tom. I, préf.

unire gli animi discordi de' cittadini, e di difendere lo Stato dagli assalti di fuori. Alcuni s'avvisarono esser necessario il dar piena balía ovvero il supremo dominio a qualche individuo ricco e possente, che unendo le forze sue proprie con quelle del Comune, di cui era creato capo e signore, avesse poter sufficiente onde reprimere i sediziosi, e sostenere più facilmente le guerre contro i nemici esterni, togliendo la lentezza ed i dispareri inevitabili ovunque l'autorità del comando fra molti è divisa (1). Questi capi furono sempre eletti dalle famiglie più illustri e doviziose delle città, ed esse a poco a poco ne acquistarono la signoria; ed in tal guisa i Visconti dominarono in Milano, gli Scaligeri in Verona, i Carraresi in Padova, i Gonzaga in Mantova, i Correggeschi in Parma, gli Estensi in Ferrara. Altre minori famiglie godettero per qualche tempo del dominio di piccole città, che si assoggettarono dappoi alle mentovate case più ricche e potenti, e tali furono i Longusco ed i Beccaria in Pavia, i Fis:raga in Lodi, i Rusca in Como, i Benzoni in Crema, i Cavalcabò in Cremona, i Brusati in Novara, gli Avogadri in Vercelli (2).

Mentre Venezia ordinava un governo aristocratico, Genova e Pisa gemevano sotto il peso delle discordie cittadine, e la seconda preparava insensibilmente i ceppi con cui dovea

(1) Denina, Rivol. d' Ital. lib. XIII, cap. 7.
(2) Sismondi, Hist. des Rép. Ital. tom. IV e V.

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