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copiare si vedrebbe l'ignoranza dello scrittore, ma si avrebbe almeno la sostanza dei libri. Essi al contrario confondendo insieme gli originali e le copie, dopo aver promesso di scrivere una cosa, ne scrivono una tutta diversa, per modo che tu stesso non conosci più ciò che hai dettato. Credi tu forse che se risorgessero ora Cicerone e Livio e molti altri antichi egregi scrittori, e singolarmente Plinio Secondo, e si facessero a leggere i loro libri, gl' intenderebbono? e che non anzi esitando ad ogni passo, or li crederebbero opera altrui, or dettatura di barbari?.... Che dirò io de' nostri nobili, i quali non pur soffrono che periscano le lettere, ma con gran desio lo bramano? Certamente che il dispregio e l'odio di sì bella cosa ci traboccheranno in breve tempo nell'abisso della ignoranza. Si aggiunge (per non ci partir dal proposito) che non v' ha freno nè legge alcuna per tali copisti, che sono scelti senza esame e senza prova veruna. Non v'ha una somigliante libertà pe' fabbri, per gli agricoltori, pe' tessitori e per gli altri artefici. E quantunque il pericolo sia assai minore riguardo a questi, e tanto maggiore per riguardo a quelli, tutti nondimeno alla rinfusa imprendono a scrivere, ed havvi anche un prezzo fissato a cotali barbari distruttori " (1).

Anco le lettere greche doveano rivivere nel secolo decimoquarto; e la gloria di destar negli animi l'amore per Omero, per Erodoto, per Demostene e per gli altri oratori e poeti della

(1) Petr. De Rem. utrius. For. lib. I. dial. 43.

Grecia era riservata al Petrarca ed al Boccaccio. Per buona ventura del primo era giunto ad Avignone un monaco Basiliano, nomato Barlaamo, di cui si diceva non essere stato in Grecia alcun altro fornito di sì vasta scienza non solo nei tempi presenti, ma ancora da più secoli addietro (1). Il Petrarca pregò Barlaamo di insegnargli il greco idioma, e quegli aderì di buon grado, perchè volea per suo mezzo erudirsi nella lingua latina; onde l'uno si pose ad istruir l'altro con bel cambio di scienza fra loro; ma bentosto si dovettero scompagnare, perchè il monaco fu eletto vescovo di Geraci nella Calabria (2).

Leonzio Pilato, discepolo di Barlaamo, che dal Boccaccio viene appellato un inesausto archivio delle storie e delle favole greche, visitò insieme col padre della prosa italiana il Petrarca, che si trovava in Venezia, e che lo amò, quantunque fosse di orrido aspetto, di fattezze deformi e di incolte ed orride maniere. Sembra però che con due sì gran maestri il Petrarca non abbia fatti grandi progressi, al par del Boccaccio, nella gre ca favella; e ciò si dee attribuire allo scarso numero di lezioni che egli ebbe. Gli dispiaceva però forte di non essere profondamente addottrinato nella greca letteratura; ed avendogli Nicola Sigeros pretore del popolo di Romania donato un testo di Omero, libro rarissimo in quei tempi, sovrattutto in Italia, ove si soleva leggere una

(1) Boccaccio, Geneal. Deor. lib. XV, cap. 6. (2) Petr. De Contemptu Mundi, dial. 2.

meschina versione dell'Iliade, egli dopo averne rendute grazie all' amico sclamò: il tuo Omero giace muto presso di me; anzi io sono sordo presso di lui: ciò nullameno godo del suo solo aspetto, e spesse volte lo abbraccio (1). Non ristava però mai dal cercare autori greci, onde soggiunge al ridetto Sigeros: mandami se puoi Esiodo, mandami Euripide. E narrando al Boccaccio il naufragio e la infelice morte di Leonzio, così conchiude: « Con lui non perirono gli squallidi suoi libri, ma scamparono e per la fede de' nocchieri, e per la sicurezza della propria povertà. Farò cercare se fra di essi v' ha un Euripide od un Sofocle, o qualche altro libro di quelli che egli mi ha promesso di cercare " (2).

Dopo aver dimostrato che il Petrarca fu il padre della lirica italiana e della moderna filosofia, il ristoratore della buona latinità, il promotore dello studio della greca letteratura, noi non ci arresteremo ad indagare se egli credesse o no la esistenza degli Antipodi un secolo prima dello Scopritore italiano del nuovo mondo (3); se a lui si debba l'onore d'avere

(1) Petr. Fam. lib. IX, ep. 2.

(2) Petr. Sen. lib. VI, epist. 1.

(3) In due luoghi del Canzoniere si fa menzione degli Antipodi. Canz. V:

Nella stagion che 'l ciel rapido inchina
Verso occidente, e che 'l di nostro vola
A gente che di là forse t' aspetta.

Sest. I:

Quando la sera scaccia il chiaro giorno,
E le tenebre nostre altrui fann' alba.

scoperta la prepotente influenza del clima sul carattere dei popoli, che fu poi più chiaramente mostrata dal Montesquieu nel suo Spirito delle Leggi (1); se egli abbia prima d'ogni altro posto per principio del diritto criminale, che si debbono infliggere le pene non già perchè si sia commesso un delitto, ma affinchè non se ne commettano in avvenire, principio esposto dappoi con grande evidenza dal Beccaria (2). Solo conchiuderemo coll' Andres, che il Petrarca non dovrebbe essere soltanto annoverato fra i più celebri lirici, che tutti furono da lui in vaghezza superati; ma uopo sarebbe collocarlo nel meritato posto alla fronte dei Baconi, dei Galilei, dei Cartesi, dei Newton e di tutti i moderni scrittori, cui egli ha appianate le vie del dritto pensare e del buon gusto (3).

(1) Verri, Stor. di Milano, cap. 12.

(2) Viag. del Petr. tom. III, pag. 184.

(3) Andres, Dell' Orig. e de' Progr. d'ogni Letterat. tom. I, cap. 13.

185

Giovanni Boccaccio.

Poesie volgari. rosa Visione.

CAPO VII.

Sua Vita.
La Teseide.

Sue Opere latine.

Il Filostrato. - L'Amo

Il Ninfale Fiesolano. 11 Filocopo.

La Fiammetta. - Corbaccio. L'Ameto.

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Vita e

Correzione fat

tane prima dai Deputati, e poscia dal Salviati.

Vellejo Patercolo osservò con molto acume che gli ingegni eminenti fioriscono in tempo ristretto, e quasi non escono da un certo spazio d'anni (1). Egli confermò la verità di questa sentenza coll'esempio de' Greci e de' Romani, e noi vi possiamo aggiungere una prova non men luminosa tratta dai tre primi padri dell'italica letteratura, i quali vennero in tanta eccellenza in tre diversi generi e nello stesso secolo, che dopo non surse chi in essi li abbia superati. Lo sforzo fatto dalla natura nella Italia, producendo nel trecento tre grandi uomini, fu tanto più felice, quanto che tutti tre ricevettero da essa un ingegno differente, e calcando una via diversa per salire al tempio della fama letteraria, pervennero alla cima senza ne' scontrarsi nè nuocersi; ed ora noi leggiamo le maravigliose loro scritture, senza che quelle dell' uno ci possano dar idea di quelle dell'altro, nè essere preferite o paragonate. Colui che fu terzo fra cotanto senno parve poggiar meno sublime degli altri due; ma non è il suo ingegno, bensì la qualità delle materie che egli imprese a trattare, che non

(1) Pater. verso la fine del I lib.

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