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a quella di Salerno che languiva; e promosse lo studio della storia naturale, di cui si dilettò siffattamente, che scrisse un libro intorno alla caccia degli uccelli (1), in cui tratta di tutte le specie di questi animali, della struttura dei loro corpi, e del modo di nutrirli.

Enzo e Manfredi imitarono il valore del Padre nel poetare; e del secondo narra Matteo Spinello, "che spesso la notte esciva per Bar

letta, cantando strambotti e canzoni; ed iva pigliando il fresco, e con esso ivano due musici siciliani che erano grandi romanzatori " (2). Con questi re cantava il famoso Pietro delle Vigne segretario di Stato, di cui ci rimangono alcune stanze amorose dettate in polito volgare, e distinte da alcune belle comparazioni. Egli vien cantando d'aspettare buon tempo e stagione, com' uom ch'è in mare, ed ha spene di gire, quando vede lo tempo, ed ello spanna (3). Vostro amore mi tiene in tal desire. E donami speranza e sì gran gioja. Che non curo sia doglia, o sia martire. Membrando l'ora ch' io vegno da voi. Un altro componimento poetico di Pier delle Vigne pubblicato dall' Allaci nei Poeti Antichi è diviso in due quadernarj ed in due ternarj rimati, ed ha la forma di

(1) De Arte Venandi cum avibus. Augustae Vindelicorum, 1596, in-8.

(2) Muratori, Script. Rer. ital. vol. VII, pag. 1095. (3) Forse, dice il C. Perticari, spannare è qui usato in forza di spiegare il panno, cioè sciogliere la vela ; ed è da aggiungere alle dichiarazioni di questo verbo poste nel Vocabolario.

un vero sonetto; il che prova che questa maniera di poesia è d'origine siciliana, e risale fino al secolo XIII (1). E qui cade in acconcio posciachè si fece menzione di versi rimati, l'osservare che antichissimo è l'uso della rima; che i Latini singolarmente fin da' più remoti tempi composero alcuni versi rimati; che quanto più venne degenerando la purezza della loro lingua, tanto più frequente divenne la rima, come se alla grazia dell' espressione che mancava, si volesse supplire coll' armonia; che quanto di ornamento la rima accresce all'italiana poesia, tanto ne toglie alla latina; che il verso latino formato singolarmente, come dicono i grammatici, dalle misure del tempo si chiama metrico, mentre l'italiano formato dal numero delle sillabe e dagli accenti vien chiamato armonico (2).

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Un sì gentile poeta qual era Pier delle Vigne avea conseguita gran fama anco nella giurisprudenza e nell'oratoria. Nato da oscuri parenti in Capua, avea studiato, benchè povero, in Bologna; conosciuto da Federico, divenne il suo confidente, e seco lui divise i travagli della fortuna, mostrando sommo accorgimento e zelo nelle più importanti ambascerie. Parlò in una solenne assemblea al cospetto del popolo di "Padova e dell' Imperatore medesimo, mostrando l'ingiustizia dell'anatema contro di lui lanciato

(1) Ginguené, tom. I, chap. 6.

(2) Muratori, Antiq. Ital. dissert. 40. Tiraboschi, tom. III, lib. IV, cap. 4.

dal рара. I sei libri di lettere che egli dettò in latino, e che fino a noi pervennero, spargono gran luce sulla storia de' suoi tempi, e ci chiariscono della protezione data alle lettere non meno dal Monarca che dal suo segretario. Or all'uno ora all'altro di questi celebrati personaggi venne attribuito un libro che cagionò gravi scandali, e che non esistette giammai; quello dei Tre Impostori. Finalmente la invidia de' cortigiani, che l'Alighieri appella

La meretrice che mai dall' ospizio

Di Cesare non torse gli occhi putti,
Morte comune, e delle corti vizio,
Inf. 13.

lo trasse in rovina, giacchè Federico da essi ingannato il fe' accecare, onde Pietro disperato si die' da se stesso la morte (1).

Per le quali cose tutte giovi il conchiudere che il primo asilo della vaga nostra favella fu la corte dell'imperatore Federico II, e che essa fu l'aringo in cui i peregrini ingegni si esercitarono ne' più ameni e nobili studi; ed a toglierne ogni dubbiezza noteremo qui le solenni parole di Dante. « Ora questa fama della terra di Sicilia, se drittamente guardiamo, appare che solamente per obbrobrio degli italiani principi sia rimasta, i quali non più al modo degli eroi, ma alla guisa della plebe seguono la superbia. Ma Federico Cesare, e il ben nato suo figliuolo Manfredi, illustri eroi, dimostrando

(1) Tiraboschi, tom. IV, lib. I, cap. 2.

la nobiltà e drittezza della sua forma, mentrechè fu loro favorevole la fortuna, seguirono le cose umane, e disdegnarono le bestiali. Il perchè coloro che erano d'alto cuore e di grazie dotati si sforzarono d'aderirsi alla maestà di sì gran principi; talchè in quel tempo tutto ciò che gli eccellenti Italiani componevano, tutto parimente usciva alla corte di sì alti monarchi. E perchè la regale lor sedia era in Sicilia (cioè in Palermo ed in Napoli), accadde che tutto quello che i precessori nostri com posero, si chiama siciliano: il che ritenemmo ancor noi, ed i nostri posteri non lo potranno mutare" (1). Dopo la quale testimonianza, alla quale si aggiunge quella del Petrarca, il quale cantò che i Siciliani fur primi (2), nessuno negherà che il buon volgare fu per la prima volta udito nella Sicilia; che nella corte di Federico si mondò d'ogni bruttura plebea, e chiamossi dal suo nido col nome di aulico e di siciliano.

(1) Della Volgare Eloquenza, lib. I, cap. 12.
(2) Trionfo d'Amore, cap. 4; Epist. fam. prefaz.

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Altri Poeti siciliani.

di Dante da Majano.

celli. Toscani.

Latini

-

CAPO III.

Guido dalle Colonne.

Poeti bolognesi.

Fra Guittone d'Arezzo.

Guido Cavalcanti. Prosatori.

Matteo Spinelli e di Ricordano Malespini. scenzi.

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Brunetto

Cronache di

Pier Cre

I poeti furono quelli che innalzarono tutte le lingue a stato gentile, perchè osando di ribellarsi alla consuetudine si fecero veri trovatori del dire illustre, e mostrarono la dolcezza e la forza del dir comune, e crearono la novità e l'armonia. Sorgono poi gli oratori che pigliano il volgare illustre dai poeti; onde quello che è in versi rimane fermo esempio alle prose, dice il Dante, e lo conferma coll' esempio di se stesso e di Cino. E che il volgare di cui parliamo, sia da magisterio innalzato, si vede, essendo egli di tanti rozzi vocaboli italiani, di tante perplesse costruzioni, di tante difettive pronunzie, di tanti contadineschi accenti, così egregio, così districato, così perfetto e così civile ridotto, come Cino da Pistoja e l'amico suo nelle loro canzoni mostrano " (1).

Questa sentenza è chiarita vera dalla storia della lingua italiana, la quale fu prima coltivata dai pocti siciliani. Il pregio della maggiore antichità fra di essi si dee, non già a Federico II od a Pier delle Vigne, ma a Ciullo d'Alcamo, di cui nulla sappiamo, se non che egli verso il 1193 dettò una canzone, la quale

(1) Della Volgare Eloquenza, lib. I, cap. 17. MAIFE, St. lett. ital. Vol. I.

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