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solamente Firenze, ma alcun' altra città di che si abbia memoria; perchè non solamente superò ogni altro de' tempi suoi d'autorità e di ricchezze, ma ancora di liberalità e di prudenza; perchè tra tutte l'altre qualità che lo fecero principe nella sua patria, fu l'essere sopra tutti gli altri uomini liberale e magnifico (1). E la sua liberalità apparve principalmente verso le lettere; giacchè oltre aver fondate le biblioteche, delle quali abbiamo fatta menzione, condusse in Firenze l'Argiropolo, greco dottissimo, acciocchè da esso la gioventù fiorentina potesse apprendere la lingua greca e le altre sue dottrine. Nutrì nelle sue case Marsilio Ficino, secondo padre della platonica filosofia; e perchè potesse più comodamente studiare, gli donò una possessione propinqua alla sua di Careggi. Fu altresì il fondatore della prima Accademia, la quale essendo indirizzata a rinnovare la platonica filosofia, prese il nome dalla scuola di quell' insigne filosofo della Grecia; nome che divenne poscia comune a tutte le letterarie gran Cosimo, dice Marsilio Ficino, mentre teneasi in Firenze il concilio tra i Greci e i Latini a' tempi di papa Eugenio, udi un filosofo greco detto Gemisto e soprannomato Pletone, che quasi novello Platone disputava delle opinioni di quell'illustre filosofo ; e nell'udirlo tanto si infervorò e si accese, che tosto concepì l'idea di un' Accademia, da eseguirsi poscia a tempo opportuno. Or mentre

adunanze.

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(1) Stor. Fioren. lib. VII.

egli andava maturando l'esecuzione di questo disegno, pose l'occhio sopra di me figliuolo di Ficino suo medico, e ancor fanciullo, e mi destinò a sì grande impresa, e per essa educommi. " Pei conforti dunque di Cosimo il Ficino fece rivivere la filosofia di Platone, la studiò, la illustrò colle sue opere, e volle anco rinnovarne, per così dire, l'esterna apparenza, formando l'Accademia. In questo venerando consesso entrarono Giovanni Pico della Mirandola, Cristoforo Landino, Giovanni Cavalcanti, Filippo Valori, Francesco Bandini, Leon Battista Alberti, e molti altri dottissimi personaggi. Venne poi Lorenzo de' Medici che protesse ed ampliò questa prima Accademia : e siccome nel rivolgere le opere degli antichi Platonici si trovò memoria de' solenni banchetti con cui Platone solea celebrare il giorno della sua nascità; così egli volle che si rinnovassero tai conviti. Bernardo Ruccellai in appresso raccolse gli Accademici in sua casa, e ad essi aprì i suoi orti, in cui si solevano spesso radunare (1).

Piero figliuolo di Cosimo e discepolo del Filelfo siccome non imitò nè la virtù nè il senno del padre, così non si meritò la stessa lode nella protezione delle lettere; quantunque si dilettasse molto di udire da Marsilio Ficino i sentimenti e le massime della platonica filosofia, e lo confortasse a spiegarle pubblicamente

(1) Ficin. Epist. Dedicat. ante Plotin. Epist. lib. XI; Bandini, Specim. Litter. Floren. tom. II, pag. 55.

dalla cattedra. Egli istituì anche una specie di combattimento letterario, raunando i più leggiadri ingegni a disputare intorno all'amicizia verace nella chiesa di S. Maria del Fiore, e promettendo solennemente con un pubblico bando, che colui il quale avrebbe preceduti gli altri, otterrebbe una corona d'argento lavorata a guisa di lauro (1). Che se altro, conchiude il Tiraboschi, non avesse fatto Piero de' Medici per le lettere, che porre al mondo Lorenzo il Magnifico, basterebbe ciò solo perchè la letteratura gli dovesse non poco. Ma di Lorenzo dovrem parlare nel seguente capitolo, ove il porremo alla testa dei volgari poeti di questo secolo. Si noti frattanto che in un cogli studi fiorirono maravigliosamente in questo secolo le arti liberali; che il Masaccio atteggiò la pittura, l'avvivò, le diede il moto e l'affetto (2); il Donatello rendè la vita e l'espressione a' inarmi (3); il Brunelleschi sollevando la cupola di S. Maria del Fiore sembrò voler

(1) Tiraboschi, tom. VI, lib. I, cap. 2. (2) Vaghissimo è l'epitaffio composto dal Caro in onore di Masaccio:

(3)

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Quanto con dotta mano alla scultura
Già fecer molti, or sol Donato ha fatto:
Renduto ha vita a' marmi, affetto ed atto:
Che più se non parlar può dar natura?
Vedi Vasari, Vita di Donatello.

combattere col cielo (1); e Lorenzo Ghiberti fuse in bronzo le ammirande porte della chiesa di S. Giovanni, che, giusta l'espressione di Michelangelo, son tanto belle che elle starebbon bene alle porte del paradiso: lode veramente propria, soggiunge il Vasari, e detta da chi poteva giudicarle (2). A questo secolo appartengono pure il Bramante, l'architetto di San Pietro in Roma e sì maraviglioso artefice, che il citato Vasari non credette di encomiarlo deguamente, se non appellandolo fornito di terribile ingegno; e Leonardo da Vinci, di cui dovremo parlarè, perchè egli non fu soltanto egregio nelle arti del disegno, mạ si acquistò anche la immortalità colle sue prose, ed ottenne lode di leggiadro poeta.

(1) È degno di essere qui notato l' epitaffio del Brunelleschi composto da Giambattista Strozzi.

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(2) Vasari, Vita di Lorenzo Ghiberti.

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CAPO II.

Cagioni per cui la lingua italiana fu poco coltivata nel secolo XV. - Lorenzo de' Medici la fa risorgere. Notizie Spettacoli da lui dati in

sulla sua vita.

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Sue rime.

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Canti appellati carnascialeschi.

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Dopo aver udito che tutti i principi del secolo xv protessero con rara munificenza le lettere e le arti, il leggitore si aspetterà di vedersi schierata innanzi una gran moltitudine di prosatori e di poeti italiani. Dante ed il Petrarca aveano dato il modello di un perfetto poetare, il Boccaccio avea condotta a sublime altezza la prosa; onde ragionevole è la speranza di scorgere molti ingegni calcare le loro vestigia e sforzarsi di uguagliarli. Ma ben diverso fu lo stato della letteratura italiana, ed il quattrocento fu per essa un secolo di letargo; onde a noi che abbiamo impreso a scriverne i fasti, si appresenta un campo infecondo, in cui poca messe possiamo raccogliere. Sembra che a misura che l'Italia risaliva verso l'antichità, a misura che ne ritrovava i monumenti, divenisse di bel nuovo tutta latina. Entriamo infatti in una biblioteca e volgiamo lo sguardo ai volumi composti dagli scrittori di questa età, e vedremo che Marsilio Ficino, Pico della Mirandola, Leon Battista Alberti dichiararono le profondissime loro dottrine nella lingua del Lazio; il solo Luca Pacioli, uno de' primi ristoratori delle matematiche scienze, scrisse il libro della Divina Proporzione in volgare; ma

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