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Lorenzo ebbe molti imitatori; onde ne venne la Raccolta di trionfi, carri, mascherate e canti carnascialeschi del tempo di Lorenzo de' Medici, fatta dal Lasca, e stampata in Firenze nel 1559. Noi vedremo nel seguente capo che Lorenzo ebbe qualche parte anche nel risorgimento della poesia teatrale, e che perciò dee essere a buon dritto appellato il ristoratore dell'italiana poesia (1).

Angelo Poliziano.

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CAPO III.

Sua Vita. Sue Stanze per la giostra di Giuliano de' Medici. Risorgimento della poesia teatrale. - Primi teatri in Roma, in Ferrara ed in Mantova L'Orfeo del Poliziano.

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L'esempio del magnifico Lorenzo fu seguíto dal Poliziano in Firenze e da Giusto de' Conti in Roma. Essi ristorarono il bello stile italico, e si divisero da coloro che abbandonando la via aperta dal Dante, dal Petrarca e dal Boccaccio, incontrarono la vendetta del tempo e lo spregio degli avvenire. Ma il Poliziano aggiunse alla lode dell' eloquenza volgare anche quella della latina, nella quale scrisse con ai una eleganza ignota ai Guarini, ai Filelfi, Valla; e si rendette tanto più degno dell' immortale ricordanza dei posteri, quanto che molti e varj furono gli studi a cui rivolse l'ingegno; non essendosi egli esercitato soltanto

(1) Tiraboschi, tom. VI, lib. III, cap. 3..

nella lingua latina ed italiana, ma nella greca ancora e nell' ebraica; nè solo nella letteratura, ma anco nella filosofia aristotelica e platonica e nella giurisprudenza. La qual moltiplicità di studi abbracciati dal Poliziano è ancor più degna di maraviglia, se si pon mente alla brevità della sua vita, essendo egli morto, come vedremo, in età di soli quarant'anni.

Da Benedetto Ambrogi, nomato più brevemente Cini, dottor di legge assai povero, nacque Angiolo ai 24 luglio del 1454, in Monte Pulciano, da cui prese il soprannome di Poliziano. Fanciullo ancora se ne venne a Firenze, ove fu accolto amorevolmente nel suo palazzo da Lorenzo de' Medici, ed istruito nella filosofia platonica da Marsilio Ficino, nella peripatetica da Giovanni Argiropolo, nella lingua greca da Andronico di Tessalonica, e nella latina da Cristoforo Landino. Alcuni epigrammi łatini da lui pubblicati in età di tredici anni, ed alcuni greci composti mentre non ne avea che diciassette, lo rendettero oggetto di maraviglia ai professori non meno che ai condiscepoli. Maggior celebrità gli acquistarono le sue stanze per la giostra di Giuliano de' Medici, delle quali parleremo fra poco; e lo rendettero sempre più caro a Lorenzo, il quale si mostrò verso di lui sommamente amorevole e muninifico; gli affidò la istruzione del suo figliuolo Pietro, e secondo la sentenza del Menckenio anche quella di Giovanni, che divenne pontefice sotto il nome Leone X; e si adoperò perchè gli venisse affidata la cattedra di greca e

di latina letteratura in Firenze, mentre non avea che ventinove anni (1). Era questo un onorevole ed importantissimo incarico, perchè Fiorenza era divenuta una novella Atene, come scrisse il medesimo Poliziano. « La greca dottrina, morta fra' Greci, rivisse fra i popoli di Toscana; ed ivi per tal guisa fiorì, che Atene non parve già occupata da' barbari e fatta polvere, ma spontaneamente divelta dal loco con tutte le sue dovizie, e fuggita e trapiantata lung'Arno, e quivi con novello e soavissimo nome appellata Firenze » (2).

suo,

Molte ed importantissime sono le opere del Poliziano. Egli tradusse la Storia di Erodiano, il Manuale d'Epitteto, i Problemi fisici di Alessandro d'Afrodisia, i Racconti amorosi di Plutarco, il dialogo di Platone intitolato Carmide, l'opuscolo di S. Atanasio sopra i Salmi, alcune poesie di Mosco e di Callimaco, ed una parte dell' Iliade in versi latini; e compose epistole ed epigrammi ed orazioni pur nella favella del Lazio, nelle quali ci par finalmente di vedere a rivivere l'antica e maestosa semplicità dei Romani. G. Cesare Scaligero però lo taccia di accumulare nelle sue latine poesie molte sentenze ed erudizioni entro termini troppo angusti. Altri lo accusano di plagio, dicendo che la versione di Erodiano fosse opera di Ognibene da Vicenza, e non sua; e così è veramente; ma egli la migliorò e la corresse;

(1) Tiraboschi, tom. VI, lib. III. cap. 5. (2) Polit. Miscel. £. 250.

nè d'altro può egli essere rimproverato, se non d'aver fatta nessuna menzione del traduttore (1). Ma l'opera più erudita del Poliziano è quella cui egli diede il titolo di Miscellanee, nella quale esamina, rischiara, corregge infiniti passi di scrittori latini, e fa pompa di una vastissima erudizione in ogni genere di letteratura. In questa parte però, dice il Tiraboschi, molti l'aveano già preceduto: ma nella sceltezza delle espressioni e nell'eleganza dello stile ei fu uno de' primi che si accostasse colà, ove tant' altri avean pur cercato in addietro, ma con inutili sforzi, di giungere.

Tanta dottrina e sì grandi meriti furono rimunerati con molti onori e con larghi guiderdoni. Il Poliziano venne eletto canonico della cattedrale di Firenze; fu spedito ambasciatore dai Fiorentini a rendere omaggio al pontefice Innocenzo VIII eletto nel 1485; ebbe corri-spondenza epistolare coi più potenti monarchi e co' più ragguardevoli signori d'Europa, quali furono il re Giovanni di Portogallo, Mattia Corvino re d'Ungheria, Lodovico Sforza duca di Milano, i cardinali Jacopo Ammanati e Francesco Piccolomini, e tutti i più dotti uomini di quella età. Non potè però egli sottrarsi al rovello dell' invidia; dovette contendere con Giorgio Merula, con Marullo Tarcagnota; fu proverbiato con alcuni mordenti epigrammi dal Sannazzaro, e gli venne apposta la taccia di infame amore verso un fanciullo.

(1) Menchenio, Vita. Polit. pag. 194.

Nullameno se questa taccia datagli dal Giovio non è fondata, sembra però che egli fosse in voce di scostumato presso i suoi concittadini, come si può dedurre da una cronaca manoscritta di Pietro Parenti, che conservasi in Firenze, e nella quale si attribuisce la sua morte a natural malattia ed al dolore cagionatogli dall' infelice stato degli affari de' Medici dopo la morte di Lorenzo. "Messer Angiolo Poliziano venuto in subita malattia di febbre, in capo di giorni circa quindici passò di questa vita con tanta infamia e pubblica vituperazione, quanto uomo sostener potesse; e per ben mostrare sue forze la fortuna, sendo in lui tante lettere greche e latine, tanta cognizione di istorie, vite e costumi, tanta notizia di dialettica e filosofia, insano e fuor di mente nella malattia e alla morte finì. Aggiugnesi a questo, che il discepolo suo Piero de' Medici, stretta pratica col Pontefice, teneva di farlo cardinale, e già impetrato aveva tra i primi, i quali in breve pubblicare si dovevano, alla predetta dignità promoverlo. La vituperazione sua non tanto da' suoi vizj procedeva, quanto dalla invidia in cui venuto era Piero de' Medici nella nostra città. Imperocchè il popolo più sostenere non poteva la in fatto sua tirannide. « Morì il Poliziano ai 24 di settembre del 1494 nella fresca età d'anni quaranta (1).

Lo scopo che ci siamo prefissi nel dettare quest'opera ci dispensa dal ragionare del Poliziano

(1) Tiraboschi, tom. VI, lib. III, cap. 5..

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