Sayfadaki görseller
PDF
ePub

DI ORTENSIA DI GUGLIELMO

Vorrei talor de l'intelletto mio

Tanto sopra me stessa alzar le penne,
Che potessi veder quanto sostenne

Per amor nostro il gran figliuol di Dio:
Come pieno di zelo ardeute e pio

Send' egli offeso a chieder pace venne :
Come e qual fren con noi tanto lo tenne
E come su la croce alfin morio.
Ma vinta alfin dalla grandezza immensa
Dell'andace desio ripiego l'ali,

E dico: O grande amor chi ti comprende ? Quanto ti seguo più, tanto più sali;

Ti fai maggior, quanto più in te si pensa;
Te intende sol chi sa, che non t' intende

69

Ecco, signor, la greggia tua d'intorno

Cinta di lupi a divorarla intenti:
Ecco tutti gli onor d'Italia spenti,
Poichè fa altrove il gran Pastor soggiorno.
Deh quando sia quell'aspettato giorno
Ch' ei venga per levar tanti lamenti,
A riveder gli abbandonati armenti,
Ch' attendon, sospirando il suo ritorno?
Movil, tu signor mio pietoso e sacro,

Ch' altri non è che il suo bisogno intenda
Meglio, o più veggia il suo dolore atroce.
E prego sol, che quello amor ti accenda

Qual, per farli un celeste almo lavacro,
Versar ti fece il proprio sangue in croce.

S. I. Per lo mistero della divina incarnazione. S. II. A Dio. Perchè il Papa d' Avignone ritor i a Roma. V. 2. Dello stato infelice d'Italia a' tempi che la Santa Sede era in Francia. V. il Rinal di all'an. 1375 e le lettere di Santa Caterina Sanese a Gregorio XI..

DI MATTEO MARIA BOJARDO

Non fia da altrui creduta, e non fia intesa

La celeste beltà di ch' io ragiono,

Poichio, che tutto in lei posto mi sono,
Sì poca parte ancor n' aggio compresa.
Ma la mia mente,. ch'è di voglia accesa,
Mi fa sentir nel cuor sì dolce suono,
Che il cominciato stil non abbandono,
Benchè sia diseguale a tanta impresa.
Così comincio; ma nel cominciare

Al cor: s'aggira un timidetto gelo,
Ghe l'amoroso ardir da me diparte.
Chi fia che tal beltà. venga a ritrarre ?
O qual ingegno scenderà dal cielo,
Che la descriva degnamente in carte?

DI GIUSTO DE' CONTE

Chi è coster, che nostra etade adorna

Di tante maraviglia e di valore,

E. in forma umana, e in compagnia d'Amore Fra noi mortali come dea soggiorna ? Di senno e di beltà del ciel sì adorna, Qual spirto ignudo e sciolto d'ogni errore ;, E per destin la degna a tanto onore Natura, che a mirarla pur ritorna .. In lei quel poco lume è in tutto accolto E quel poco splendor, che a' giorni nostri. Sopranoi cade da benigne stelle: Tal che il maestro dei stellati chiostri Sen loda, rimirando nel bel volto, Che fè già di sua man cose sì belle..

S IT. Lodato da Muratori nella P. P. Di tutto il primo quadernario dice ch'è squisito: Il Salvini :: L'entrata del Sonetto è spiritosa..

Quell

99

Q

uel cerchio d'oro, che due treccie bionde
Alluma sì, che 'l sol troppo sen duole,
El viso, ove fra pallide viole

Amor sovente all'ombra si nasconde :
E l'armonia, che tra sì bianche e monde
Perle risuona angeliche parole;

E gli occhi, onde in mattin riprende il sole
La luce che perduta avea fra l'onde;

E la vaghezza del soave riso

.Coll' atto altero dell' andar beato,

Che ogni vil cura dal cor 'm' allontana ;
E il bel tacer da innamorar Narciso

E' quel che tanto ha sopra ogni altro stato
Nobilitata la natura umana.

DI LORENZO DE' MEDICI

Chi ha la vista sua così potente,

Che la mi donna possa mirar fiso,
Vede tante bellezze nel suo viso,,
Che farian tutt' anime contente.

Ma Amor v' ha posto uno splendor lucente,
Che vieta a mortal occhi il paradiso,
Onde a chi è da tanto ben diviso
Ne resta maraviglia solamente.
Amor sol quei, c'han gentilezza e fede
Fa forti a rimirar l'alta bellezza,
Leyando parte de' lucenti rai.

Quel che una volta la bellezza vede,

E degno è di gustar la sua dolcezza:
Non può far che non l'ami sempre mai.

S. II. Questo si tiene per uno de' primi Sonetti per conto di fantasia. Così il seguente lodato dal Crescimbeni.

Il mio cor lasso in mezzo all'angoscioso

Petto i vaghi pensier convoca e tira Tutta se intorno, e pria forte sospira ; Poi dice con parlar dolce e pietoso : Sebben ciascun di voi è amoroso,

Pur v' ha creati chi vi parla e mira: Deh perchè dunque eterna guerra e dira Mi fate senza darmi alcun riposo ? Risponde un d'essi: com' al novo sole

Fan di fior vari l'api una dolcezza,
Quando di Flora il bel regno apparisce:
Così noi degli sguardi, e le parole

Facciam, de' modi e della sua bellezza
Un certo dolce amar che ti nodrisce.

Tante vaghe bellezze ha in se raccolto

I gentil viso della donna mia,
Ch'ogni novo accidente, che in lui sia,
Prende da lui bellezza e valor molto.

Se di grata pietà talora è involto,

Pietà giammai non fu sì dolce e pia: Se di sdegno arde, tanto bella e ria E' l'ira ch' Amor trema in quel bel volto. Pietosa e bella è in lei ogni mestizia;

E se rigano i pianti il vago viso

Dice piangendo Amor: quest' è'l mio regno. Ma quando il mondo cieco è fatto degno, Che mova quella bocca un soave riso, Conosce allor qual è vera letizia.

Q

DI GASPARO VISCONTI

uando a natura venne il gran concetto
Di generar tra noi cosa sì bella,

Giove e la figlia ed ogni lieta stella
Fur giunti insieme con benigno aspetto.
Il re del ciel, che n' ebbe alto diletto,
Fra mille alme gentil, che in cor suggella,
Con favor non usato elesse quella

Che infuse nel leggiadro e bel ricetto.
Era quieto il mar, quieto il vento

Folgori tuoni ogni rancore in bando,
E sol d'amor parlava ogni elemento,
Quando il bel parto scese in terra, e quando
Con gli angeli cantando un bel concente
Costei dal ciel qui venne giubilando .

DI GIACOMO SANNAZARO

Anima eletta, che col tuo fattore

Ti godi assisa ne' stellati chiostri, Ove lucente e bella or ti dimostri, Tutta pietosa del mondano errore. Se mai vera pietà, se giusto amore

Ti sospinse a curar de' danni nostri Fra si distorte vie, fra tanti mostri Prega ch'io trovi il già perduto core: Venir vedra' mi (1) a venerar la tomba, Ove lasciasti le reliquie sante,

Per cui sì chiara in ciel Padoa rimbomba. Ivi le lodi tue sì belle e tante,

Quantunque degne di più altera tromba,
Con voce dir m' udrai bassa e tremante.

S. I. Per la nascita di N. D. Il pensier luminoso di questo S. è tolto dalla St. 5. della Canz. 44. del Petr. ma con leggiadre riflessioni disteso.

S. II. A S. Antonio Di Padova.

(1) Cioè vedraimi. Il Petr. son. 264.

E vedra' vi un che sol tra l'erbe e l'acque.

Quest'

« ÖncekiDevam »