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DI FRANCESCO MARIA CAGNANI

Dimmi,

immi, perfido Ulisse, o stai nel porto,
O qual parte del mar solchi fuggendo?
Che, se là, dove sei, la mano io stendo,
La tua nave quassù traggo e trasporto.

Ah che quantunque cieco, io t'ho ben scorto ;
Ah che t'ho giunto, e già pe' crin ti prendo,
Già semivivo in due parti ti fendo,

Ma sbranato ti vo' prima che morto.

Sì Polifemo per furore insano,

Ingannato dall'ira e dalla speme,
Dice a chi fuggitivo erra lontano;
E' cieco, ch' urla minaccioso e freme,
Stringe una quercia, e la divide invano
Da i primi rami alle radici estreme.

Son. Polifemo già acciecato da Ulisse fuggito dalla spelonca. V. Omero allo stesso luogo.

SONETTI

FILOSOFI CI

DI GIROLAMO BENIVIENI

Quando amor da' begli occhi armato scende

Del vivo sol di lor bellezze nuove Dentro al candido vel ne assalta, dove Nostra luce di fuor congiunta splende : Indi per via, che in picciol cerchio rende, Come specchio di fuor, l'oggetto altrove, Volto discende, e 'n parte acceso piove Che il quarto cerchio in bianca spera estende: E quindi al vel che 'l limpido cristallo

Serra, e da quei per interchiusa ragna
Passa in tal vetro, ove il suo corso piega;
Nè posa ha insin che all'ultimo intervallo

Giunto, ove un sol cammin due strade lega,
Trova chi insino al cor poi l'accompagna

DI GIOVAMBARTOLOMMEO

CASAREGI

Per via de'sensi entra il malvagio oggetto

E la nervosa region percote;

Quindi unito a vapor sottile eletto
Le fibre del cervello agita e scuote.
Come in cera suggello impresso e stretto,
Ivi lascia le forme ognor commote
Da spirti che agilissimi ricetto

Anvi per mille strade a noi mal note.
L'alma, ahi dura union! l'impeto sente,
E le agitate immagini le fanno

L'oggetto ad or ad or vivo e presente.
Ivi incauta s'affisa: ed ecco ond' hanno

Vita i pensier gli affetti e ogni altra ardente
Voglia, per cui sì spesso ho guerra e danno.

S. I. Descrizione dell' occhio umano, e come dalla cosa veduta nasca sensazione d'amore. Questo S. leggendosi in una adunanza di virtuose persone, fu come assai felice commendato.

S. II. Le tentazioni cagionate dagli oggetti esterni.

DI ALESSANDRO PEGOLOTTI

Tu mi dice ti un dì: nel tuo diletto

Garrulo canarin Palma non siede :
Egli è una macchinetta, e tal lo diede
Con gli altri bruti a noi l'alto architetto.
Egli ne' moti suoi quel solo effetto

Serba, che in grembo a un oriuol si vede;
E, se l'ala ei distende, e adopra il piede,
Effluvio il trae di esteriore obbietto.
Risposi a te ma s'egli alto gorgheggia,
E gorgheggian con lui le ciancioselle
Rondini, e i novi nidi avvien, ch'io veggia;
Se così industri a fabbricar le celle

Van l'api, ei cani a custodir la greggia;
Come pon far senz'alma opre sì belle?

99.

Deh scegli, Ireno mio, scegli un perfetto

Anglico microscopio, indi pon mente
Di scerre ancor quella purgata lente,
Quella che più ingrandir suole l'obbietto:
E all'alto del domestico mio tetto

Saliamo, ov'è più il sol chiaro e lucente:
Poscia con un sottil ferro tagliente
Aprimi pure, amico, aprimi il petto;
E senza aver di me pietà e dolore

Guarda, appressando al vetro una pupilla
Questo a fibra per fibra atro mio core:
Guarda con fronte impavida e tranquilla

Se alcuna, cui dia moto il santo amore
Scorgi di sangue in lui picciola stilla.

S. I. Le bestie, macchine moventisi da se condo l'opinion di Cartesio.

S. II. Il microscopio.

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Dimmi,

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immi, entrasti tu mai per l'auree soglie
Del Britanno Archimede a veder quella
Ingegnosa mirabile novella

Macchina, che all'antiche il pregio toglie ? Scorgesti tu, quando nel grembo accoglie

O passere o usignuolo o rondinella,

Che il misero augellin sen more in ella (1), Se d'aria avvien che a forza altri la spoglie? Tale accader sventura all' alma io scerno,

Che viva ognor mi siede in mezzo al core, Macchina illustre del gran fabro eterno, Questa, se per mia colpa il santo amore

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Sua dolce aura a se tragge e nel suo interno
Voto ne resta il cor, questa sen more.

DI DOMENICO SERASOLA.

vermicciuol che in vota canna o in galla,
In luoghi aprichi o tra le cave e i gruppi,
T'incrisalidi al verno e ti raggruppi

In buccia or molle or dura, or verde or gialla :
Vien pur, vien pure il tempo, e mai non falla,
Che dal tuo carcer' esci, e ti sviluppi,"
Ei legami abbandoni, e gl'inviluppi,
Fatto d'un pigro vermicciuol farfalla.
Quanto alla prima parte, infino ad ora
Pari siamo ambidue, tu chiuso stai,
Cinto son io da crudi lacci ancora :
Quanto all'altra non già: tu volerai

Fra non molto al tuo lume: io giorno e l'ora
Di volare al mio Dio non veggio mai.

S. I. La maccchina pneumatica trovata da Roberto Boyle Inglese. S. lodato dal P. Ceva per la sua felice facilità.

(1) Ella comunemente è caso retto 2 per licenza usasi ancora in obliquo. Dante Inf. 3.

Voci alte e fioche e suon di man con elle.

Francesco Barberini pag. 133.

:

Ma guardati da egli

Che soglion esser fegli.

S. II. La farfalla. Ulisse Aldrovandi così delle farfalle omnis papilio ex chrysalide nascitur, chrysalis ex cruca... Observavi erucam parere ova involuta lanugine, coloribus luteo & viridi. V. St. inf.

1. 2. c. I.

Se

Se miglia appunto novecento ognora

Dritto pel cerchio equinozial corressi (1); Sicchè la notte sotto il piè tenessi, Sul capo il mezzodì, dietro l'aurora; E l'Artico a man destra, e l'altro allora Polo a sinistra in par distanza avessi : Il viver mio, per molto ch'io vivessi, Da capo a fin non più ch' un giorno fora. Forse giorno sì lungo e luminoso,

Sarà quel giorno eterno, a cui m'affretto, Giorno che tienmi in aspettando ansioso? Ah no, questo non è quel dì perfetto:

Che lume avrei bensì, ma non riposo ;
E lume con riposo ha il dì che aspetto :

DI GIOVAMBATISTA RICCHERI

Di Giove intorno al vasto globo io miro

Quattro stelle ora sceme, ed or crescenti (2),
Che nell'alta del ciel parte s'uniro,

Di quel gran mondo a illuminar le genti.
Nè col folle pensiero io già deliro

Immaginando colassù viventi,

Cui riflettan quegli astri erranti in giro Del sol, quando s'asconde, i rai lucenti. Veggiam pur, se la luna in cielo appare,

Che solo a noi splende nell'ombra oscura
Non ai boschi insensati ai monti al mare.
Così ad altri viventi arde la pura

Luce di quelle argentee faci e chiare;
Che a voto oprar non seppe mai, natura.

(1) Seguendo il viaggio del sole che sta sopra, e girando intorno alla terra, i gradi 360. della quale formano appunto quei 21600 miglia, che rilevano da 900. miglia moltiplicate tante volte, quante sono le ore del giorno.

S. II. Giove abitato, secondo l'opinione del Sig. Fontanelle. Questo, ed i seguenti Sonetti, che ora per la prima volta escono colle stampe, furono dall' Autore indirizzati ad Anna Balbi Brignole Dama Ge

Rovese.

(2) I quattro satelliti di Giove.

La

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