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DI ANTONIO BROCARDO

Il buon nocchier, che col legno in disparte

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Aspetta al mover suo tranquillo il vento
Vedendo a cielo e mar l'orgoglia spento,
Quinci senza timor lieto si parte.
Seconda è l'aura e l'acqua d'ogni parte;
Ond' esser spera, ove desi, contento:
Ahi fallaci onde! or ecco in un momento
Rott'arbor vela nave antenne e sarte.
El miserello sovr'un duro scoglio

Dolersi afflitto di sua trista sorte,
E più che d'altro di trovarsi vivo.
Tal io, secur già navigando, privo

Resto d'ogni mio ben chiamande morte
Che di naufragio tal troppo mi doglio

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Che partir ci convien per ire altrove
Lunge da te, ma non sappiam già dove,
Le stelle il sanno del mal nostro avare,
Prega per noi talor, che se mai care

Fur giuste voglie e pie dinanzi a Giove,
Che non faccia ver noi l'ultime prove
Fortuna iniqua, che si fosca appare.
Che s'esser deve, omai ben tempo fora

Non dirò porto, ma di darne almeno
Più quete l'oude, e men turbati i venti,
Di destar da Titon la bella Aurora

Che per noi dorme, el ciel chiaro e sereno
De' bei raggi allumar, che sono spenti.

S. II. Al mar di Toscana. Quando il poeta nel 1550. fu dal Duca Alessandro confinato in Provenza a

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Viva fiamma di Marte onor de' tuoi,

Che Urbino un tempo, e più l'Italia ornaro + Mira che giogo vil che duolo amaro Preme or l'altrice de' famosi eroi. Abita morte ne' begli occhi suoi,

Che fur del mondo il sol più ardente e chiaro:
Duolsene il Tebro e grida: o duce raro
Movi le schiere, onde tant' osi e puoi;
E qui ne vien, dove lo stuol degli empi
Fura le sacre e gloriose spoglie (1),
E tinge il ferro d'innocente sangue:
Le tue vittorie e le mie giuste voglie

Ei difetti del fato, ond' ella langue,
Tu, che sol dei, con le lor morti adempi.

Avvezziam

vvezziamci a morir, se proprio è morte,
E non più tosto una beata vita

L'alma inviar per lo suo regno ardita,
Ov'è chi la rallumi e la conforte.
L'alma ch'avvinta d' uno stretto e forte

Nodo al suo fral che a vano oprar-la 'nvita, Non sa da questo abisso, ov'è smarritą, Levarsi al ciel sulle destre ali accorte; Che si gradisce le visibil forme,

E ciò ch'è qui fra noi breve e fallace: Che obblia le vere e 'l suo stato gentile. Quel tanto a me, ch'io men vo dietro all'orme Di morte così pia, diletta e piace: Ogn' altra vita ho per noiosa e vile.

S. I. A Franc. Maria della Rovere Duca d'Urbino cap. della lega tra' Venez. e 'l Papa, quando il Borbone nel 1527. corse a Roma..

(1) Rubò tempi, calpestò reliquie, uccise innocenti, assediò in castello Clein. VII.

S. II. L'uomo estatico così intitolò questo S. Filippo Massini in una Lettura, ch' egli fecevi sopra.

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DI ANTONIO BROCARDO

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buon nocchier, che col legno in disparte
Aspetta al mover suo tranquillo il vento
Vedendo a cielo e mar l'orgoglia spento,
Quinci senza timor lieto si parte.
Seconda è l'aura e l'acqua d'ogni parte;

Ond' esser spera, ove desi, contento:
Ahi fallaci onde! or ecco in un momento.
Rott'arbor vela nave antenne e sarte.
El miserello sovr'un duro scoglio

Dolersi afflitto di sua trista sorte,
E più che d'altro di trovarsi vivo.
Tal io, secur già navigando, privo

Resto d'ogni mio ben chiamande morte
Che di naufragio tal troppo ni doglio.

Rimanti

DI LUIGI ALAMANNI

imanti oggi con Dio sacrato mare,
Che partir ci convien per ire altrove
Lunge da te, ma non sappiam già dove,
Le stelle il sanno del mal nostro avare,
Prega per noi talor, che se mai care

Fur giuste voglie e pie dinanzi a Giove,
Che non faccia ver noi l'ultime prove
Fortuna iniqua, che si fosca appare.
Che s'esser deve, omai ben tempo fora,
Non dirò' porto, ma di darne almeno
Più quete l'oude, e men turbati i venti,
Di destar da Titon la bella Aurora

Che per noi dorme, el ciel chiaro e sereno
De' bei raggi allumar, che sono spenti.

S. II. Al mar di Toscana. Quando il poeta nel 155a. fu dal Duca Alessandro confinato in Provenza

Sia benedetto il dì ch'io scorsi in prima

Del Gallico terren l'alto splendore
Colmo sì di virtù carco d'onore,
Ch'assai men di lui val chi più s'estima.
Della rota immortal mi pose in cima
La benigna fortuna a tal favore,
Che nulla ebbi dappoi doglia e timore
Sotto l'ombra real cantando in rima.
E la ringrazio, ch'al mio tosco stile

Tal diede obietto e sì famoso al mondo,
Che invidia me n'aran la Grecia e 'l Lazio.

Così fuss' ei senza tenermi a vile

I.

Sempre lieto ver' me sempre giocondo,
Come di lui parlar non son mai sazio.

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o pùr, la Dio mercè, rivolgo il passo
Dopo il sest'anno a rivederti almeno,
Superba Italia; poichè starti in seno
Dal barbarico stuol m'è tolto, ahi lasso!
E con gli occhi dolenti e viso basso
Sospiro e inchino il mio natìo terreno,
Di dolor di timor di rabbia pieno,
Di speranza di gioia ignudo e casso.
Poi ritorno a calcar l'alpi nevose

E il buon Gallo sentier, ch' io trovo amico
Più de'figli d' altrui, che tu de'tuoi.

Ivi al soggiorno solitario antico

Mi starò sempre in quelle valli ombrose;
Poichè'l ciel lo consente, e tu lo vuoi.

S. I. Per Francesco I. Re di Francia.

S. II. Quando il poeta venne di Francia in Itaia l'anno 1537.

Pa

Padre

adre ocean, che dal gelato Arturo Ver l'occidente i tuoi confini stendi, E de' Gallici fiumi il dritto prendi Che in sorte dati a te suggetti furo: (1) Se amico il vento, il ciel sereno e puro Ti spiri e copra, e qualor sali o scendi La notte e 'l dì, che al tuo diporto intendi, (2) Sempre trovi 'I cammin piano e sicuro: Deh l'onorato tuo figliuol Tirreno

Prega in nome di nei, che più non tenga Gli occhi nel sonno, e che si svegli omai : E del chiaro Arno sua pietà gli venga,

Ch'or vecchio e servo e di miserie pieno
Null' altra aita ha più, che tragger guai.

Io vo pur di dì in dì contando l'ore;

E ciascuna di lor mill' anni parme,
Che denno, al ciel piacendo, riportarme
Al gran sostegno dell' aurato fiore,

Al mio Gallico re degli altri onore "

Che con mille virtù, non con altr'arme,
Fa dolce preda, ed io non posse aitarme,
Di qualunque oggi sia leggiadro core.
Già di mirar e d'ascoltar mi sembra

La presenza real, l'alte parole.

Che all' esempio di se fa Giove in terra. (3) Vestin mai sempre l'onorate membra Quel chiaro spirto, e la feconda prole Sia lieta in pace e vincitrice in guerra.

S. I. All'Oceano. Per le rivoluzioni di Toscana accadute nello stabilimento de' Medici

(1) Se desiderativo in vece di così, cosa frequente ne'buoni autori..

(2) Intendere per essere intento. Il Petr. Son. 71. Poichè morto è colui che tutto intese

In farvi, mentre visse al mondo, onore. S. II. Forse tornando di Spagna l'añ. 1545. compitavi la sua ambasceria.

(3) Vestino, ora Vestano, negli antichi piegatura frequente. Bonacc. de Montemagno, Son. Virtù del ciel ec.

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