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donna vera e come tale è possibile ravvisarla anche nella Vita Nova

Ma in questo libretto, che rispetto ai tempi è davvero un miracolo, si andrebbe inutilmente ricercando una particclareggiata rappresentazione della natura. Dappertutto si sente il profumo di primavera, ma quell'alito è

come

Un'aura lieve senza mutamento
Avere in sè,

che ti inonda di un piacere nuovo e ti allieta l'anima senza che tu riesca a spiegarne minutamente la cagione: tu avverti il risorgere della vita e dell'arte e il tuo spirito sollevato in una regione pura e serena si sente liberato per sempre dal medio evo e ia più spirabil aere inalza un inno alla natura redenta. La intimità, dirò così, del componimente fa sì che Beatrice nelle sue relazioni colla natura che la circonda ci venga rappresentata in modo molto diverso, se non opposto del tutto, a Laura. Ond' è che nella Vita Nova non è dato incontrarsi mai in una di

quelle vive pitture, in un di quei freschissimi paesaggi ccsì frequenti nel Petrarca, ove il cielo purissimo e la terra lussureggiante d'erbe e di fiori sorridono a gara dinanzi a Laura, che, quasi regina animatrice di tutto il quadro, ne riceve l'omaggio.

dell'arte operato dai poeti dello stile nuovo. E Dante sarebbe un bugiardo per aver detto:

io mi son un che quando

Amore spira noto ed in quel mɔdo

Che detta dentro vo significandɔ.

Sarebbe importante a risolvere la quistione, studiare il significato che ne' poeti e prosatori antichi può prendere la parola mente.

Nulla di tutto questo nelle poesie per Beatrice, nelle quali, ben notò il Carducci, si respira sempre un'aura di chiesa senza mai un accenno alla natura tanto che se questa donna gentilissima occupa interamente il cuore e l'anima del poeta, par quasi vivere all'intutto fuori di questo mondo. Pur tuttavia in altri versi, i quali con molta probabilità si possono riferire a Beatrice, ma che Dante non accolse nella Vita Nova forse perchè non rispondente alla natura del libro, il poeta ci fa sentire una nota melanconica ed affettuosa entrando direttamente in colloquio colla natura: così avviene nella gentile ballata con ch'ei si rivolge ad una nuvoletta in cui è adembrata la donna sua.

Deh nuvoletta, che in ombra d'Amore
Negli occhi miei di subito apparisti,
Abbi pietà del cor che tu feristi

Che spera in te e desiando muore.

Tu nuvoletta in forma più che umana

Foco mettesti dentro alla mia mente

Col tuo parlar che ancide,

Poi con atto di spirito cocente

Creasti speme che in parte mi sana.

Laddove tu mi ride

Deh non guardare perchè a lei mi fide,
Ma drizza gli occhi al gran disio che m'arde
Chè mille donne già, per esser tarde

Sentito han pena dell'altrui dolore 1).

Eppure vi ha un momento in cui Beatrice assume sembianze più umane e ci appare in nuovo atteggiamento là nella divina foresta del Purgatorio ove ella ridiventa

1) Cito dall'edizione di P. FRATICELLI. Firenze Barbèra.

A. LUMINI. Il sentimento ecc.

'ta donna, dà vita ad una delle più stupende rappresentazioni della natura vivente, rappresentazione che io metto innanzi al lettore senza più parole. Descritta quella soavissima figura di donna che, cantando come innamorata era intesa a sceglier fior da fiore nell'ameno giardino del paradiso terrestre, ecco una vivissima luce annunzia l'avvicinarsi del trionfo di Beatrice, ecco lei medesima infine e Dante dimentico d'ogni allegoria rimira estatico la mirabile apparizione 1).

Quando il settentrion del primo cielo
Che nè occaso mai seppe nè orto,
Nè d'altra nebbia, che di colpa velo
E che faceva lì ciascuno accorto
Di suo dover, come il più basso face,
Qual timon gira per venire a porto,
Fermo si affisse, la gente verace,
Venuta prima tra il grifone ed esso,
Al carro volse sè, come a sua pace;

Ed un di loro, quasi dal ciel messo,

Veni sponsa, de Libano, cantando,
Gridò tre volte, e tutti gli altri appresso.
Quali i beati al novissimo bando
Surgeran presti ognun di sua caverna,
La rivestita voce allelujando,

Cotali in sulla divina basterna,
Si levar cento, ad vocem tanti senis
Ministri e messagger di vita eterna.

Tutti dicean: Benedictus, qui venis,
E, fior gittando di sopra e d'intorno,
Manibus o date lilia plenis.

1) Purgatorio XXIX. La D. C. di D. A. secondo la lezione di C. Witte. Milano Daelli 1864. Avvertirò quando me ne allontani.

Io vidi già nel cominciar del giorno
La parte oriental tutta rosata,
E l'altro ciel di bel sereno adorno,

E la faccia del sol nascere ombrata,
Si che per temperanza di vapori
L'occhio la sostenea lunga fiata;

Così dentro una nuvola di fiori
Che dalle mani angeliche saliva
E ricadea in giù dentro e di fuori,
Sopra candido vel cinta d'uliva
Donna m'apparve, sotto verde manto
Vestita di color di fiamma viva

E lo spirito mio, che già cotanto
Tempo era stato che alla sua presenza
Non era di stupor, tremando, affranto,

Senza degli occhi aver più conoscenza
Per occulta virtù che da lei mosse

D'antico amor senti la gran potenza 1).

Qui Beatrice posta in relazione diretta colla natura, ed è forse la sola volta, ci ricorda Laura e riandiamo subito col pensiero alla canzone

Chiare fresche dolci acque.

Anche in mezzo agli splendori celesti, come tutti gli altri santi, Beatrice interamente trasumanata, ha talora sentimenti che ci richiamano alla terra, e in mille modi sorride al poeta il quale ogni volta mirabilmente e in nuova maniera riesce a ritrarla, ma quel sorriso è un riflesso della grazia divina e quei sentimenti, palesati più

1) Purgatorio xxx.

col trascolorarsi del viso che colla parola, sono impressioni fuggevoli, giacchè ella

è fatta da Dio, sua mercè tale

Che la nostra miseria non la tange.

Ma Dante, ne piangano pure certi idealisti impenitenti sdegnosi di un vero più bello assai dei lor sogni, Dante per ventura dell'arte fu uomo cui non poteva bastare l'estatica adorazione di un puro spirito e d'un simbolo. L'amore per Beatrice, cmai donna della sua mente e che già aveva promesso innalzare maggiormente in un'opera degna di lei, non impedì che altri affetti più umani gli occupassero il cuore nè per una donna sola: di che forse dovette non poco dolersi la povera Gemma Donati accusata poi fieramente da chi pure nulla ccnobbe intorno ai casi di lei.

La critica ha posto in chiaro questo fatto, che, del resto, ci è confessato da Dante medesimo 1), e nel canzoniere di lui se ne trova la conferma. Queste donne, le quali consolarono più o meno spiritualmente Dante esiliato e ramingo, gli inspirarono anche delle poesie per cui si respira talvolta la freschezza della campagna e proviamo la gioia del cielo aperto 2). Ivi si accenna alla pri

mavera:

Il dolce tempo che riscalda i colli

E che gli fa tornar di bianco in verde
Perchè gli cuopre di fioretti e d'erba 3),

il cui ritorno non smuove punto il cuore gelato della

1) Purgatorio xxx. Boccaccio. Vita di D. 12.

2) CARDUCCI. Op. cit.

3) D. ALIGHIERI. Opere Minori. Vol. I. Sestine 1. 2. 3. Firenze Barbèra 1861.

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