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letto mi furon di gran vantaggio in appresso. Si rappresentò finalmente il Pirro, ed ebbe il successo che meritava.

L'introduzione dei finali in un' opera seria piacque moltissimo, come pure l'aria di bravura della Danzi, il rondò di Roncaglia, l'arietta, scritta in amicizia pel debole Manzoletto, il duetto, e il terzetto; ma poi la scena magiyfica di David portò la palma, e coronò il cantante, ed il compositore.

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CAPITOLO XXV.

IL CONTE SKAVRONSKY.- MALATTIA. -PARTENZA DA

NAPOLI.

Si trovava allora in Napoli un ambasciatore Russo, il Conte Skavronsky, uomo di mezza età; amabile, liberale, ma alquanto stravagante, e fanatico per la musica. Aveva quattro professori stabili al suo servizio, due di violino, un di viola, l'altro di violoncello, l'impiego de' quali non era, che di suonar dei duetti, terzetti, o quartetti, mentre sua eccellenza prendeva i suoi pasti. Portato egli già per Paisiello che avea conosciuto in Russia, fu tanto tocco del suo Pirro, che dal momento che lo vide rappresentare, non volle più sentir altra musica vocale che di quel compositore. Teneva a tale oggetto delle piccole accademie, e i suoi cantanti favoriti eran l'Annetta Coltellini, David, Carlo Rovedino, e il buffoncello Manzoletto, che lo

divertiva più colle sue istorielle che col suo flebil canto essendo essi tutti miei amici, m'introdussero facilmente dal Signor Conte come accompagnatore: contento egli della maniera con la quale io eseguiva quella musica, prese per me un' amicizia grande, e mi voleva quasi tutt' i giorni e tutte le sere a far seco musica: mi portava nella sua carrozza e ne' suoi palchetti ai teatri; giocava meco al bigliardo, e quando perdeva mi pagava, ma quando era vincitore, ei diceva: "mi pagherete in Paradiso." Ebbi innoltre il vantaggio di conoscere in casa sua diversi personaggi distinti; tali che l'Abate di Bourbon, l'interessante Lady E. Forster, S. A. R. il Duca di Cumberland, che viaggiava col suo maestro e violinista F. Giardini.

Tutti questi onori lusingavan certamente il mio amor proprio; ma il mangiar tanti cibi, e il bere tanti liquori ai quali io non era avvezzo, nocevan molto alla mia salute: il vegliare poi sino alle una o le due dopo mezzanotte m'ammazzava, poichè m'era necessario di alzarmi di buon ora, per non interrompere il mio studio. In fatti due

mesi dopo aver fatto la conoscenza di quel Signore m'incominciai a indebolire, e mi trovai così male, che fui obbligato di chiamare un medico, il qual trovando che la mia lingua era bianca, mi diede, secondo l'uso di allora in Napoli, un possente vomitivo, e così continuò per otto giorni consecutivi, facendomi osservare innoltre una dieta la più severa; e in capo a una settimana mi ridusse, come uno scheletro, e da non poter reggermi in piedi. Feci parte al buon Conte Skavronsky della mia situazione, ed egli ebbe la compiacenza di venirmi a vedere, col suo medico, il rinomato dottor Cotugno: questi mi vietò i vomitivi, m'ordinò di masticar della radice di rabarbaro, e d'inghiottirne il sugo, mi prescrisse una dieta soffribile, e in poche settimane mi trovai ancora in vita.

Prima ch' io lasci di parlar di quel Conte, bisogna che dica un aneddoto conosciuto sui teatri d'Europa, ma la cui origine è appena nota.

Un certo giorno, mi trovava a solo a solo con quell' ambasciatore; egli al pianoforte, io accanto a lui: stava preludiando

modulando, o per dir meglio arpeggiando, e mi dimandava di tempo in tempo s'era giusto io non poteva rispondergli che di sì, poichè ei non modulava che dalla tonica alla dominante, o alla sottodominante. Sopraggiunge un cameriere, e presenta un servitore ceduto e raccomandato a sua Eccellenza dalla Principessa Gragaring, nel momento del di lei ritorno in Russia. S'avanza il servitore, e il Signor Conte, modulando sempre, gli dimanda il suo

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Allora impaziente il nobil musicante senza lasciare il suo arpeggio, declama

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