Non vorrebbe più amar quell'oggetto che, rivedendo, è forzato di riamare. Io son dell' aspettar omai sì vinto E della lunga guerra de' sospiri, Ch'i'aggio in odio la speme e i desiri, Ed ogni laccio onde 'l mio cor è avvinto. Ma 'l bel viso leggiadro che dipinto Porto nel petto, e veggio ove ch'io miri, Mi sforza; onde ne' primi empi martíri Pur son contra mia voglia risospinto. Allor errai quando l'antica strada Di libertà mi fu precisa e tolta: Chè mal si segue ciò ch' agli occhi aggrada. Allor corse al suo mal libera e sciolta; Or a posta d'altrui conven che vada L'anima, che peccò sol una volta. SONETTO LXVI. - 76. Deplora la libertà già perduta, e l'infelicità Ahi, bella libertà, come tu m'hai, Era 'l mio stato quando 'l primo strale Nè mi lece ascoltar chi non ragiona Della mia morte; che sol del suo nome Vo empiendo l'aere che sì dolce suona. Amor in altra parte non mi sprona, Nè i piè sanno altra via, nè le man come Lodar si possa in carte altra persona. Mostra ad un amico qual sia la strada a tenersi; ma confessa ch'ei l'ha smarrita. Poi che voi ed io più volte abbiam provato Come 'l nostro sperar torna fallace, Dietr'a quel sommo ben che mai non spiace Levate 'l core a più felice stato. Questa vita terrena è quasi un prato Voi dunque, se cercate aver la mente Anzi l'estremo dì queta giammai, Seguite i pochi, e non la volgar gente. Ben può dire a me: Frate, tu vai Mostrando altrui la via dove sovente Fosti smarrito, ed or se' più che mai. Pensando alle varie cagioni del suo innamoramento, commovesi al pianto. Quella fenestra ove l'un Sol si vede E'l fiero passo ove m'aggiunse Amore; SONETTO LXIX. — - 80. Sa quanto il mondo è vano. Combattè inutilmente finora; nondimeno spera di vincerlo. Lasso, ben so che dolorose prede Il mondo, e picciol tempo ne tien fede. So come i dì, come i momenti e l'ore Ne portan gli anni; e non ricevo inganno, Ma forza assai maggior che d'arti maghe. La voglia e la ragion combattut' hanno Sette e sett'anni; e vincerà il migliore, S'anime son quaggiù del ben presaghe. SONETTO LXX. 81. Per nascondere alla gente le sue angosce amorose, ride, e finge allegrezza. Cesare, poi che 'l traditor d'Egitto Li fece il don dell'onorata testa, Celando l'allegrezza manifesta, Pianse per gli occhi fuor, siccome è scritto; Rise fra gente lagrimosa e mesta, CANZONE IX. — 22. Oppresso da tanti affanni, delibera di volersi partire dall'amore di Laura. Mai non vo' più cantar com'io soleva: Gia su per l'alpi neva d'ogn'intorno; |