Onde, come colui che 'l colpo teme Di Giove irato, si ritragge indietro; Chè gran temenza gran desire affrena. Ma freddo foco e paventosa speme Dell'alma, che traluce come un vetro, Talor sua dolce vista rasserena. Non sa scrivere rime degne di Laura che in riva di Sorga e all'ombra del lauro. Non Tesin, Po, Varo, Arno, Adige e Tebro, Eufrate, Tigri, Nilo, Ermo, Indo e Gange, Tana,Istro, Alfeo,Garonna e'l mar che frange, Rodano, Ibero, Ren, Sena, Albia, Era, Ebro, Non edra, abete, pin, faggio o ginebro Poria 'l foco allentar che 'I cor tristo ange, Quant'un bel rio ch' ad ogni or meco piange, Con l'arboscel che 'n rime orno e celèbro. Quest'un soccorso trovo tra gli assalti D'Amore, onde conven che armato viva La vita che trapassa a sì gran salti. Così cresca 'l bel lauro in fresca riva; E chi'l piantò, pensier leggiadri ed alti Nella dolce ombra, al suon dell'acque, scriva. BALLATA VI. CANZ. 33. Bench' ella siagli men severa, egli non è contento e tranquillo nel core. Di tempo in tempo mi si fa men dura L'angelica figura e 'l dolce riso, E l'aria del bel viso E degli occhi leggiadri meno oscura. Che fanno meco omai questi sospiri Che nascean di dolore, E mostravan di fore La mia angosciosa e disperata vita? S'avven che 'l volto in quella parte giri Per acquetar il core, Parmi veder Amore Mantener mia ragion e darmi aita. Quanto più la speranza m'assicura. SONETTO XCIX. - 117. Quasi certo dell'amore di Laura, pur non avrà pace finch' essa non gliel palesi - (L'anima e il Poeta.) Chefai, alma? che pensi? avrem mai pace? Avrem mai tregua ? od avrem guerra eterna? - Che fia di noi, non so; ma in quel ch'io scerna, A' suoi begli occhi il mal nostro non piace. - - Che pro, se con quegli occhiella ne face Di state un ghiaccio, un foco quando verna? - Ella non, ma colui che gli governa. - - Questo ch'è a noi s'ella sel vede e tace? Talor tace la lingua, e 'l cor si lagna Ad alta voce, e 'n vista asciutta e lieta Piagne dove mirando altri nol vede. -Per tutto ciò la mente non s'acqueta, Rompendo 'l duol che 'n leis' accoglie e stagna; Ch'a gran spéranza uom misero non crede. SONETTO C.-118. Gli occhi di Laura lo feriron d'amore, ma d'amore puro e guidato dalla ragione. Non d'atra e tempestosa onda marina Fuggio in porto giammai stanco nocchiero, Com' io dal fosco e torbido pensiero In che i suoi strali Amor dora ed affina. Cieco non già, ma faretrato il veggo; Nudo, se non quanto vergogna il vela; Garzon con l'ali, non pinto, ma vivo. Indi mi mostra quel ch'a molti cela: Ch'a parte a parte entr' a' begli occhi leggo Quant' io parlo d' Amore e quant' io scrivo. SONETTO CI.— 119. Condotto a sperare e temer sempre, non ha più forza di vivere in tale stato. Questa umil fera, un cor di tigre o d'orsa, Che 'n vista umana e 'n forma d'angel vene, In riso e 'n pianto, fra paura e spene Mi rota sì, ch'ogni mio stato inforsa. Se'n breve non m'accoglie o non mismorsa, Ma pur, come suol far, fra due mi tene; Per quel ch'io sento al cor gir fra le vene Dolce veneno, Amor, mia vita è corsa. Non può più la vertù fragile e stanca Tante varietati omai soffrire; Che'n un punto arde,agghiaccia,arrossa e'mbianca. Come colei che d'ora in ora manca: SONETTO CII. . 120. Tenta di renderla pietosa coi sospiri, Ite, caldi sospiri, al freddo core; Gite securi omai, ch’Amor vên vosco; |