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E mi conforta, e dice che non fue
Mai,com'or, presto a quel ch'i'bramo e spero.
Io, che talor menzogna e talor vero
Ho ritrovato le parole sue,

Non so s'il creda, e vivomi intra due,
Nè sì nè no nel cor mi sona intero.

In questa passa 'l tempo, e nello specchio
Mi veggio andar vêr la stagion contraria
A sua impromessa ed alla mia speranza.
Or sia che può già sol io non invecchio;
Già per etate il mio desir non varia.
Ben temo il viver breve che n'avanza.

SONETTO CXVII. - 136.

Trema al turbamento di Laura. Rasserenatasi, e' vorrebbe parlarle e non osa.

Pien d'un vago pensier, che mi desvia Da tutti gli altri, e fammi al mondo ir solo, Ad or ad or a me stesso m'involo, Pur lei cercando che fuggir devria: E veggiola passar sì dolce e ria, Che l'alma trema per levarsi a volo; Tal d'armati sospir conduce stuolo Questa bella d' Amor nemica e mia.

Ben s'io non erro, di pietate un raggio Scorgo fra 'l nubiloso altero ciglio, Che 'n parte rasserena il cor doglioso: Allor raccolgo l'alma, e poi ch'i' aggio Di scovrirle il mio mal preso consiglio, Tanto le ho a dir che 'ncominciar non oso.

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Col proprio esempio insegna agli amanti
che il vero amore vuol silenzio.

Più volte già dal bel sembiante umano
Ho preso ardir con le mie fide scorte
D'assalir con parole oneste accorte
La mia nemica, in atto umíle e piano.

Fanno poi gli occhi suoi mio penser vano, Perch'ogni mia fortuna, ogni mia sorte, Mio ben, mio male, e mia vita e mia morte, Quei che solo il può far, l'ha posto in mano.

Ond'io non pote' mai formar parola Ch'altro che da me stesso fosse intesa; Cosi m'ha fatto Amor tremante e fioco,

E veggi' or ben che caritate accesa Lega la lingua altrui, gli spirti invola. Chi può dir com'egli arde, è 'n picciol foco.

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Siagli pur Laura severa, ch'e' non lascerà mai di amarla e sospirare per lei.

Giuntom'ha Amorfra belle e crude braccia Che m'ancidono a torto; e s'io mi doglio, Doppia 'l martír: onde, pur com'io soglio, Il meglio è ch'io mi mora amando, e taccia: Chè poria questa il Ren, qualor più agghiaccia, Arder con gli occhi, e rompre ogni aspro scoglio; Ed ha sì egual alle bellezze orgoglio,

Che di piacer altrui par che le spiaccia.

Nulla posso levar io per mio 'ngegno Del bel diamante ond'ell' ha il cor sì duro: L'altro è d'un marmo che si mova e spiri:

Ned ella a me per tutto 'l suo disdegno Torrà giammai, nè per sembiante oscuro, Le mie speranze e i miei dolci sospiri.

SONETTO CXX.- 139.

L'amerà costante, benchè siagli anche invidiosa del suo amore verso di lei.

O invidia nemica di virtute,
Ch' a' bei principii volentier contrasti,

Per qual sentier così tacita intrasti
In quel bel petto, e con qual arti il mute?
Da radice n'hai svelta mia salute,
Troppo felice amante mi mostrasti
A quella che miei preghi umili e casti
Gradi alcun tempo, or par ch'odii e refute.
Nè però che con atti acerbi e rei

Del mio ben pianga e del mio pianger rida,
Poria cangiar sol un de' pensier miei.

Non perchè mille volte il dì m'ancida, Fia ch'io non l'ami e ch'i' non speri in lei: Che s'ella mi spaventa, Amor m'affida.

SONETTO CXXI. - 140.

Starsi sempre fra le vie del dolce e dell'amaro è la vita misera degli amanti.

Mirando 'l Sol de' begli occhi sereno, Ov'è chi spesso i miei dipinge e bagna, Dal cor l'anima stanca si scompagna Per gir nel paradiso suo terreno.

Poi trovandol di dolce e d'amar pieno, Quanto al mondo si tesse, opra d' aragna Vede: onde seco e con Amor si lagna, C'ha sì caldi gli spron, sì duro il freno.

Per questi estremi duo, contrari e misti, Or con voglie gelate or con accese, Stassi così fra misera e felice.

Ma pochi lieti, e molti pensier tristi; E 'l più si pente dell' ardite imprese; Tal frutto nasce di cotal radice.

SONETTO CXXII. - .141.

Pensa nel suo dolore, ch'è meglio patire
per Laura, che gioir d' altra donna.

Fera stella (se 'l Cielo ha forza in noi Quant'alcun crede) fu sotto ch'io nacqui. E fera cuna dove nato giacqui,

E fera terra ov'e piè mossi poi;

E fera donna che con gli occhi suoi E con l'arco a cui sol per segno piacqui, Fe la piaga ond', Amor, teco non tacqui, Che con quell'arme risaldar la puoi.

Ma tu prendi a diletto i dolor miei; Ella non già; perchè non son più duri, El colpo è di saetta e non di spiedo.

Pur mi consola che languir per lei Meglio è che gioir d'altra; e tu mel giuri Per l'orato tuo strale, ed io tel credo.

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