Pregovi, siate accorti; Chè già vi sfida Amore; ond'io sospiro. Breve conforto a sì lungo martíro. Irresoluto nel dilungarsi da Laura, descrive i vari affetti da cui è agitato. Io mi rivolgo indietro a ciascun passo Col corpo stanco, ch'a gran pena porto; E prendo allor del vostr'aere conforto, Che 'l fa gir oltra, dicendo: Oimè lasso. Poi ripensando al dolce ben ch' io lasso, Al cammin lungo ed al mio viver corto, Fermo le piante sbigottito e smorto, E gli occhi in terra lagrimando abbasso. Talor m' assale in mezzo a'tristi pianti Un dubbio, come posson queste membra Dallo spirito lor viver lontane. Ma rispondemi Amor: Non ti rimembra Che questo è privilegio degli amanti, Sciolti da tutte qualitati umane? SONETTO XII. — 14. Ansioso cerca da per tutto chi gli presenti le vere sembianze di Laura. Movesi'l vecchierel canuto e bianco Del dolce loco ov' ha sua età fornita, E'dalla famigliuola sbigottita, Che vede il caro padre venir manco: Indi traendo poi l'antico fianco Per l'estreme giornate di sua vita, Quanto più può col buon voler s'aita, Rotto dagli anni e dal cammino stanco. E viene a Roma, seguendo 'l desio, Per mirar la sembianza di colui Ch'ancor lassù nel Ciel vedere spera. Così, lasso, talor vo cercand' io, Donna, quant'è possibile, in altrui La desïata vostra forma vera. SONETTO XIII. - 15. Quale sia il suo stato quando Laura gli è presente, e quando da lui si diparte. Piovonmi amare lagrime dal viso, Con un vento angoscioso di sospiri, Quando in voi adivien che gli occhi giri, Per cui sola dal mondo i' son diviso. Vero è che 'l dolce mansueto riso Ma gli spiriti miei s'agghiaccian poi Largata al fin con l'amorose chiavi L'anima esce del cor per seguir voi; E con molto pensiero indi si svelle. SONETTO XIV. - 16. Per poter meno amarla, fugge, ma inutilmente dalla vista del suo bel volto. Quand'io son tutto vôlto in quella parte Ove 'l bel viso di Madonna luce; E m'è rimasta nel pensier la luce, Che m'arde e strugge dentro a parte a parte; I', che temo del cor che mi si parte, E veggio presso il fin della mia luce, Vommene in guisa d'orbo senza luce, Che non sa 've si vada, e pur si parte. Così davanti ai colpi della Morte Fuggo: ma non sì ratto che 'l desio Meco non venga, come venir sôle. Tacito vo; chè le parole morte Farian pianger la gente; ed i' desio Che le lagrime mie si spargan sole. Rassomiglia sè stesso alla farfalla, che è arsa da quel lume che si la diletta. Son animali al mondo di sì altera Vista, che 'ncontr'al Sol pur si difende; Altri, però che 'l gran lume gli offende, Non escon fuor se non verso la sera; Ed altri, col desio folle, che spera Gioir forse nel foco perchè splende, Provan l'altra virtù, quella che 'ncende. Lasso, il mio loco è'n questa ultima schiera. Ch'i'non son forte ad aspettar la luce Di questa Donna, e non so fare schermi Di luoghi tenebrosi o d'ore tarde. Però con gli occhi lagrimosi e 'nfermi Mio destino a vederla mi conduce: E so ben ch'i' vo dietro a quel che m'arde. Tentò e ritentò più volte, ma indarno, di lodare le bellezze della sua Donna. Vergognando talor ch'ancor si taccia, Più volte già per dir le labbra apersi; Più volte incominciai di scriver versi; |