E dispregiar di quel ch'a molti è'n pregio, Era un tenero fior nato in quel bosco Ma, lasso, or veggio che la carne sciolta Fia di quel nodo ond' è 'l suo maggior pregio, Prima che medicine antiche o nove Saldin le piaghe ch'i' presi in quel bosco Folto di spine; ond'i' ho ben tal parte, Che zoppo n'esco, e'ntraivi a sì gran corso. Pien di lacci e di stecchi un duro corso Aggio a fornire, ove leggiera e sciolta Pianta avrebbe uopo, e sana d'ogni parte. Guarda 'l mio stato alle vaghezze nove Che 'nterrompendo di mia vita il corso, M'han fatto abitator d'ombroso bosco: Rendimi, s'esser può, libera e sciolta L'errante mia consorte; e fia tuo 'l pregio S'ancor teco la trovo in miglior parte. Or ecco in parte le question mie nove; S'alcun pregio in me vive o 'n tutto è corso, O l'alma sciolta o ritenuta al bosco. SONETTO CLX. 179. Virtù somme congiunte a bellezza somma In nobil sangue vita umile e queta, Raccolto ha 'n questa donna il suo pianeta, PETRARCA. 14 Ch'è da stancar ogni divin poeta. E non so che negli occhi che 'n un punto Soffre in pace di pianger sempre, ma no che Laura siagli sempre crudele. Tutto 'l dì piango; e poi la notte, quando Prendon riposo i miseri mortali, Trovom'in pianto e raddoppiarsi i mali: Così spendo 'l mio tempo lacrimando. In tristo umor vo gli occhi consumando, E 'l cor in doglia; e son fra gli animali L'ultimo sì, che gli amorosi strali Mi tengon ad ogni or di pace in bando. Lasso, che pur dall' uno all'altro sole E dall' un'ombra all' altra ho già 'l più corso Di questa morte che si chiama vita. Più l'altrui fallo che 'l mio mal mi dole; Chè pietà viva e 'l mio fido soccorso Vedem' arder nel foco e non m'aita. SONETTO CLXU. - 181. Si pente di essersi sdegnato verso di una bellezza che gli rende dolce anche la morte. Già desiai con sì giusta querela E l'empia nube che 'l raffredda e vela, Ch'e belli, onde mi strugge, occhi mi cela. Or non odio per lei, per me pietate Cerco; chè quel non vo', questo non posso; Tal fu mia stella e tal mia cruda sorte: Ma canto la divina sua beltate; Chè quand' i' sia di questa carne scosso, Sappia 'l mondo che dolce è la mia morte. SONETTO CLXIII. 182. Laura è un Sole. Tutto è bello finch' essa vive, e tutto si oscurerà alla sua morte. Tra quantunque leggiadre donne e belle Giunga costei, ch' al mondo non ha pare, Col suo bel viso sôl dell'altre fare Amor par ch'all'orecchie mi favelle, Dicendo quanto questa in terra appare, Fia 'l viver bello; e poi 'l vedrem turbare. Perir virtudi, e 'l mio regno con elle. Come Natura al ciel la luna e 'l sole, All'aere i venti, alla terra erbe e fronde. All'uomo e l'intelletto e le parole, Ed al mar ritogliesse i pesci e l'onde; Tanto e più fien le cose oscure e sole, Se morte gli occhi suoi chiude ed asconde. Levasi il Sole, e spariscono le Stelle. Il cantar novo e 'l pianger degli augelli Quella c'ha neve il volto, oro i capelli, Nel cui amor non fur mai 'nganni nè falli, Destami al suon degli amorosi balli, Pettinando al suo vecchio i bianchi velli. |