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Dimostra che il suo cuore sta in pericolo
di morire, se Laura nol soccorre.

Mille frate, o dolce mia guerrera,
Per aver co'begli occhi vostri pace,
V'aggio profferto il cor; ma a voi non piace
Mirar sì basso con la mente altera:

E se di lui fors' altra donna spera,
Vive in speranza debile e fallace:
Mio, perchè sdegno ciò ch'a voi dispiace,
Esser non può giammai così com'era.

Or s' io lo scaccio, ed e'non trova in voi
Nell'esilio infelice alcun soccorso,
Nè sa star sol, nè gire ov' altri 'l chiama,
Poria smarrire il suo natural corso;

Che

grave colpa fia d'ambeduo noi, E tanto più di voi, quanto più v'ama.

SESTINA I.- CANZ. 3.

Espone la miseria del suo stato. Ne accusa Laura. La brama pietosa, e ne dispera.

A qualunque animale alberga in terra, Se non se alquanti c'hanno in odio il Sole,

Tempo da travagliare è quanto è 'l giorno; Ma poi ch'il ciel accende le sue stelle, Qual torna a casa, e qual s'annida in selva Per aver posa almeno infin all'alba.

Ed io, da che comincia la bell'alba A scuoter l'ombra intorno della terra, Svegliando gli animali in ogni selva, Non ho mai triegua di sospir col Sole: Poi quand' io veggio fiammeggiar le stelle, Vo lagrimando e desiando il giorno.

Quando la sera scaccia il chiaro giorno E le tenebre nostre altrui fann' alba, Miro pensoso le crudeli stelle

Che m'hanno fatto di sensibil terra,
E maledico il dì ch'i'vidi 'l Sole:

Che mi fa in vista un uom nudrito in selva.
Non credo che pascesse mai per selva
Sì aspra fera, o di notte o di giorno,
Come costei ch'i' piango all'ombra e al Sole,
E non mi stanca primo sonno od alba;
Chè, bench'i'sia mortal corpo di terra,
Lo mio fermo desir vien dalle stelle.

Prima ch'i'torni a voi, lucenti stelle,
O tomi giù nell' amorosa selva

Lassando il corpo che fia trita terra,
Vedess' io in lei pietà: ch'in un sol giorno
Può ristorar molt'anni, e 'nnanzi l'alba
Puommi arricchir dal tramontar del Sole.
Con lei foss' io da che si parte il Sole,
E non ci vedess' altri che le stelle;
Sol una notte; e mai non fosse l'alba;
E non si trasformasse in verde selva
Per uscirmi di braccia come il giorno
Che Apollo la seguia quaggiù per terra.
Ma io sarò sotterra in secca selva,
E'l giorno andrà pien di minute stelle,
Prima ch'a si dolce alba arrivi il Sole.

CANZONE I. - 4.

Perduta la libertà, servo di Amore, descrive e compiange il proprio stato.

Nel dolce tempo della prima etade, Che nascer vide ed ancor quasi in erba La fera voglia che per mio mal crebbe; Perchè, cantando, il duol si disacerba, Canterò com'io vissi in libertade, Mentre Amor nel mio albergo a sdegnò s'ebbe: Poi seguirò siccome a lui ne 'ncrebbe

Troppo altamente, e che di ciò m'avvenne; Di ch'io son fatto a molta gente esempio: Benchè 'l mio duro scempio

Sia scritto altrove sì che mille penne Ne son già stanche, e quasi in ogni valle Rimbombi il suon de' miei gravi sospiri, Ch'acquistan fede alla penosa vita! E se qui la memoria non m' aita Come suol fare, iscusinla i martiri, Ed un pensier, che solo angoscia dálle Tal, ch'ad ogn'altro fa voltar le spalle, E mi face obliar me stesso a forza; Chè tien di me quel d'entro, ed io la scorza. I' dico che dal dì che 'l primo assalto Mi diede Amor molt'anni eran passati, Sì ch'io cangiava il giovenile aspetto; E dintorno al mio cor pensier gelati Fatto avean quasi adamantino smalto, Ch'allentar non lassava il duro affetto: Lagrima ancor non mi bagnava il petto Ne rompea il sonno; e quel ch'in me non era Mi pareva un miracolo in altrui.

Lasso, che son! che fui!

La vita il fin, e 'l dì loda la sera.

Chè sentendo il crudel di ch'io ragiono,
Infin allor percossa di suo strale
Non essermi passato oltra la gonna,
Prese in sua scorta una possente donna,
Vêr cui poco giammai mi valse o vale
Ingegno o forza o dimandar perdono.
Ei duo mi trasformaro in quel ch' i' sono,
Facendomi d'uom vivo un lauro verde

Che

per fredda stagion foglia non perde. Qual mi fec'io quando primier m'accorsi Della trasfigurata mia persona,

Ei capei vidi far di quella fronde

Di che sperato avea già lor corona,

Ei piedi in ch'io mi stetti e mossi e corsi, (Com' ogni membro all'anima risponde) Diventar due radici sovra l'onde,

Non di Peneo, ma d'un più altero fiume;
E 'n duo rami mutarsi ambe le braccia!
Nè meno ancor m'agghiaccia

L'esser coverto poi di bianche piume,
Allor che fulminato e morto giacque
Il mio sperar, che troppo alto montava.
Chè, perch'io non sapea dove nè quando
Mel ritrovassi, solo, lagrimando,

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