Sentendomi perir senz' alcun dubbio; Quanto quel ch'i' sostegno in tale stato; Cerco del viver mio novo consiglio, Laura gli è sì severa, che 'l farebbe morire, s'e non isperasse di renderla pietosa. Aspro core e selvaggio, e cruda voglia In dolce, umile, angelica figura, Se l'impreso rigor gran tempo dura, Avran di me poco onorata spoglia: Chè quando nasce e mor fior, erba e foglia, Quando è 'l dì chiaro e quando è notte oscura, Piango ad ogni or. Ben ho di mia ventura, Di Madonna e d'Amore onde mi doglia. Vivo sol di speranza, rimembrando Che poco umor già per continua prova Consumar vidi marmi e pietre salde. Non è sì duro cor che lagrimando, Pregando, amando talor non si smova; Nè sì freddo voler che non si scalde. Duolsi d'esser lontano da Laura e dal Colonna, i due soli oggetti dell'amor suo. Signor mio caro, ogni pensier mi tira Devoto a veder voi, cui sempre veggio; La mia fortuna (or che mi può far peggio?) Mi tene a freno e mi travolve e gira. Poi quel dolce desio ch' Amor mi spira Menami a morte ch' i' non me n'avveggio; E mentre i miei duo lumi indarno cheggio, Dovunque io son, dì e notte si sospira. Carità di signore, amor di donna Son le catene ore con molti affanni Legato son, perch'io stesso mi strinsi. Un Lauro verde, una gentil Colonna, Quindici l'una, e l'altro diciott'anni Portato ho in seno, e giammai nou miscinsi. Elogio di Laura nell'atto di sfogare l'acerbita del dolore per la morte di lei. Oimè il bel viso, oimè il soave sguardo, Oimè il leggiadro portamento altero, Oimè 'l parlar ch'ogni aspro ingegno e fero Faceva umìle, ed ogni uom vil, gagliardo; Ed oimè il dolce riso ond'uscío 'l dardo Di che morte, altro bene omai non spero; Alma real, dignissima d'impero, Se non fossi fra noi scesa si tardo; Per voi convench'io arda e'n voi respire: Ch'i' pur fui vostro; e se di voi son privo, Via men d'ogni sventura altra mi dole. PETRARCA. 17 |