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Chè comei miei pensier dietro a lei vanno, Così leve, espedita e lieta l'alma

La segua, ed io sia fuor di tanto affanno.

Ciò che s'indugia è proprio per mio danno, Per far me stesso a me più grave salma. O che bel morir era oggi è terz'anno!

SONETTO XI. - 238.

Dovunque si trovi, gli par di vederla,
e quasi di sentirla parlare.

Se lamentar augelli, o verdi fronde
Mover soavemente a l'aura estiva,
O roco mormorar di lucid' onde
S'ode d' una fiorita e fresca riva,

Là 'v'io seggia d'amor pensoso, e scriva;
Lei che 'l Ciel ne mostrò, terra n'asconde,
Veggio ed odo ed intendo, ch'ancor viva
Di sì lontano a' sospir miei risponde.
Deh perchè innanzi tempo ti consume?
Mi dice con pietate; a che pur versi
Degli occhi tristi un doloroso fiume?
Di me non pianger tu; ch'e miei dì fersi,
Morendo, eterni; e nell'eterno lume,
Quando mostrai di chiuder, gli occhi apersi.

PETRARCA,

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Rammenta in solitudine gli antichi suoi lacci d'amore, e sprezza i novelli.

Mai non fu' in parte ove sì chiar vedessi Quel che veder vorrei, poi ch'io nol vidi; Nè dove in tanta libertà mi ştessi, Nè 'mpiessi 'l ciel di sì amorosi stridi; Nè giammai vidi valle aver sì spessi Luoghi da sospirar riposti e fidi; Nè credo già ch'Amor in-Cipro avessi, O in altra riva, sì soavi nidi.

L'acque parlan d'amore e l'ôra ei rami E gli augelletti e i pesci e i fiori e l'erba, Tutti insieme pregando ch'i' sempr'ami.

Ma tu ben nata, che dal ciel mi chiami, Per la memoria di tua morte acerba Preghi ch'i' sprezzi'l mondo e suoi dolciami.

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Videla in Valchiusa sotto varie figure, ed in atte di compassione verso di lui.

Quante frate al mio dolce ricetto,

Fuggendo altrui, e,

s' esser può, me stesso,

Vo con gli occhi bagnando l'erba e 'l petto,
Rompendo co' sospir l'aere da presso!
Quante fiate sol, pien di sospetto,
Per luoghi ombrosi e foschi mi son messo,
Cercando col pensier l'alto diletto,
Che Morte ha tolto, ond' io la chiamo spesso!
Or in forma di ninfa o d'altra diva,
Che del più chiaro fondo di Sorga esca,
E pongasi a seder in su la riva;

Or l'ho veduta su per l'erba fresca Calcar i fior com' una donna viva, Mostrando in vista che di me le 'ncresca.

SONETTO XIV. - 241.

La ringrazia che di quando in quando torni a racconsolarlo colla sua presenza.

Alma felice che sovente torni

A consolar le mie notti dolenti

Con gli occhi tuoi, che morte non ha spenti,
Ma sovra 'l mortal modo fatti adorni;
Quanto gradisco ch'e miei tristi giorni
A rallegrar di tua vista consenti!
Così incomincio a ritrovar presenti!
Le tue bellezze a'suoi usati soggiorni.

Là 've cantando andai di te molt' anni,
Or, come vedi, vo di te piangendo,
Di te piangendo no, ma de'miei danni.
Sol un riposo trovo in molti affanni;
Che, quando torni, ti conosco e 'ntendo
All'andar, alla voce, al volto, a' panni.

SONETTO XV. - 242.

I pietosi apparimenti di Laura gli danuo

un soccorso nel suo dolore.

Discolorato hai, Morte, il più bel volto Che mai si vide, e i più begli occhi spenti; Spirto più acceso di virtuti ardenti, Del più leggiadro e più bel nodo hai sciolto. In un momento ogni mio ben m'hai tolto: Posto hai silenzio a' più soavi accenti Che mai s'udiro; e me pien di lamenti Quant' io veggio m'è noia e quant' io ascolto. Ben torna a consolar tanto dolore Madonna, ove pietà la riconduce: Nè trovo in questa vita altro soccorso. E se com'ella parla e come luce Ridir potessi, accenderei d'amore, Non dirò d'uom, un cor di tigre o d'orso.

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SONETTO XVI. 243.

Gode di averla presente col pensiero : ma trova poi scarso un tale conforto.

Sì breve è 'l tempo e 'l pensier sì veloce Che mi rendon Madonna così morta, Ch'al gran dolor la medicina è corta; Pur, mentr'io veggio lei, nulla mi noce. Amor, che m'ha legato e tienmi in croce, Trema quando la vede in su la porta Dell'alma, ove m'ancide ancor sì scorta, Si dolce in vista e sì soave in voce. Come donna in suo albergo, altera vene, Scacciando dell'oscuro e grave core Con la fronte serena i pensier tristi. L'alma, che tanta luce non sostene, Sospira e dice: O benedette l'ore

Del dì che questa via con gli occhi apristi!

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Scend'ella dal cielo per consigliarlo alla virtù e levar tosto l'anima a Dio.

Nè mai pietosa madre al caro figlio, Nè donna accesa al suo sposo diletto

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