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Sopra 'l monte Tarpeo, Canzon, vedrai
Un cavalier ch'Italia tutta onora,
Pensoso più d'altrui che di sè stesso.
Digli: Un che non ti vide ancor da presso,
Se non come per fama uom s'innamora,
Dice che Roma ogni ora,

Con gli occhi di dolor bagnati e molli,
Ti chier mercè da tutti sette i colli.

SONETTO VIII. - 45.

A messer Agapito, pregandolo di ricevere in sua memoria alcuni piccoli doni.

La guancia, che fu già piangendo stanca, Riposate su l'un, Signor mio caro; E siate omai di voi stesso più avaro A quel crudel che suoi seguaci imbianca. Con l'altro richiudete da man manca La strada a' messi suoi, ch'indi passaro; Mostrandovi un d'agosto e di gennaro; Perch'alla lunga via tempo ne manca. E col terzo bevete un suco d'erba Che purghe ogni pensier che 'l cor afflige. Dolce alla fine e nel principio acerba. Me riponete ove 'l piacer si serba,

Tal ch'i'non tema del nocchier di Stige;
Se la preghiera mia non è superba.

SONETTO IX. - 71.

Invita le donne e gli amanti a pianger seco la morte di Cino da Pistoia.

Piangete, donne, e con voi pianga Amore;
Piangete, amanti, per ciascun paese ;
Poi che morto è colui che tutto intese
In farvi, mentre visse al mondo, onore.
Io per me prego il mio acerbo dolore
Non sian da lui le lagrime contese,
E mi sia di sospir tanto cortese
Quanto bisogna a disfogare il core.
Piangan le rime ancor, piangano i versi,
Perchè 'l nostro amoroso messer Cino
Novellamente s'è da noi partito.

Pianga Pistoia e i cittadin perversi,
Che perdut' hanno sì dolce vicino;
E rallegres' il Cielo ov'ello è gito.

SONETTO X.-77.

Ad Orso dell'Anguillara, che doleasi di non poter ritrovarsi ad una giostra.

Orso, al vostro destrier si può ben porre Un fren, che di suo corso indietro il volga; Ma 'l cor chi legherà, che non si sciolga, Se brama onore, e 'l suo contrario abborre? Non sospirate: a lui non si può tôrre Suo pregio, perch'a voi l'andar si tolga; Chè come fama pubblica divolga, Egli è già là, che null' altro il precorre. Basti che si ritrove in mezzo 'l campo Al destinato dì, sotto quell'arme Che gli dà il tempo, amor, virtute e 'l sangue; Gridando: D'un gentil desire avvampo Col signor mio, che non può seguitarme, E del non esser qui si strugge e langue.

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A Stefano Colonna, perchè segua il corso
di sua vittoria contro gli Orsini.

Vinse Annibal, e non seppe usar poi
Ben la vittoriosa sua ventura;

Però, Signor mio caro, aggiate cura
Che similmente non avvegna a voi.
L'orsa, rabbiosa per gli orsacchi suoi
Che trovaron di maggio aspra pastura,
Rode sè dentro, e i denti e l'unghie indura
Per vendicar suoi danni sopra noi.
Mentre 'l novo dolor dunque l'accora,
Non riponete l'onorata spada,
Anzi seguite là dove vi chiama

Vostra fortuna dritto per la strada
Che vi può dar, dopo la morte ancora
Mille e mill' anni, al mondo onore e fama.

SONETTO XII. 83.

Alla virtù del Malatesta, ch' ei vuol rendere immortale scrivendo in sua lode.

L'aspettata virtù, che 'n voi fioriva Quando Amor cominciò darvi battaglia, Produce or frutto che quel fiore agguaglia, E che mia speme fa venire a riva.

Però mi dice 'l cor ch'io in carte scriva Cosa onde 'l vostro nome in pregio saglia: Chè 'n nulla parte sì saldo s'intaglia,

Per far di marmo una persona viva.

PETRARCA.

31

Credete voi che Cesare o Marcello

per

O Paolo od African fossin cotali
Per incude giammai nè martello?
Pandolfo mio, quest'opere son frali
Al lungo andar, ma 'l nostro studio è quello
Che fa per fama gli uomini immortali.

CANZONE III. -24.

S'è innamorato della Gloria, perch'essa
gli mostrerà la strada della Virtù.

Una donna più bella assai che 'l sole
E più lucente, e d'altrettanta etade,
Con famosa beltade,

Acerbo ancor mi trasse alla sua schiera.
Questa in pensieri, in opre ed in parole
(Però ch'è delle cose al mondo rade)
Questa per mille strade

Sempre innanzi mi fu leggiadra, altera:
Solo per lei tornai da quel ch'i' era,
Poi ch'i' soffersi gli occhi suoi da presso:
Per suo amor m'er'io messo

A faticosa impresa assai per tempo,
Tal che s'i'arrivo al desiato porto,
Spero per lei gran tempo

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