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lire che gli dava a Firenze e gli mandava in Isvizzera la buona Magiotti sarebbero state una goccia d'acqua in un bicchiere vuoto; e d' altronde a Firenze e in Lombardia correvano novelle ch'e' fosse arricchito, perchè le persone andate a visitarlo lo avean trovato in un alloggio signorile, con tutte le mostre dell'agiatezza: di che egli scusavasi nelle lettere agli amici d'Italia, dicendo che l'usanza del paese e la necessità di guadagnare lo costringevano a quel lusso apparente, che nascondeva una miseria reale. Se non la scusa, la miseria era vera pur troppo.

Nel 1818 si ritirò in campagna, per economia, diceva lui, e per poter lavorare con più quiete; ma seguitò a tenere il quartiere che aveva affittato in città, spese alcune migliaia di lire per arredare la villa, e mise cavallo e carrozza, per potere andare e venire tutte le volte che gli occorresse. Vi raccomando questa razza d'economia.

Perchè non lo diremo? Fu proprio l'economia intesa e praticata a questo modo che trasse in rovina il povero Foscolo, al quale non mancò nè anche a Londra l'aiuto largo, generoso e costante degli ammiratori e degli amici.

Una delle famiglie con le quali fino dal 1818 avea stretto più intima relazione era la famiglia Russell. Ugo andava spesso a pranzo da loro, andava in compagnia loro e d'amici comuni a

partite di piacere, a feste e conversazioni, man. dava e portava loro libri da leggere, e leggeva con le due figlie maggiori, Caterina e Carolina, le poesie del Petrarca. Come con la famiglia Russell, usava familiarmente con altre; ed uno dei suoi piaceri proferiti era spiegare alle signore e alle signorine le più astruse teorie d'a

more.

Quella lettura del Petrarca fatta con le due Russell, una delle quali, la Carolina, bellissima e piena di spirito, si porgeva acconcia alle dissertazioni care al poeta, ma anche era, per un uomo come lui, tutto che avesse i suoi quarant'anni suonati, cosa molto pericolosa. Il padre delle ragazze ne lo aveva avvertito, ma invano. Accadde quel che doveva accadere, che cioè il poeta s'innamorò; e benchè la ragazza gli dicesse chiaro e tondo che un poeta di quarant'anni e povero non poteva sperare da lei nient'altro che stima e amicizia, non ci fu verso; seguitò per oltre un anno e mezzo a proseguirla delle sue furie amorose. Tant'è, non sapeva capacitarsi che un uomo come lui, al quale nessuna donna avea detto di no, dovesse trovare proprio a Londra la fenice del genere. Fece e scrisse una quantità di pazzie; minacciò di ammazzarsi; ma il buon senso, la fermezza e la calma della fanciulla finirono, dopo una serie di

Vita Ital. Rivol. francese e Impero.

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lezioni abbastanza dure, col richiamarlo alla ragione.

Non tutto il male viene per nuocere.

Dalla lettura del Petrarca fatta in casa Russell, nacquero i Saggi sul Petrarca, cioè la migliore opera che Ugo scrivesse a Londra, quella che lo rivelò sotto un aspetto nuovo, l'aspetto del critico. Chi pensi alle condizioni di tempo e di luogo nelle quali il Foscolo scrisse questi saggi, e i discorsi sul testo di Dante e del Boccaccio, non può non restare meravigliato, non dico della dottrina, ma dell' intuito felice col quale egli vide molte cose, che il progresso degli studi critici dovea poi dimostrar vere. E chi pensi alle condizioni domestiche e di salute nelle quali egli dovè attendere a questi ed altri lavori, la sua meraviglia si cambierà in istupore. Il Foscolo, dissi, era nato poeta. Strappato dalle necessità della vita alla poesia, e costretto a scrivere della prosa pe' librai e pei giornalisti, applicò la potente visione poetica allo studio delle opere altrui, e divenne critico nuovo e potente; lasciatemi dire, l'instauratore della critica nella nostra letteratura.

Un giorno si presentò a lui una vecchia dama in compagnia di una giovinetta, e gli disse: Ecco, signore, questa è vostra figlia; io, sua nonna, la affido a voi, e vi affido insieme la piccola dote che ho potuto assegnarle.

La giovinetta, che poteva avere sedici o diciassette anni, era frutto dell'amore che il poeta, come accennai, ebbe con una signora inglese nel tempo che militò in Francia. Ugo accolse con lieto animo la figlia, e pensò a mettere in luogo sicuro la dote. Così non ci avesse pensato! Gli venne l'idea di fabbricare, di fabbricarsi la casa, che doveva essere l'asilo della sua vecchiezza, e, morto lui, il patrimonio della figlia: ne fece il disegno da sè, e da sè attese a mobiliarla e adornarla con l'eleganza di un artista.

Come andasse non so, il fatto è che prima ancora che la casa fosse finita, si trovò in tali angustie, che dovè ricorrere per aiuto agli amici; e Lady Dacre, una donna d'alto animo e d'ingegno, che gli voleva bene e lo ammirava, promosse una sottoscrizione per un corso di letture, che gli accrebbero riputazione e gli fruttarono. circa un migliaio di sterline. Si figurò di potere con queste accomodare tutte le sue faccende e

rimanere un signore. Ciò accadeva nel 3 marzo del 1823. Ai primi del 1824 alcuni creditori lanciarono contro di lui un mandato d'arresto; ed egli, per sottrarsi alle loro persecuzioni, dovè abbandonare di nascosto la propria casa, e andare errando dall' uno all' altro dei più poveri quartieri della città.

Le fatiche e i dispiaceri gli avevano rovinato la salute. Non visse più che quattro anni non interi; e furono quattro anni di patimenti inauditi, materiali e morali. Più d'una volta, mal reggendosi in piedi, dovè andare attorno vendendo qualcuno dei suoi libri, per potersi sfamare. Tanto sentiva di non essere più lui, che nascose il proprio nome sotto quello della figlia. Se furono grandi i suoi errori, fu anche grande l'espiazione; e sopportata eroicamente.

Quella che ho tentato di adombrarvi non è certamente, o signore, o signori, la vita di un uomo savio, nel significato che si dà usualmente a questa parola; ma se è bene che la grande maggioranza della società sia di uomini savi, non è male che di tratto in tratto sorga fra essi qualche pazzo, chiamiamolo pure così, cioè no, diamogli il suo vero nome, qualche eroe, qual

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