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che gli parlavan d'amore, nulla di più facile che restasse preso della bellissima Gentucca, la quale del rimanente è tutt' una con la Casentinese, o Alpigianina, o Montanina che si dica. Il Serafini ha voluto ritessere la genuina storia degli amori di Dante, e giudicheranno i lettori se vi sia riuscito.

Alle tre Dissertazioni segue il Canzoniere diviso in quattro parti; e dalla prima in fuori, ove son tutte le poesie per Beatrice o relative al tempo di questa sua passione, la seconda contiene poesie morali, la terza gli amori con Gentucca degli Antelminelli, la quarta rime di dubbia autorità, che si riducono a soli quattro componimenti, due sonetti e due ballate. Sotto ad ogni poesia vi sono apposte copiosissime note, dove trovansi accolte le più minute varianti, sì di codici come di stampe, e vi si ragiona del più o men valore che hanno le une verso le altre, e del perchè sia stata fra sì varie lezioni preferita questa, ripudiata quella. Viene da ultimo il Commento, che spesso è d'accordo con quel che dissero i precedenti espositori, ma le più volte se ne allontana e li sbugiarda, non senza una previa mostra di ponderate ragioni, porgendoci in mano, per così dire, il filo d'Arianna in un laberinto di gratuite e contradittorie asserzioni. Nè era da aspettarsi meno da chi levò grido d'interprete sì competente della poesia dantesca per alcune sue preziose glosse ai più difficili e controversi luoghi della Divina Commedia. Degna è pure di considerazione fra i tentati migliora

menti la punteggiatura qua e là rifatta contro la più comune finor seguíta, da cui emergeva un tutt'altro senso; onde non ha poi torto chi disse, che fin le virgole qualche volta divengono idee.

Il tramestío di studi danteschi, più veramente archeologici che estetici, è ora al colmo; la poesia ha ceduto il posto alla prosa. Il libro poi della Divina Commedia è il mare magno dove più navigano i Colombo della critica in cerca di nuove terre, dal vecchio Anonimo al veneto Gondoliere. Se oggi si è preteso d' indovinare tutto ciò che disse Dante con parlar coperto, e di fargli anche dire quel che mai non pensò, domani si vorrà sapere il motivo di non averci detto quel che avrebbe dovuto dire, a proposito d'inesplicabili omissioni storiche: per esempio di essersi tacitamente passato d'un Arnaldo da Brescia, o d'un san Luigi di Francia; di non aver mai ricordati Leone I, III e IX, Niccola I, Gregorio VII, Urbano II, Alessandro III, Innocenzo III e IV, che furono sì bravi pontefici; nè toccato un sol motto di Arrigo IV e di papa Ildebrando, le due più auguste personificazioni e le più fatidiche della secolar lotta fra lo scettro e il pastorale. Io, quanto a me, confesso la mia pecca, mentre (come di sè affermava non so chi altri) io ho letto sempre la Divina Commedia da vero egoista, avendo impiegato ad ammirare i luoghi splendidi quel tempo che gli studiosi impiegano a intendere i luoghi oscuri.

Torniamo al Canzoniere per venirne speditamente

alla conclusione. Panfilo Serafini non è da mettersi in mazzo con la folla de' dantofili sognatori, e il suo lavoro, se non m'inganna l' affezione all' estinto per la non breve dimestichezza che ho presa con le note del suo pensiero, mi pare che debba trovar grazia presso l'universale. La pubblicazione d'un tal libro, diversa per avventura e singolare da quante ce ne diluviano d'ogni parte, produrrà, se altro non vuolsi, due buoni effetti: onorare la memoria d'un sapiente non men che infelice patriotto, e testimoniar sempre vivo il culto degl' Italiani alle opere del loro maggior poeta.

Firenze, 1o del 1883.

ETTORE MARCUCCI.

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DISSERTAZIONE PRIMA.

GLI AMORI CON BEATRICE PORTINARI.

§ I. Dante Alighieri nel febbraio del 1274, quasi alla fine del nono anno di sua età, fu preso d'amore per Bice o Beatrice di Folco Portinari, e di quest' amore disse per rima finchè gli bastò la vita. In sulla primavera del 1294 raccolse le rime fino a quell' ora scritte, ponendole per ordine cronologico, ed a chiosa, di ciascuna dividendo le parti e narrando la cagione. Al libretto diede il titolo di Vita Nuova ; e perchè tratta della sua prima età, corsa per venticinque anni, dal giugno 1265 al giugno 1290, allorchè la Beatrice andossene al secolo immortale; e perchè dice fervida e passionatamente d'amore, come si fa in proprio o si condona all' adolescenza. Ed ei lo scrisse in volgare di sì, e, toccando, come per appendice, d'un amore figurato ad una donna del tutto ideale, non ne dischiuse il senso allegorico; sì perchè, dicendo d'amore, parlava a persone laicali che non avevano il latino; come perchè, da una parte i dicitori per rima non si ardivano a spaziare oltre le cose d'amore, e dall'altra i lettori non così leggermente sarebbonsi lasciati andare all'animo che Dante si fosse rivolto dall'amore per la figlia di Folco Portinari a quello per la Filosofia.

Intorno al nome di Beatrice, come intorno al nome e cognome di Dante Alighieri, faremo parola nella Lezione della Vita Nuova, § II.

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