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verace amore. Avendo l' Alighieri aperto assai la sua condizione, e non potendo aver più quei saluti che di tanto lo facevano beato, si credette tacere finchè gli convenne ripigliare materia nova e più nobile che la passata, e così trasse fuori le Nuove Rime, incominciando:

Donne, ch'avete intelletto d'amore.

Per questa canzone, onde lo stesso Alighieri più volte si levava in compiacenza di sè stesso,' si alzava la Musa italiana ad un'altezza, a cui non s'era appressata ancora. Ma, quello ch'è da notare, sembra che in questa canzone siano gittati i primi semi della Divina Commedia, e che essa non sia anteriore al 1289 allorchè moriva Ugolino di una orrenda morte di fame, e cadeva la gentil coppia di Arimini, dei quali due fatti abbiamo i due più belli episodi nell' Inferno.

A quest'anno medesimo del 1289 l' Alighieri pugnava francamente a Campaldino, ed era poscia all'assedio di Caprona contra i Pisani, e passava al gran secolo Folco Portinari l'ultimo giorno del dicembre. L' Alighieri pianse la morte del padre di Beatrice, e pare che in tale occasione avesse detto i due sonetti che cominciano:

Onde venite voi così pensose?

Voi, donne, che pietoso atto mostrate.

Forse Dante, allorchè in questo libretto di Vita Nuova assembrava le parole, che andava leggendo nel libro della sua memoria, pose il meglio in luogo del buono, e perciò lasciò da parte questi due sonetti per altri due più belli. § VI. Nel principio del 1290, allorchè disse la canzone:

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Donna pietosa e di novella etate,

ancora temeva di porre il nome di Beatrice nelle sue rime apertamente, ma poco appresso accompagnollo a quello di Giovanna, l'amata da Guido Cavalcanti, ed all' altro di

Vedi il Purgatorio, XXIV; e la Volgare Eloquenza, lib. II.

un' amata da Lapo Gianni, in due sonetti non riferiti nella Vita Nuova, e che cominciano :

Di donne io vidi una gentile schiera.

Guido, vorrei che tu e Lapo ed io.

Per questi due sonetti e per un altro riferito nella Vita Nuova diremo che nell' Ognissanti del 1289 l' Alighieri, andato in predicazione di primo poeta d'Italia per le Nuove Rime, e caro a tutti e più alle gentili donne per cavalleresche prove di valore, e pei suoi teneri e sublimi affetti, vedea la donna della sua mente farsi più benigna e piana ed aggiungersi compagna alla donna del secondo poeta d'Italia e primo dei suoi amici; e che ai principii del 1290 svelava, la Vanna e Lagia e Bice del perduto serventese non esser altre dalle amiche di lui e dei suoi cari Cavalcanti e Lapo.

§ VII. Nel dì 9 giugno 1290 il Signore della Gloria volle avere a sè la Beatrice. In quale disconforto si fosse lasciato andar l' Alighieri, non è da dire, perciocchè il déttone da lui, e dal Boccaccio, quantunque sembri spaziarsi oltre i termini d'un naturale dolore, forse non aggiunge al vero. Fecero vana opera di recarlo a conforto gli amici suoi, massime il Cavalcanti che gli scrisse il sonetto, del quale poniamo il principio:

Io vegno il giorno a te infinite volte,

E truòvoti posar troppo vilmente:
Molto mi duol della gentil tua mente
E d'assai tue virtù che ti son tolte.

Così, gittatosi al disperato, ma uomo di viva fede, fece prova di rendersi Frate Minore dell' Ordine Francescano, se il Buti ci disse il vero, chè a ciò provare mal sapremmo trarre argomento dalla corda simbolica, onde l'Alighieri alcuna volta pensò di prendere la leggiera lonza e prese Gerione dalla benigna pelle.1 Allorchè si usciva di tale

Cf. Inferno, I e XVI. Questa corda non ha che fare con quella de' Cordiglieri, e non se ne cingeva allegoricamente l'Alighieri contro la lussuria. È simbolo di lealtà e di vincolo sociale contro la frode (simboleggiata tanto nella lonza quanto in Gerione).

sconforto, noi vediamo l' Alighieri non aver cagione di questo infratarsi, ed anzi menar moglie una Gemma de' Donati, e venirsi ad un tempo infiammando al fuoco purissimo di una gentil donna, posta a figura della Filosofia.

Tale disconforto alimentò l'animo di Dante fino al settembre del 1293, cioè per due rivolte della stella di Venere in quel suo cerchio che la fa parere serotina e matutina, secondo i due diversi tempi; le quali due rivolte in sè chiudono lo spazio di un trentanove mesi. Di ciò testimonia lo stesso Alighieri nel Convito, là dove fa una stessa cosa il suo volgersi allo studio della Filosofia, e quello all'amore della Gentil Donna Pietosa della Vita Nuova,' e si pone esser altro da questo periodo a quello di circa un anno, in cui dassi a cercare conforto filosoficamente nei volumi morali di Cicerone e di Boezio per forma che l'animo suo contende fra l'amore alla morta Beatrice e quello alla Gentil Donna Pietosa della Vita Nuova; come si pone esser altri questi due periodi da un terzo di trenta mesi, nel quale ad entrar pienamente il santuario della Filosofia va nelle scuole dei religiosi ed alle disputazioni dei filosofanti.3

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§ VIII. Dante fa termine alla Vita Nuova, narrando il suo rivolgersi all' amore di una Gentil Donna Pietosa, che dal Convito sappiamo esser posta a figura della Filosofia, ed il suo contendere fra l'amore naturale che lo teneva in disconforto, coll' allegorico il quale a consolazione lo voleva trarre; finchè si travede l'unità di queste due donne in quella Beatrice beata della Divina Commedia, la quale poi visse in terra coll'anima di Dante fino al settembre 1321, e senza tempo vive cogl'indiati nel Cielo.

Tale contendere dell' animo di Dante fra i due amori, cominciato forse al settembre del 1293, un trentanove mesi dopo i 9 di giugno 1290, non può dilungarsi ad oltre otto,

1 Convito, Tratt. II, c. II e XIII. Cf. ancora il Tratt. I, c. I, II, III, ec. 2 Opera citata, e Vita Nuova, § XI a XXXIV.

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Convito, Tratt. II, cap. XIII. È incredibile la confusione del Balbo, Fraticelli, ec. su questa parte cronologica della vita di Dante. La durata dello sconforto si conferma dal Boccaccio, che la fa terminare col matrimonio colla Gemma Donati, il quale va ben posto alla fine del 1293, perchè Dante al tempo dell'esilio, 1302, ne aveva un sette figli.

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nè a meno di sei mesi, e perciò la Vita Nuova non può farsi scrivere che a primavera del 1294, allorchè non era che incominciato il fervido studio della Filosofia per i trenta mesi nelle scuole dei religiosi, ed alle disputazioni dei filosofanti.' E ben l' Alighieri ci dice nel Convito, ch'egli cercò i volumi filosofico-morali di Cicerone e di Boezio quando non aveva che la Grammatica; e scrisse la Vita Nuova, quando non aveva ancora scienza, e vedeva le cose quasi sognando; come al termine della Vita Nuova dice che studiava per dire di Beatrice, già veduta come tipo della Celeste Sapienza secondo il concetto della Divina Commedia, ciò che non era stato mai detto d'alcuna donna. Non fu scritta perciò la Vita Nuova ai principii del 1293, come scrisse l' Arrivabene ed altri; non nel 1292, come volle il Balbo; non al 1291, come fu di credere il Boccaccio seguíto dal Fraticelli; nè ai principii del 1290, come stranamente volle tenere il Biscioni; molto meno nel 1281, come stranissimamente slogicava il Rossetti.

§ IX.- La Vita Nuova fu scritta ad un amico, al cui conforto l'avea posta l'Alighieri tutta in volgare italiano. Si tiene che questo amico fosse Guido Cavalcanti; ma si può sospettare che fosse Brunetto Latini. In questa Vita Nuova l'Alighieri ha più volte parlato del Cavalcanti e dell'amica di costui Giovanna; e lo ha fatto singolare dagli altri dicendolo il primo amico, ed il primo dei suoi amici, come conta per suo secondo amico il fratello di Beatrice.3 Se poniamo un po' mente che secondo l'Alighieri non sia affezione che possa stare ad uguale con quella ch'è fra padre e figli, concluderemo che Guido Cavalcanti fu primo degli amici dell' Alighieri, perchè gli tenne luogo di padre; e per lo simile il fratello di Beatrice fu amico a Dante immediatamente dopo il primo dal perchè Beatrice e Dante,

Perchè cominciato tale studio, vediamo che più volte è citato Aristotile nella Vita Nuova; e talvolta se ne citano le sentenze se non il nome ed i libri. Perciò Dante così conchiudeva il libretto: «<e di venire a ciò io studio quanto posso sì come ella sa veracemente. » 2 Convito, Tratt. II, cap. XIII.

Vedi il § 3, 24, 25 e 33.

in virtù del loro amore, e perciò dell' amore ideale delle anime loro, sono a tenere per una cosa medesima per forma che il fratello dell' una era quasi fratello dell' altro. Da ciò possiamo trarre due conseguenze: la prima che l'amico, il quale confortò Dante a scrivere in italiano la Vita Nuova, è indicato e quasi definito in modo che si può fare propriissimo al Cavalcanti. Secondamente, che fino alla pubblicazione della Vita Nuova il Latini, se fu amico, non fu il primo nè il secondo degli amici al nostro poeta, e perciò molto meno fu suo maestro e quasi padre.

Nell' Inferno abbiamo questo passo:

Piangendo disse: Se per questo cieco
Carcere vai per altezza d'ingegno,

Mio figlio ov'è? E perchè non è teco?
Ed io a lui: Da me stesso non vegno:
Colui che attende là per qui mi mena,
Forse cui Guido vostro ebbe a disdegno.1

Non potendosi approvare le ragioni tirate in campo ad aprire perchè il Cavalcanti ebbe forse a disdegno Virgilio, bisogna concludere che la sola ragione di un tale disdegno sia quella, dedotta dalle parole di Dante consegnate nella Vita Nuova, che Guido non amasse la lingua latina. Così crede il Fraticelli, e perciò se questa sua ragione tenesse, dovremmo concludere che il Cavalcanti e non altri avesse confortato a porre la Vita Nuova solamente in volgare, e che a lui e non ad altro amico la mandasse. A me pare che questo argomento non sia di poco peso, perciocchè le due interpretazioni del passo dantesco riferite ed escluse. dal Fraticelli non sono tutte quelle che finora sono state fatte o che possono farsi, nè la ragione del disdegno di Guido, creduta dal Fraticelli, sarebbe la sola possibile, ove fossero dischiuse tutte le altre finora addotte dai commentatori.

Se Dante avesse fatto il viaggio allegorico sotto la condotta di Virgilio soltanto perchè amava il latino, potrebbe sospettarsi che non gli si fosse aggiunto a compagno l'amico

1 Canto X, v. 62 e seg.

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