Sayfadaki görseller
PDF
ePub

SONETTO XXXVI.

Risponde a Giovanni Quirino, confortandolo a spregiare i beni vani e guardare al secolo futuro.

Lo re che merta i suoi servi a ristoro
Con abbondanza, e vince ogni misura,
Mi fa lasciare la fiera rancura,

E drizzar gli occhi al sommo Concistoro.
E qui pensando al glorioso coro
Dei cittadin della Cittade pura,
Laudando il Creatore, io creatura
Di più laudarlo sempre m' innamoro.

Chè, s'io contemplo il gran premio venturo,
A che Dio chiama la cristiana prole,
Per me nient'altro che questo si vuole:
Ma di te, caro amico, sì mi duole,
Che non rispetti al secolo futuro,
E perdi per lo vano il ben sicuro.

PARTE TERZA.

GLI AMORI CON GENTUCCA DEGLI ANTELMINELLI.

CANZONE XIII.

Dice di essere nuovamente innamorato, essendo preso di Gentucca degli Antelminelli.

La Canzone è drizzata a Moroello Malaspina nel 1306.

Amor, dacchè convien pur, ch'io mi doglia, Perchè la gente m'oda,

E mostri me d'ogni virtute spento;

Dàmmi sapere a pianger com' ho voglia,1
Sì che il duol che si snoda

Portin le mie parole, come 'l sento."

Tu vuoi ch'io muoia ed io ne son contento; Ma chi mi scuserà, s' io non so dire

Ciò che mi fai sentire? 3

Chi crederà, ch'io sia omai sì còlto?

Ma se mi dài parlar quant' ho tormento,*
Fa', mio Signor, che innanzi al mio morire,
Questa rïa per me nol possa udire;
Chè, se intendesse ciò, ch' io dentro ascolto,
Pietà faría men bello il suo bel volto.

Io non posso fuggir, ch' ella non vegna
Nella immagine mia,

Se non come il pensier che la vi mena.

L'anima folle che al suo mal s'ingegna,
Com'ella è bella e ria,

Così dipinge, e forma la sua pena;

Poi la riguarda, e, quand'ella è ben piena
Del gran desío, che dagli occhi le tira,
Incontro a sè s'adira,

Che ha fatto il foco, ov'ella 5 trista incende.
Quale argomento di ragion raffrena,
Ove tanta tempesta in me si gira?"
L'angoscia che non cape dentro, spira
Fuor della bocca sì, ch'ella s'intende,
Ed anche agli occhi lor merito rende.
La nemica figura che rimane
Vittoriosa e fera,

E signoreggia la virtù che vuole,
Vaga di se medesma, andar mi fane.
Colà, dov' ella è vera,

7

Come simile a simil correr suole:

Ben conosch'io, che va la neve al sole;
Ma più non posso: fo come colui
Che, nel potere altrui,

Va co' suoi piè colà, dov' egli è morto:
Quando son presso, parmi udir parole
Dicer: Via via, vedrai morir costui?
Allor mi volgo per vedere, a cui

8

Mi raccomandi: a tanto sono scôrto

Dagli occhi che m'ancidono a gran torto! Qual io divegna, sì feruto, Amore,

9

Saitilo tu, non io,

Che rimani a veder me senza vita;

E, se l'anima torna poscia al core,
Ignoranza ed oblio

Stato è con lei, mentre ch'ella è partita:
Com' io risurgo, e miro 10 la ferita

Che mi disfece quand' io fui percosso,
Confortar non mi posso

Sì, ch' io non tremi tutto di paura:

11

E mostra poi la faccia scolorita,

Qual fu quel tuono che mi giunse addosso;
Chè, se con dolce riso è stato mosso,
Lunga fïata poi rimane oscura,

Perchè lo spirto non si rassicura.

Così m'hai concio, Amore, in mezzo l'Alpi
Nella valle del fiume,

Lungo il qual sempre sopra me sei forte;
Qui vivo e morto, come vuoi mi palpi
Mercè del fiero lume,

Che, sfolgorando, fa via alla morte.
Lasso! non donne qui, non genti accorte
Vegg' io, a cui incresca del mio male:
Se a costei non ne cale,

Non spero aver da altrui giammai soccorso;
E questa sbandeggiata di tua corte,
Signor, non cura colpo di tuo strale:
Fatto ha d'orgoglio al petto schermo tale,
Ch'ogni saetta li spunta suo corso;
Per che l'armato cuor da nulla è morso.
O montanina mia Canzon, tu vai;
Forse vedrai Fiorenza, la mia terra,
Che fuor di sè mi serra,

Vôta d'amore e nuda di pietate.

Se dentro v'entri, va' dicendo: Omai
Non vi può fare il mio signor 13 più guerra:
Là, d'ond' io vegno," una catena il serra
Tal che, se piega vostra crudeltate,
Non ha di ritornar qui 15 libertate.

com' ho voglia. Così porta il Cod. Riccardiano 1100, seguíto dal Giu

12

liani. Altri testi hanno: come i'voglia, e questa lezione pure potrebbe

seguirsi. La volgata legge: come voglia.

2 Portin le mie parole, come 'l sento. Alcuni pongono porti in luogo di portin, e così tengono le mie parole per oggetto ed il duolo per soggetto della proposizione. L'Alighieri però vuol fare aperto il suo dolore per mezzo delle sue rime, e vuol esprimerlo come sentivalo; e ciò non sa fare senza l'aiuto di Amore che lo tormenta. In quanto alla forza del verbo portare in questo passo, abbiamo nel XVIII canto del Purgatorio:

Ond'io: Maestro, il mio veder s'avviva Si nel tuo lume, ch'io discerno chiaro Quanto la tua ragion porti o descriva. Dante è quel poeta che dice come sente, siccome rispondeva a Buonagiunta :

Io mi son un, che quando Amor mi spira, noto; ed a quel modo Che detta dentro, vo significando.

La lezione rifiutata forse nacque dalla erronea scrittura degli antichi Codici che seguono la n con lineetta segnata sulla sillaba che la richiede.

8 sentire. Dovesse stare soffrire? quant' ho tormento. Ho sciolto il quanto de' Codici in quant' ho, perchè non si tenesse tormento per oggetto di dài. Altri pongono: come tormento. E questa lezione va rifiutata per la ragione già detta che mi ha fatto supplire il verbo ho.

5 ov'ella. Altri: ond'ella. Questa lezione è bonissima, però non sap

piamo se possa preferirsi alla co

mune.

6 si gira. II Cod. Riccardiano 1100 ha: s'aggira, e questa lezione dal Giuliani si vorrebbe messa innanzi alla comune; ma noi crediamo che no. L'aggirarsi contiene la relazione espressa da a, ad, e questa è superflua coll'in che precede me. 7 Come. Altri ha: Così.

8

a tanto. Altri male: e intanto. 9 Saitilo tu. Altri: sa' 'l contar tu. In questa lezione il sa''l, cioè, sai il, è variato in sa 'l, sàl, ec. La nostra lezione si concorda meglio con quanto segue, e pare che non siavi ragione a contare quello che Dante divenisse,

10 e miro. Altri hanno: e guato. Il guatare non dice quanto il mirare, che qui sta benissimo. Nel XXII dell'Inferno, abbiamo:

A lui che ancor mirava sua ferita,
Dimandò il Duca mio sanza dimoro.

11 E mostra. Altri male: E mostrai. 12 La lezione di questo verso è posta secondo il Cod. Palatino. Nella comune abbiamo diversa disposizione di parole: Non spero mai da altrui aver soccorso.

13 mio signor. Altri: mio fattor.

14 Là, d'ond'io vegno. Altri: Là ond' io vegno. Non bene, perchè là spesso in Dante forma un tutto con onde ed ove o dove, mentre qui va distinto da onde come elemento necessario al verbo serra. 15 qui. Altri: più.

SONETTO XXXVII.

Dice ch' era destinato a perire amando una pargoletta.

Chi guarderà giammai senza paura
Negli occhi d' esta bella pargoletta,
Che m'hanno concio sì, che non s'aspetta
Per me se non la morte che m'è dura?

« ÖncekiDevam »