grazia m' impetra ec. Perciò tolsi pure i due punti, e posi una semplice virgola dopo giulivo. appaga, prendendo così per congiuzione da unirsi al che della proposizione seguente. 3 Ho posta semplice virgola dopo SESTINA III. Gran nobiltà mi par vedere all'ombra E fermo nel suo amor come in mur pietra, Io posso dire ch'ella adorna l'erba, Io so che sarei più vile che pietra, E, sed io fossi così umile verde, Però ch' io son suo fior, suo frutto ed erba.3 Tutte le volte mi par uom mi colli, Più non desio, che sempre stare all'ombra 1 Qui comincia la grande oscurità di questa terzina, e ciò forse perchè la lezione è falsa. Ma in mancanza di Codici, osserva il Fraticelli, come correggerla? Per me ardisco far qualche cosa col timore di far peggio. In questo verso ho levato il punto dopo erba. Gentucca non dovea a Dante valere come un'erba qualunque, perchè non sarebbe vôlta a farlo men vile di pietra, anzi a levarlo in alto, ma come un'erba potentissima, com'erba magica la quale fu potente a drizzare monti e colli. E, se così non fosse, chi valse a drizzar monti e colli? Non certo Gentucca drizzò mai colli e monti. In conseguenza pongo il punto e virgola dopo colli, ove fa terminare il periodo a mezzo. 2 Sopra che ho posto l'accento, perchè rendesi ragione del detto innanzi. Porriane forse potrebbe cambiarsi in porriansi; però il ne qui può valere di noi (donna e signora di noi), e può valere di ciò (potente donna di fare tal cosa mirabile). 8 Questa sestina è oscura, ma forse per lo stile non molto schietto e limpido, e per la costruzione alquanto contorta. Abbiamo creduto far bene a metter punto dopo erba, e chiudere fra due virgole le parole così com' ella. Quell'animale, cui più piace l'ombra. Abbiamo così corretta la lezione volgata: Quell'anima, cui più vi piace l'ombra. Questa fa contro le leggi grammaticali, nè dà sentenza che possa entrarci nella mente. Secondo la nostra lezione, Dante mira fissamente l'ombra di Gentucca, come l'animale erbivoro mira l'erba che più gli piace. Ei la vedeva per forza di fantasia. CANZONE XIX. Dimostra che il suo cuore non muta per mutar di tempo. La Canzone fu scritta l'autunno del 1307. Io son venuto al punto della rota, 2 3 E la stella d'Amor ci sta 3 rimota 5 4 E quel pianeta, che conforta il gelo, Un sol pensier d'amore, ond' io son carco, 7 11 8 Un vento peregrin che l'aer turba, 13 Ritira al ciel per lo vento 1 che poggia, Dal paese d'Europa, che non perde E gli altri han posto alle lor voci tregue 16 Di lor natura, son d'amor disciolti, Chè gli dolci pensier non mi son tolti, 18 Che trasse fuor la virtù d' Arïete, Amor però di cor 22 non la mi tragge; Versan le vene le fumifere acque Per li vapor, che la terra ha nel ventre, Che l'abisso gli tira" suso in alto; Onde il cammino al bel giorno mi piacque, Che ora è fatto rivo e sarà mentre Che durerà del verno il grande assalto: La terra fa un suol che par di smalto, E l'acqua morta si converte in vetro Per la freddura che di fuor la serra: Ed io della mia guerra Non son però tornato un passo a retro,25 Nè vo' tornar, chè, se'l martiro è dolce, Canzone, or che sarà di me nell' altro Amore è solo in me e non altrove? Saranne quello ch'è 28 d'un uom di marmo, Se in pargoletta fia 29 Che l'orizzonte. Così leggiamo con la volgata. Parecchi Codici hanno: Dell'orizzonte. Il Giuliani, correggendo questa lezione, ha posto: Che all'orizzonte. Noi disapproviamo la correzione del Giuliani, perciocchè non necessaria. Il parto del cielo ingemmato può attribuirsi al sole, in quanto che le stelle appariscono in cielo la notte per l'assenza del sole dal nostro orizzonte; ma ci sembra più poetico far sì che l'orizzonte ci partorisca il cielo ingemmato. Se la lezione di parecchi Codici che hanno: Dell'orizzonte, non unisse incoerentemente orizzonte a rota, potrebbe sostenersi accettando nel terzo verso la lezione, e partorisce, se non che ci pare, che qui Dante non voglia semplicemente e direttamente determinare il tempo della sera. 2 Ci partorisce. Altri: Ne partorisce. Alcuni: E partorisce. Questa ultima lezione è in relazione con quella che al secondo verso ci dà Dell'orizzonte. In questo verso comunemente si legge il geminato cielo. Noi leggiamo l'ingemmato cielo col Giuliani. 3 ci sta. Altri: ne sta. le si. Altri: ella si. La stella d'amore si fa velo del raggio che la inforca; ma l'espressione è monca e quasi falsa. Bene però il raggio che inforca la stella di amore le si fa velo. per core un marmo. pianeta. Ma il titolo di bella conviene più alla stella di Venere che non a quella di Saturno. 6 dell' arena. Altri: della rena. E meglio scrivere per intero la voce arena, perchè noi dobbiamo per quanto si possa tenerci alla forma originaria delle parole. 8 7 Un vento. La volgata: Lo vento. or la riscalda. Altri: ora la scalda. 9 n'adduce. La comune lezione dà: conduce. Mi sembra errata. 10 sturba. Altri: turba. Altro è turbare ed altro sturbare o disturbare. 11 chiude e tutto salda. Altri leggono: chiude tutto e salda. 12 E poi si solve. Altri: Poi si risolve. 18 l'aer s'attrista tutto e piagne. Altri: l'aria si attrista tutta e piagne. E questa lezione è identica nel senso alla precedente. Alcuni poi leggono: l'aer s'attrista e tutto piagne. Qui tutto potrebbe avere una estensione maggiore di aer, e perciò potrebb'essere un soggetto di piagne. 1 al ciel per lo vento. Altri: in alto pel verno. Non rigetto nè approvo questa lezione che va meditata. Ben però ci pare che trattisi qui del vento peregrino, del quale parla al secondo verso. 15 Se già. Così leggiamo col Cod. Palatino. La volgata pone: Se ciò. Col giù si nota alcun che di passato, e col se già abbiamo un lad |