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PARTE QUARTA.

RIME DI DUBBIA AUTENTICITÀ.

SONETTO XLIV.

Togliete via le vostre porte omai
Ed entrerà costei che l'altre onora;
Chè questa donna, in cui pregio dimora,
Ed è possente e valorosa assai.

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Oimè, lasso, oimè! — Dimmi, che hai?
Io tremo sì che non potrei ancora.
Or ti conforta, ch' io sarotti ognora
Soccorso e vita, come udir saprai.

Io mi sento legar tutte mie posse
Dall' occulta virtù, che seco mena,
E veggio Amor che m'impromette pena.

Volgiti a me, ch' io son di piacer piena,

E solo addietro cogli le percosse,
Nè non dubbiar, che tosto fian rimosse.

BALLATA X.

Poichè saziar non posso gli occhi miei Di guardare a Madonna il suo bel viso, Mireròl tanto fiso,

Ch'io diverrò beato, lei guardando.

A guisa d'Angel che di sua natura
Stando in altura

Divien beato, sol guardando Iddio;
Così essendo umana creatura,
Guardando la figura

Di questa donna, che tiene il cor mio,

Potria beato divenir qui io:

Tanta è la sua virtù, che spande e porge,

Avvegna non la scorge

Se non chi lei onora desïando.

BALLATA XI.

In abito di saggia messaggiera,
Muovi, ballata, senza gir tardando,
A questa bella donna, a cui ti mando,
E dille quanto mia vita è leggiera.

Comincerai a dir che gli occhi miei,
Per riguardar sua angelica figura,
Solean portar corona di desiri;
Ora perchè non posson veder lei,
Li strugge Morte con tanta paura,
C'hanno fatto ghirlanda di martíri.
Lasso non so in qual parte li giri
Per lor diletto; sì che quasi morto
Mi troverai, se non rechi conforto
Da lei onde le fa' dolce preghiera.

SONETTO XLV.

Poichè, sguardando, il cor feriste in tanto
Di grave colpo, ch'io batto di vena,
Dio, per pietà or dàgli alcuna lena,
Che'l tristo spirto si rinvegna alquanto.

Or non mi vedi consumare in pianto
Gli occhi dolenti per soverchia pena,
La qual sì stretto alla morte mi mena,
Che già fuggir non posso in alcun canto?
Vedete, donna, s'io porto dolore,

E la mia voce s'è fatta sottile,

Chiamando a voi mercè sempre d'amore!

E se'l v' aggrada, donna mia gentile, Che questa doglia pur mi strugga il core, Eccomi apparecchiato servo umíle.

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COMENTO AL CANZONIERE.

PARTE PRIMA.

SONETTO I. A ciascun' alma presa e gentil core.

v. 1. presa, fatta prigione d'Amore, fedele d' Amore. v. 3. suo parvente, ciò che pare loro, lor parere, opinione. v. 5. atterzate, è ridotte in tre parti eguali, e volta la terza parte delle dodici ore della notte.

v. 6. ogni stella, tutte le stelle, escluso il sole, ci appaiono lucenti la notte.

Questo Sonetto sente della imitazione di Sordello. A Dante risposero vari, e massime Cino da Pistoia e Dante da Maiano.

BALLATA I.

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O voi che per la via d'Amor passate.

v. 1. Q voi ec. Concetto preso qui ed altrove da Geremia. Inferno, XXVIII, 130-133.

v. 6. ostello e chiave, accolgo e chiudo in me ogni dolore. Ricorda l' Ahi! serva Italia, di dolore ostello.

V. 7. per mia poca bontate, per quel poco di bontà ch'è in me, pel mio piccolo merito.

v. 12. leggiadro core, core gentile, amorevole.

v. 15. pover dimoro, sgomento, sconfortato mi rimango. V. 16. dottanza, è timore, come dotta. Il dubbio include timore.

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