v. 12. volta di tempo, mutazione e cangiamento di tempo. v. 13. che ha picciol tempo. Al termine della Canzone questa donna di poca età si dice pargoletta. È perciò la Pargoletta del Sonetto XXXVII e della Ballata VI ec. È quella Gentucca la quale nel 1300 non portava ancor benda. St. IV, v. 8. per le piagge, per i colli, o per le falde dei colli. Piaggia è detta la falda del colle, ove Dante uscito dalla selva selyaggia ripiglia la via della rettitudine, salendo obliquamente a destra. St. V, v. 3. Che ec., i quali vapori traggonsi dietro le acque fumifere d'abisso in alto a versar per le sorgenti. v. 4. Onde, delle quali acque (or fumifere) al bel giorno di primavera mi piacque (andandovi a diporto) il cammino, che ora (per le grandi piogge) è fatto rivo. v. 7. par di smalto, perchè a guisa di smalto risplende. v. 8. E l'acqua morta, l'acqua che ristagna, o non corre. Così la palude stigia è detta la morta gora. v. 11. Non son.... tornato, non mi sono arretrato d'un passo dalla guerra che Amore mi fa; non sono fuggito dalla battaglia che mi è sì dolce. Chiusa, v. 1 e 2. nell' altro Dolce tempo novello, al principio. della seconda primavera. Colla parola altro Dante ci dice, che era già passata una primavera sola dacchè aveva cominciato ad amare questa Pargoletta, cioè quella del 1307. SONETTO XLII. V. Io maledico il dì, ch' io vidi in prima. . 6 e 7, e i bei colori, Ch'i'ho per voi trovati. Si accenna alla forma intentata e nuova di molte poesie fatte per Gentucca. v. 12. si spergiura, si biasima e bestemmia. v. 14. tôr la ruota alla ventura, togliere alla Fortuna, che tutto volge e governa, la sua virtù di dominare e così volgere a mio talento il cuore di questa donna. BALLATA VII. —Per una ghirlandetta. v. 1. ghirlandetta. Si allude a quella stessa ghirlanda di fiori, incoronata della quale, Gentucca menò la danza con altre donne. v. 21. Una veste ec., una maniera tutta nuova di fare Ballate. E certamente questa Ballata è novissima non solo pel metro, ma per lo stile che spira una fragranza tutta greca. L'eleganza, la leggiadria, la grazia è tanta che vi luce dentro, da non potersi agguagliare; nè potevano venire se non dalla graziosissima Gentucca e dal desiderio di far cose nuove, onde era mosso nel 1307 l'Autore della Volgare Eloquenza. BALLATA VIII.-Madonna, quel Signor, che voi portate. v. 14 e 15. e con la rimembranza Del dolce loco e del soave fore. Pare che ricordi il Casentino, ed il presente ivi fattogli di qualche fiore. Questa cortesia forse fu usata a Dante negli ultimi giorni che fu in Valdarno, cosicchè ora la sua speranza è confortata, mentr'era stata tanto combattuta. v. 16 e 17. di nuovo colore Cerchiò la mente mia. Ciò perchè nel mezzo di sua mente rifulse un lume di letizia. BALLATA IX. Donne, io non so di che mi preghi Amore. v. 4. Nel mezzo ec. Nella Ballata precedente fu detto che il soave fiore gli cerchiò la mente di nuovo colore; or narra un simile effetto per la rimembranza della dolce mano e della fede pura. v. 7. Vero è, quantunque, però. D'ivi, cioè da' begli occhi. v. 7 e 8. un lago Dal cor. Nell'Inferno, I, 20, considera la cavità del cuore come un lago: Che nel lago del cor m'era durata. Ma qui dice che la saetta discesa dagli occhi di Gentucca nel suo cuore, vi asciuga un lago; e non certo un lago di sangue, ma uno di lagrime, perchè pare che le lagrime derivino dal cuore. In fatto, nel Sonetto XIX, dice che se non fossero i sospiri, le lagrime non uscendo più per gli occhi, gli affogherieno il cuore. CANZONE XX. La dispietata mente, che pur mira. Questa Canzone si crede scritta per Beatrice, ma io non so persuadermene, e n'ho buoni argomenti. Basta dire, che era in sua potestà tornare prima dell'esilio presso Beatrice, se volontariamente si era partito di Fiorenza. La suppongo scritta per Gentucca. St. I, v. 1. La dispietata mente ec. Dante, lontano dal Valdarno e da Gentucca, ricorda il dolce paese e il tempo felice del 1307 con profondo dolore. v. 12. vostra salute, un vostro saluto. St. II, v. 3. Poi, poichè. v. 4. mai non restringe il freno, non si arresta, ma si affretta. St. III, v. 11. gli risponda male, non gli corrisponda. v. 12. Cosa non è ec. Ricorda la dottrina sulla liberalità, della Canzone X, st. 6. St. V, v. 4. Ma ec., ma sappia il vostro saluto che la porta del core si trova serrata, e perciò non vi possono entrare se non i messi d'Amore, dalla cui virtù fu chiusa. SONETTO XLIII.- Se 'l bello aspetto non mi fosse tolto. v. 1. Se 'l bello aspetto. Era lontano dal Valdarno, e perciò gli era tolto di vedere Gentucca. Era forse già in Francia? v. 5. Ciò che mi grava ec. È l'esilio da Fiorenza. Non ha più speranza di tornare in patria. Quest'esilio però gli sarebbe leggiero a portare, se non gli fosse impedito di vedere Gentucca. Ciò che si dice qui, ha un riscontro in ciò che dicesi nella Canzone XI, scritta forse poche lune dopo di questo Sonetto. CANZONE XXI. Morte, poich' io non trovo a cui mi doglia. Questa Canzone si crede scritta per la malattia mortale di Beatrice. Ci pare impossibile, perchè Beatrice cadde malata e fu sì rapidamente rapita a questo secolo, che Dante ne conobbe la morte più tostamente che l'infermità. Perciò fu costretto rompere la Canzone che stava scrivendo in sua lode, cosicchè ce ne lasciò soltanto la prima stanza, che comincia : Si lungamente m'ha tenuto Amore. Vedi Vita Nuova, n. 28 e 29. St. I, v. 1. a cui mi doglia. Ciò Dante non potea dire in Fiorenza, quando parlava di Beatrice sempre alle donne gentili, e dove, alla morte di Beatrice, credeva la città dolentissima, e scriveva una epistola a' Principi della terra sua. v. 9. Face per faccia, contratto da facce. St. II, v. 5. alla pietà, all'atto dolente, che mostrano gli occhi miei; al dolore che manifesto cogli occhi. v. 8. 'l tormento, quello prodotto da colpo mortale. St. III, v. 9. ch'è cosa ec., la quale beltà è dono che lume di cielo adduce in degno suggetto. v. 13. la sua bella luce, i suoi begli occhi. St. IV, v. 4. Distendi, è il contrario di tendi, e perciò vale allenti. In tale senso l'usò pure nella Divina Commedia. Chiusa, v. 4. ragion piana ed umile, parlare e ragionare modesto ed umile. v. 9. le porte, le porte del cuore. FINE. INDICE DELLE RIME DEL CANZONIERE. A ciascun'alma presa e gentil core. Sonetto I, pag. 75; Comento, pag. 211. Amore e cor gentil sono una cosa. Sonetto VIII, 94; Comento, 219. Deh! nuvoletta che in ombra d'Amore. Ballata III, 83; Comento, 216. |