PARTE PRIMA. SONETTO I. Scrive nel 1283 ad altri poeti intorno ad una sua visione. A ciascun' alma presa e gentil core, Già eran quasi ch' atterzate l'ore 3 Allegro mi sembrava Amor, tenendo A ciò che. Così leggono i Codici Magliabechiano 1108, ed il Laurenziano 20, seguíti dal Fraticelli. La maggior parte dei testi e l' Edizione Pesarese leggono men bene: In ciò che. Dante nella narrazione dice di avere scritto il sonetto presente ai fedeli di amore, pregandoli che giudicassero la sua visione, e perciò 4 qui si vede significare il fine della venuta del dir presente coll' acciocchè. 2 n'è lucente. Così leggiamo coll'Edizione Pesarese e col Codice Pogliani. Il Fraticelli ha è più lucente, ma erroneamente. Egli spiega: vale a dire della notte, poichè nel giorno lo splendore delle stelle è vinto da quello del sole. Ma o qui è qui stione di apparenza o di verità secondo la dottrina di Dante e de' suoi tempi. Ora ogni stella, quantunque ricevesse lume dal sole secondo la dottrina dantesca, è sempre lucente, non già più lucente nella notte che nel giorno; e, poichè secondo l'Alighieri alla presenza del sole lo mezzo ch'è diafano, è tanto pieno di lume, ch'è vincente della stella,* dobbiamo dire che le stelle nella notte sono a noi lucenti sì, ma non più lucenti, mentre il giorno non ci lu- . cono affatto. Il Giuliani scrive: « Così, anzichè è più lucente, stimo doversi leggere col Cod. Pogliani, perchè quello è propriamente il tempo che il Cielo si rifà parvente per molte luci in che una risplende. Par., XX, 6. Nè v' ha qui paragone della luce del sole con quella delle stelle che, secondo la fisica dell' Alighieri, prendono dal sole tutte la loro luce, e possono tramandarcene il riverbero, sol quando il sole che illumina tutto il mondo, Dell' emisperio nostro si discende.» Altri legge: è nel lucente. 3 involta. Altri: avvolta. d'esto core. Così leggo col Fraticelli, perchè ci abbiamo un modo assai vivo e poetico. Diversi testi portano d'esso core. E questa lezione può stare in quanto il core fu già sopra determinato colla voce mio. BALLATA I. Finge d'essere addolorato per la partenza O voi che per la via d' Amor passate, S'egli è dolore1 alcun, quanto il mio, grave: E poi immaginate, S'io son d'ogni dolore ostello e chiave." Ma per sua nobiltate Mi pose in vita sì dolce e soave, Ch'io mi sentia dir dietro assai fïate: 3 Deh! per qual dignitate Così leggiadro questi lo cor have! Ora ho perduta tutta mia baldanza In guisa, che di dir mi vien dottanza. |