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Sicchè, volendo far, come coloro
Che per vergogna celan lor mancanza,
Di fuor mostro allegranza,

E dentro dallo cor mi struggo e ploro."

1 dolore. Altri: tormento.

2 d'ogni dolore ostello e chiave. Questa lezione del Codice Riccardiano 1054 è preferita dal Giuliani alla comune: d'ogni tormento ostello e chiave; perchè si riscontra meglio colla verità, e ricorda il verso del Purgatorio:

Ahi serva Italia, di dolore ostello.

3 dietro assai fiate. Molti testi e l'Edizione Pesarese pongono: dietro molte fiate. La voce fiata nel secolo XIV si faceva generalmente di tre sillabe, e così pure presso Dante. Però altrove è fatta di due nel verso: E, spesse fiate pensando la morte. Per dietro alcuni pongono drieto,

Deh! Altri: Dio, e così degnitate per dignitate.

5

E dentro dallo cor mi struggo e ploro. Così letto questo verso ci sembrerebbe di miglior suono, minuendosi la consonanza di core con ploro. La Edizione Pesarese legge: E dentro da lo cor mi stringo e ploro; ed altri ancora: E di dentro dal cor mi stringo e ploro. Queste due lezioni differiscono dalle due prime in quanto che pongono stringo in luogo di struggo. Altri finalmente leggono E dentro al core mi distruggo e ploro. Distruggo può stare benissimo al pari di struggo, ma non sembra potersi approvare stringo. Core va tronco per non fare una certa spiacevole consonanza con ploro.

SONETTO II.

Piange la morte di bella giovane amica di Beatrice.

Piangete, amanti, poichè piange Amore,
Udendo qual cagion lui fa plorare:

Amor sente a pietà donne chiamare,
Mostrando amaro duol per gli occhi fuore;
Perchè villana morte in gentil core
Ha messo il suo crudele adoperare,
Guastando ciò che al mondo è da lodare
In gentil donna, fuora dell' onore.1

Udite quanta Amor le fece 2 orranza;
Ch'io 'l vidi lamentare in forma vera
Sovra la morta immagine avvenente;

1

E riguardava in vêr lo ciel sovente,
Ove l'alma gentil già locata era,
Che' donna fu di sì gaia sembianza.

fuora dell'onore. Questa variante

fu introdotta nalla Edizione Sermattelli e Pesarese, ed adottata dal Fraticelli. Prima leggevasi 80vra dell' onore pel Biscioni e pel Pogliani. L'errore di tal lezione era evidente, perchè nasceva dalla confusione grafica di sovra con fuora, e perchè la bellezza non è da metter sopra dell'onore, oltra che l'espressione sarebbe infelicissima. Il Dionisi proponeva di leggere: suora

dell' onore, ma la bellezza la quale era guastata dalla morte, non è bene messa ad uguale dell' onore, cosicchè se ne possa dire sorella.

2

fece. Altri: face.

3 ch'io 'l vidi. Altri testi hanno: ch' io l'udii. Qui si dipinge un fatto che si mostra agli occhi e non si ascolta.

Che. Alcuni vi pongono l'accento sopra, mettendo innanzi due punti. Ma è punteggiatura erronea.

BALLATA II.

Tratta lo stesso argomento.

Morte villana, di pietà' nemica,

Di dolor madre antica,

Giudizio incontrastabile, gravoso,

Poic' hai data 2 materia al cor doglioso,
Ond' io vado pensoso,

Di te biasmar la lingua s' affatica.

E se di grazia ti vo' far mendica,3

Convenesi, ch'io dica*

Lo tuo fallir d'ogni torto tortoso;

5

Non però, che alla gente sia nascoso,
Ma per farne cruccioso

Chi d'amor per innanzi si nutrica.

Dal secolo hai partita cortesia,

E, ciò che in donna è da pregiar, virtute;
In gaia gioventute

Distrutta hai l'amorosa leggiadria.

Più non vo' discoprir qual donna sia,
Che per le proprietà sue conosciute:

Chi non merta salute,

Non speri mai d'aver sua compagnia.

di pietà. Alcuni: e di pietà.

2 Poic' hai data. Così trovasi nella divisione della Ballata, e così va, ponendosi la cagione del muoversi a biasimare la morte. La lezione comune è: Poi c'hai.

3 ti vo' far mendica. Così leggo con alcuni Codici a stampa e col Fraticelli. Altri testi hanno ti vuoi far mendica, ed il Giuliani tiene questa lezione, ch'è la volgata.

Il Giuliani a sostegno della propria opinione dice che « Dante presuppone che la Morte, non ostante i vituperi contro lei gittati, voglia ancora mendicar grazia. E però il poeta soggiunge, che gli conviene vituperarla, dicendo come il fallo di lei (per aver messo la crudele opera in sì gentil cuore) sia tortoso (iniquo) sopra ogni torto, ini

quissimo al maggior segno. » Ma pare che il biasmo accennato nei versi precedenti sia concluso in ciò che sta detto ne' versi i quali vengono appresso, e che far mendica di grazia voglia dire privare di graziv, non far ottener grazia. Per privare d'ogni grazia la morte non basta biasimarla in generale, ma bisogna dirla iniquissima al maggior segno.

Convenesi, ch'io dica. Altri: Conviene sì ch' io dica. E questa lezione è falsa pel senso incoerente. Altri bene: Conviene, che si dica, ma questa lezione si accompagnerebbe con la rifiutata del verso precedente.

5 però, che. Altri : perchè. Così alcuni propongono alle genti in luogo di alla gente.

SONETTO III.

Narra una visione.

Cavalcando l'altr' ier per un cammino,
Pensoso dell' andar che mi sgradia,
Trovai Amor nel mezzo della via,
In abito leggier di peregrino.

Nella sembianza mi parea meschino,
Come avesse perduto signoria;

E, sospirando, pensoso venia,

Per non veder là gente, a capo chino.
Quando mi vide, mi chiamò per nome,

E disse: Io vegno di lontana parte,
Ov'era lo tuo cor per mio volere,

E rècolo a servir nuovo piacere.
Allora presi di lui sì gran parte,
Ch' egli disparve, e non m' accorsi come.

CANZONE I.

Si duole simulatamente d'una donna amata a schermo.

Ei m'incresce di me sì duramente,'

Che altrettanto di doglia

Mi reca la pietà quanto il martiro.
Lasso! però che dolorosamente
Sento contra mia voglia

Raccoglier l'aer del sezza' sospiro

Entro quel cor, che i begli occhi feriro,

2

Quando gli aperse Amor con le sue mani

Per conducermi al tempo che mi sface.
Oimè quanto piani,

Soavi e dolci vêr me si levaro,

Quand' egli incominciaro

La morte mia che or tanto mi dispiace,
Dicendo: Il nostro lume porta pace.

Noi darem pace al core, a voi diletto,
Dicieno agli occhi miei

Quei della bella donna alcuna volta;
Ma, poichè sepper di loro intelletto,
Che per forza di lei

3

M' era la mente già ben tutta tolta,

4

Con la insegna d' Amor dieder la volta
Sì, che la lor vittoriosa vista

5

Non si rivide poi una fiata:

Ond' è rimasa trista

L'anima mia che n' attendea conforto;

Ed ora quasi morto,

Vede lo core, a cui era sposata,
E partir le conviene innamorata.
Innamorata se ne va, piangendo,
Fuora di questa vita

La sconsolata, chè la caccia Amore.
Ella si muove quinci, sì dolendo,
Ch' anzi la sua partita

L'ascolta con pietate il suo fattore.
Ristretta s'è entro il mezzo del core
Con quella vita che rimane spenta
Solo in quel punto, ch' ella sen va via:
E quivi si lamenta

D'Amor che fuor d' esto mondo la caccia;
E spesse volte abbraccia

Gli spiriti che piangon tuttavia,
Perocchè perdon la lor compagnia.
L'immagine di questa donna siede

Su nella mente ancora,

6

Ove la pose Amor ch' era sua guida;
E non le pesa del mal, ch' ella vede,
Anzi è vie più bella ora

Che mai, e vie più lieta par che rida;
Ed alza gli occhi micidiali, e grida
Verso colei che piange il suo partire:
Vatten, misera, fuor, vattene omai.
Questo gridò il desire

Che mi combatte così, come suole,
Avvegna che men duole,

Perocchè il mio sentire è meno assai,
Ed è più presso al terminar dei guai.

Lo giorno che costei nel mondo venne, Secondo che si trova

Nel libro della mente, che vien meno,
La mia persona parvola sostenne

Una passion nova,

Tal ch'io rimasi di paura pieno;

Ch'a tutte mie virtù fu posto un freno
Subitamente sì, ch'io caddi in terra,

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