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tribuire al figliuolo quello che da Dante nel Canto X dell' Inferno fu a messer Cavalcante suo padre attribuito. In effetto, di Guido assai diversamente ne parla nel suo Comento al detto luogo dell' Inferno, il qual Comento compose molto dopo il Decamerone (vedi il Biscioni nelle sue annotazioni alla Vita Nuova di Dante, fra le prose dello stesso Dante e del Boccaccio). Forse ancora in detta novella messer Giovanni riferi quello che allora credeva il popolo, il quale diffamava per eretico chiunque fosse degli altri più dotto, o nella fisica o nell'astronomia (vedi il Manni nell'Illustrazione del Decamerone, par. 2, cap. 61). >>

I

Guido fu versatissimo nelle Facoltà liberali, e specialmente nelle filosofiche discipline portò così oltre le sue cognizioni, che potè chiamarlo senza adulazione Giovanni Boccaccio: il principe dei filosofi. 2

Compose un libro di rettorica ed uno di filosofia, che sono andati smarriti. Ci sono rimaste le sue rime volgari, fra le quali quella sua famosa canzone dell'amore, fatta da lui in risposta ad un sonetto col quale Guido Orlandi, un rimatore di quei tempi, ricercavalo: Cosa fosse amore? Abbiamo visto più sopra da chi fosse stata commentata questa filosofica canzone di Guido.

Lorenzo il Magnifico, a proposito di Guido, così scriveva a D. Federigo d'Aragona: 3

« Riluce dopo costoro (fra Guittone e Guido Guinicelli) il dilicato Guido Cavalcanti fiorentino, sottilissimo dialettico e filosofo del suo secolo prestantissimo. Costui per certo come del corpo fu bello e leggiadro, così negli suoi scritti non so più che gli altri bello e gentile e peregrino rassembra, e nelle invenzioni acutissimo, magnifico, ammirabile, gravissimo nelle sentenze, copioso, rilevato nell'ordine, composto, saggio ed avveduto; le quali tutte sue beate virtù d'un vago, dolce e peregrino stile, come di preziosa veste, sono adorne, il quale, se in più spazioso campo si fosse esercitato, avrebbe senza dubbio i primi onori occupato. »

Ma tutte queste lodi non valgono le parole che Dante mette in bocca del padre di Guido:

:. se per questo cieco

Carcere vai per altezza d'ingegno,
Mio figlio ov'è, o perchè non è teco?

1 Memorie per servire alla vita di Dante Alighieri ed alla storia della sua famiglia, raccolte da Giuseppe Pelli, patrizio fiorentino; seconda edizione notabilmente accresciuta. Firenze, presso Guglielmo Piatti, MDCCCXXIII, in-8, pag. 81.

Istoria degli scrittori fiorentini, opera po

stuma del p. Giulio Negri ferrarese. In Ferrara, per Bernardino Pomatelli, stampatore vescovale, MDCCXXI, in-fol., pag. 318.

Poesie di Lorenzo de' Medici. Firenze, 1859, edizione diamante, Barbèra, a pagine 30-31.

E bellamente Benvenuto commenta questi versi e gli altri più

appresso:

Le sue parole, e 'l modo della pena

Mi avevan di costui già letto il nome

dicendo: «< Dante si accorse che parlasse Cavalcante di suo figlio Guido, perchè allora in Firenze non eravi altro ingegno che lo arri

vasse. »

Anche di Guido parla Dante nel Canto XI del Purgatorio, versi 94 e seguenti:

Così ha tolto l'uno all'altro Guido
La gloria della lingua:

(cioè Guido Cavalcanti a Guido Guinicelli)

e forse è nato

Chi l'uno e l'altro caccerà di nido.

«È certo che quivi Dante parla di sè medesimo (Varchi Ercolano, pag. 210, ediz. di Firenze del 1730, in-4), non del Petrarca, come vuole il Vellutello, perchè questi era bambino quando Dante scrisse la Commedia, essendo nato nel maggio 1304 (Tomasini, Petrarca redivivo, cap. I). »

I

Fra le tante interpretazioni sul verso

Forse cui Guido vostro ebbe a disdegno

la più elegante, sebbene un po' troppo raffinata, ci è data da Giambattista Gelli nella lezione terza della sua quinta lettura sulla Divina Commedia.

Ecco il commento del Gelli:

Piangendo disse; se per questo cieco
Carcere vai per altezza d'ingegno,

Mio figlio ov'è? o perchè non è teco?

<< Io vi ho dimostrato molte volte, ascoltatori nobilissimi, con più ragioni, che la intenzion del nostro Poeta in questa sua opera è descrivere uno inferno morale, e non essenziale e reale; cioè di mostrare agli uomini in che stato e in che miseria conducono i vizi, e universalmente e particolarmente, quegli che si lascian vincere e supe rare da loro. E s'ei fusse alcuno che non gli fusser parute sufficienti

1 Pelli, Memorie per servire alla vita di Dante, ecc., pagg. 81-82.

le ragioni ch'io ho addotte a provar tali cose, eccone or qui l'autorità del Poeta stesso, non volendo significar altro il dirgli M. Cavalcante, se tu vai per questo cieco carcere per altezza d'ingegno, se non: se tu sei entrato in questa speculazione dei vizi col tuo ingegno mediante gli studi delle cose morali, perchè non ha fatto il simile il mio figliuolo, che attendeva pure ancora egli a gli studi di filosofia? Al che dice il testo che rispose il nostro Poeta:

da me stesso non vegno:

Colui che attende là, per qui mi mena,

Forse cui Guido vostro ebbe a disdegno.

« E questo era Virgilio, sua guida, che lo aspettava: dimostrandogli che il suo Guido poteva essere entrato molto bene ancora egli nella cognizione dei vizi filosoficamente, ma ch'ei non vi era entrato figuratamente e sotto velame poetico, come aveva fatto egli; perciò che Guido aveva avuto la poesia a disdegno, cioè non vi aveva mai dato opera, nè stimatola. »

I

Guido fu genero di messer Farinata degli Uberti, e nemico acerrimo di Corso Donati, col quale ebbe molte brighe. Guido fu cortese e ardito, ma sdegnoso e solitario ed intento allo studio, come ci dice il Compagni. «La novella degli scacchi e del fanciullo da lui battuto per istizza, che si legge nel Sacchetti, e l'altra del Decamerone in cui con un motto pungente fugge la compagnia di alcuni fiorentini e s'aggira solitario per le tombe, se anche non sono vere, ci lasciano credere alla sua irascibilità e al suo amore per la solitudine; forse hanno riscontro colle altre novelle del fabbro e dell'asinaio per Dante. >>

2

Questa sua indole altiera, banditi gli ordinamenti di giustizia del 1293, lo tenne lontano dagli uffici pubblici, perchè ei, nobile, non volle ascriversi a nessun' arte. Ed anche per essa fu sempre nemico di Corso Donati che voleva soverchiare ogni altro cittadino della sua città. Tra il 1295 e il 1296 Guido andò in pellegrinaggio a San Jacopo di Compostella in Galizia. Partendo, Corso tentò di farlo assassinare. Guido tornò dal suo viaggio con due sentimenti nell'animo, amore e odio; amore per la sua Mandetta conosciuta a Tolosa, odio contro Corso, memore del tentato assassinio. Così, accostandosi ai Cerchi, fu due volte in risse tra Cerchi e Donati. Fu poi uno dei principali cerchiensi nella zuffa del calen di maggio del 1300. Guido allora, coi

1 Letture edite ed inedite di Giovan Battista Gelli sopra la Commedia di Dante, raccolte per cura di Carlo Negroni. Firenze, fratelli Bocca, 1887, 2 vol. in-8 gr., pa

gine 612-613, vol. 1o.

2 Pietro Ercole, Rime di Guido Cavalcanti, op. cit., pag. 26.

principali della fazione dei Cerchi, fu confinato a Sarzana di Lunigiana.

Tra i priori che gli decretarono l'esilio ci fu Dante Alighieri, tra i cittadini che lo consigliarono Dino Compagni. '

<«< Dalla parte dei bianchi furon mandati ai confini a Serezzana messer Gentile e messer Torrigiano dei Cerchi, Guido Cavalcanti, Baschiera della Tosa, Baldinaccio Adimari, Naldo di messer Lottino Gherardini ed altri. Questo diede gravezza assai a Dante, e contuttochè lui si scusasse come uomo senza parte, nientedimanco fu riputato che pendesse in parte bianca, e che gli dispiacesse il consiglio tenuto in Santa Trinita di chiamar Carlo di Valois a Firenze, come materia di scandalo e di guai alla città; e accrebbe l'invidia, perchè quella parte di cittadini che fu confinata a Serezzana, subito ritornò a Firenze, e l'altra ch' era confinata a Castello della Pieve si rimase fuori. A questo risponde Dante, che, quando quelli di Serezzana furono rivocati, esso era fuori dell'ufficio di priorato, e che a lui non si debba imputare: più dice che la ritornata loro fu per l'infermità e morte di Guido Cavalcanti, il quale ammalò a Serezzana per l'aere cattiva e poco appresso morì. >>

....

2

Guido ne tornò malato

E poi mori per si fatta cagione.

Del qual fu grande danno e peccato,
Perocchè egli era con molta scienza
E dicitor sovra ogni altro pregiato. 3

Se il priorato di Dante finì ai 15 agosto 1300, bene osservò il Del Lungo (Dino Compagni e la sua Cronaca) che Guido dovè ritornare in patria nella seconda metà d'agosto. Guido morì il 28 o il 29 di quel mese, come si rileva dall' obituario di Santa Reparata nell'archivio dell'Opera del Duomo.

Così morì il nostro Guido, degno di ogni laude ed onore, come dice Filippo Villani. 4

1 Pietro Ercole, Rime di Guido Caval canti, op. cit., pagg. 23-24.

Le Vite di Dante e del Petrarca, scritte da Lionardo Aretino, cavate da un manoscritto antico della libreria di Francesco Redi e confrontate con altri testi a penna. In Firenze, all'insegna della Stella, MDCLXXII, in-16 piccolo, pagg. 36-38.

8 Canto XXXVI del Centiloquio di Antonio Pucci, vol. IV, pagg. 134-135 in De

lizie degli eruditi toscani. Firenze, Cambiasi

1772-1775.

4 Croniche di Giovanni, Matteo e Filippo Villani, secondo le migliori stampe e corredate di note filologiche e storiche. Trieste, 1857, Sezione letterario-artistica del Lloyd austriaco, in-4, da pag. 456 a 459. Vedi Vita di Guido Cavalcanti, con le note del Mazzucchelli.

II.

LE TRADUZIONI DEL SONETTO RESPONSIVO
DI GUIDO CAVALCANTI

AL PRIMO SONETTO DI Dante.

FEDERICO OEYNHAUSEN

(1824).

GUIDO CAVALCANTI AN DANTE ALIGHIERI.

ANTWORT-Sonett.

Du sahst die höchste Macht, so möcht, ich schliessen,
Und all, was Menschen schön und gut verlangen,
Wenn vor den mächt'gen Herrn du mocht'st gelangen
Der König wird im Reich des Ruhms gepriesen.
Er lebt, wo jeder Kummer stirbt, im süssen

Gefühl, und herrscht im frommen Sinn, gegangen
Komt er im Schlaf, nimmt Herzen sanft gefangen,
Schmerzlos, so dass sie gern sich rauben liessen.
Er nahm dein Herz, weil bei der Sehnsucht Walten.
Ganz sich zum Tod hin deine Herrinn wandte;
Mit dieser Speise wolt'er sie erhalten;

Dass klagend er entschwand, will so viel sagen,
Dass das Erwach'n den süssen Schlaf verbannte,
Und schnell als Gegner kam ihn zu verjagen '.

Federico Oeynhausen, naturalista, nacque il 4 febbraio 1795 a Grevenburg. Tradusse nella sua gioventù, primo fra i tedeschi, la Vita Nuova.

1 Questa traduzione si legge a pag. 11 in: Das Neue Leben, a Vita Nuova, des Dante Alighieri, uebersetzt und herausge geben von Friederich von Oeynhausen. Leip

DEL BALZO

zig, Vogel, 1824, in-12.

2 Federico, non Carlo, come per abbaglio lo chiama lo Scartazzini in Dante in Germania, parte II, pag. 64.

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