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A me è parso meglio di pubblicar tutto senza scelta; gli studiosi e i curiosi faranno la scelta. Le raccolte si fanno compiute, il più che ne vien dato, per portare contribuzione vera alla storia letteraria.

Sulle poesie antiche mi sono trattenuto a preferenza e specialmente sopra quelle scritte durante la vita del sommo poeta, le quali, spesso, valgono a chiarire fatti e date della vita di lui; e mi sembra di aver fornito la storia compiuta della sua corrispondenza poetica con i rimatori del suo tempo. Non mi sono quasi mai curato di note filologiche e grammaticali, stimando che, sovente, a furia di pedanteria e di sottigliezze erudite, si finisce per rendere oscuro ciò che è chiaro; nè ho avuto vaghezza di interpretazioni peregrine, stravaganti ed inutili, per non confondermi con l'infinita ed oziosa turba dei commentatori; ho voluto, al contrario, abbondare nelle illustrazioni storiche e biografiche e politiche, che riescono, sempre, gradite al lettore, facendogli risparmiare tempo e denaro per minuziose ricerche. Ed ho fatto studio di raccogliere sinteticamente quanto sopra ogni singola questione sia stato detto di meglio dai migliori.

E prima di chiudere questa necessaria prefazione sento il dovere di ringraziare tutti coloro che hanno voluto gentilmente aiutarmi in questa mia immane fatica. Non è possibile che io nomini tutti quelli che mi hanno fornito una notizia, un foglio volante o uno schiarimento; ma sentirei rimorso se ommettessi i nomi dei seguenti amici, che, squisitamente cortesi, non sono rimasti mai sordi alle mie preghiere: il dott. Max Nordau, il quale tiene a che le mie ricerche nelle biblioteche parigine si eseguiscano presto e bene; il marchese Gaetano Ferraioli, il quale alla mia raccolta dantesca ha voluto aggiungere l'ausilio della sua ricca biblioteca; il conte Paolo Galletti, che per me non ha sdegnato di fare l'amanuense per mandarmi esattamente trascritti più sommari in versi della Divina Commedia, giacenti inediti nei codici preziosi della Lau

renziana; Francesco Pasqualigo, sollecito a procurarmi notizie biografiche intorno a letterati messi in oblio.

Sento anche il dovere di fare speciale menzione del signor Enrico Mendel, che, perito nella lingua tedesca, si è presa sulle spalle la croce di raffrontare col volgare e correggere il testo tedesco.

Spero che l'eletta schiera degli studiosi delle cose nostre incoraggerà ed apprezzerà questo tentativo di monumento internazionale alla gloria del padre delle lettere moderne. Altra cosa non bramo.

Roma, 15 gennaio 1889.

CARLO DEL BALZO.

I.

IL SONETTO RESPONSIVO DI GUIDO CAVALCANTI

AL PRIMO SONETTO DI DANTE.

Dante, nella Vita Nuova, dopo aver raccontato com'egli, novenne, avesse visto la prima volta Beatrice, la quale aveva, come lui, nove anni, dice seguitando che, a nove anni dal primo incontro, cioè nell'età di diciotto anni, l'avesse riveduta in mezzo di due gentili donne, le quali erano di più lunga etade. Beatrice, incontrandolo, volse gli occhi verso quella parte dov'era Dante, molto pauroso; e, per la sua ineffabile cortesia, lo salutò tanto virtuosamente che all' innamorato poeta giovinetto parve allora di vedere tutti i termini della beatitudine. Dante così prosegue:

« L'ora, che lo suo dolcissimo salutare mi giunse, era fermamente nona di quel giorno: e però che quella fu la prima volta che le sue parole si mossero per venire alli miei orecchi, presi tanta dolcezza, che come inebriato mi partii dalle genti. E ricorsi al solingo luogo d'una mia camera, e puosimi a pensare di questa cortesissima; e pensando di lei, mi sopraggiunse un soave sonno, nel quale mi apparve una meravigliosa visione... »

Poi, dopo aver descritta questa visione ed aver detto come fosse disvegliato, prosegue così:

<< E immantanente cominciai a pensare; e trovai che l'ora, nella quale m'era questa visione apparita, era stata la quarta della notte: sì che appare manifestamente, ch'ella fu la prima ora delle nove ultime ore della notte. E pensando io a ciò che m'era apparito, proposi di farlo sentire a molti, i quali erano famosi trovatori in quel tempo; e con ciò fosse cosa ch'io avessi già veduto per me mede

DEL BALZO.

I

simo l'arte del dire parole per rima, proposi di fare un sonetto, nel quale io salutassi tutti li fedeli d'amore; e pregandoli che giudicassero la mia visione, scrissi loro ciò ch'io avea nel mio sonno veduto; cominciai allora questo sonetto:

A ciascun'alma presa e gentil core,
Nel cui cospetto viene il dir presente,
A ciò che mi riscrivan suo parvente,
Salute in lor signor, cioè Amore.
Già eran quasi ch'atterzate l'ore
Del tempo ch'ogni stella n'è lucente,
Quando m'apparve Amor subitamente,
Cui essenza membrar mi dà orrore.
Allegro mi sembrava Amor, tenendo

Mio core in mano, e nelle braccia avea
Madonna, involta in un drappo, dormendo.
Poi la svegliava, e d'esto core ardendo
Lei paventosa umilmente pascea:
Appresso gir lo ne vedea piangendo.

«< Questo sonetto si divide in due parti: nella prima parte saluto e domando risponsione; nella seconda, significo a che si dee rispondere. La seconda parte comincia quivi: « Già eran... »

« A questo sonetto fu risposto da molti e di diverse sentenzie, tra li quali fu risponditore quegli, cui io chiamo primo de' miei amici; e disse allora un sonetto lo quale comincia: « Vedesti al mio parere ogni valore. » E questo fu quasi il principio dell'amistà tra lui e me, quando egli seppe ch'io era quegli che gli avea ciò mandato. Lo verace giudicio del detto sogno non fu veduto allora per alcuno: ma ora è manifesto alli più semplici. »

Il primo degli amici di Dante, l'autore del citato sonetto, come gli studiosi delle cose dantesche sanno, è Guido Cavalcanti. Dei sonetti mandati in risposta al sonetto di Dante ce ne rimangono tre, quelli di Cino da Pistoia, di Guido Cavalcanti e di Dante da Maiano. Incominciamo col sonetto di Guido, che fra i tanti ebbe, solo, l'onore di essere citato da Dante con dolci parole d'amicizia.

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