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Dio ROSA VENERINI nata in 56, mossa da speciale impulso

si propose un nuovo Istituto, sime della fede e nei donnele rendesse in pari tempo virere della religione e della soficoltà, apri in Viterbo la prima Istituto il 29 agosto 1685 col el cardinale Urbano Sacchetti quella città. Tale fu il frutto che il lodato eminentissimo Fuo successore eminentissimo Rosa, onde aprisse in quella cardinal Marcantonio Barbaascone, dopo di aver appreso e in scritto il saggio sistema e aprisse e propagasse in quella nta gloria di Dio, e vantaggio

queste già producevano frutti intesa educazione, sembravano e virtù e la civile coltura nelle oll'età. I vescovi compresero benefica istituzione, per cui ra le scuole Venerini. Le dioa, di Sutri e di Bagnorea fuelle di Viterbo e di MontefiaOttenerle. Rosa vi si portò a

ValA༦ བསPPས་ནས་• ཊསap་པP་ཅ༴ OaIIངྒ་སཕ༠ bསབད 4བ sumptis ex sacra congregatione Episcoporum et Regularium aliquot eminentissimis dominis S. R. E. cardinalibus, selectam congregationem deputavit, ut ea super re sententiam suam aperiret. Itaque eminentissimi Patres, omnibus sedulo perpensis, consenserunt praedictas regulas laudandas et approbandas esse, si Sanctitati Suae placuerit.

Et facta relatione ad Sanctissimum Dominum Nostrum in audientia habita a domino secretario sacrae congregationis Episcoporum et Regularium die 2 decembris 1836 Sanctitas Sua memoratam selectae congregationis deliberationem benigne adprobavit et confirmavit.

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fondarle in mezzo alle benedizioni di quei popoli, e alla riconoscenza dei loro santi pastori. L'Umbria e le Marche le richiesero con istanza, e ottenutele, porgevano continui rendimenti di grazie a Dio, primo autore dell'Istituto Venerini.

La fama del frutto prodigioso di tali scuole percorse in Roma. Questo centro della cristianità non doveva esser privo di tal nuovo magistero di cristiane virtù e di civile educazione. Il sommo pontefice Clemente XI ricordevole di quanto riferito gli aveva delle scuole Venerini sei anni prima il buon vescovo di Montefiascone, cardinal Barbarigo, nell'apostolica sua sollecitudine le volle in Roma. A questo santo scopo fu inviata dalla scuola eretta a Montefiascone una maestra, la quale peraltro guidò le cose diversamente da quello che soleva fare la fondatrice Rosa: per cui questa, venuta quindi in Roma per visitare la nuova fondazione, non potè approvare la condotta tenuta e il sistema adottato, che quantunque per se stesso buono, non era però quello, che Rosa al lume dell'orazione e del consiglio aveva concepito e praticato in tanti luoghi con frutti così copiosi.

Iddio però non tardò di emendare l'opera dell'uomo. Rosa per comando espresso di Sua Santità Clemente XI, nel 1712 apri secondo il suo metodo la prima scuola in Roma, che ora trovasi Scuola Madre in via Cesarini presso il Gesù, e nel 1716 ne aprì un' altra presso S. Tommaso in Parione. Roma risenti subito gli effetti benefici dell'apertura di queste due scuole, e la gran diversità che passava tra esse e quelle altrimenti stabilite. Numerosissimo era sempre il concorso

TITOLO I.

FINE DELL'ISTITUTO, E MEZZI.

1. Il fine di questo istituto è attendere con ogni diligenza alla propria salute, ed insieme

di fanciulle anche nobili, per ritrarne profitto; e le maestre colla loro esemplarità e acconcia maniera d'istruire, meritarono il bel titolo di maestre sante. La frequenza tutto giorno cresceva in queste due scuole Venerini; ed erano spesso visitate dalle più illustri dame romane e personaggi di alto rango, per ammirarne il sistema e i risultati della vera educazione. Bene spesso v'intervenivano gli eminentissimi porporati, e la stessa Santità di Clemente XI si degnò di onorarla della sua augusta presenza, accompagnata da otto cardinali e da tutta la sua corte palatina. Fu tale la soddisfazione di questo gran Pontefice, che dopo di avere lungo tempo udito le dispute della Dottrina Cristiana, e rilevato i saggi della civile istruzione nei lavori, benignamente rivolto alla Venerini Rosa disse: con queste scuole voi ci santificherete Roma, ordinando a mons. Bonaventura suo elemosiniere di soccorrere e promuovere tali scuole, protestando con Sovrana clemenza che egli le avrebbe sempre protette, e in contrasegno della sovrana sua soddisfazione donò a ciascuna una medaglia d'argento, maggiore alle maeIstre, e alla fondatrice Rosa una corona benedetta in articulo mortis.

Il successore Innocenzo XIII, tenne in gran conto la santa istitutrice, e le scuole di lei, talchè mentre era vescovo di Viterbo soleva chiamare Rosa sua coadiutrice nella guida delle anime al cielo. Ma il suo pontificato fu di breve durata.

Progredivano le due scuole Venerini in Roma, e tutte le altre, che fondate aveva Rosa in più diocesi a produrre ubertosi frutti di santificazione e di civile coltura; per cui fu essa sollecita di stabilirle in modo che tutte le scuole, tanto aperte che da aprirsi, formassero un sol corpo di un metodo stesso e sistema; presiedute e governate da una superiora generale, e tutelate da un cardinal protettore, alla cui autorità tutto fosse subordinato. Per la scelta di questo, da farsi dalle maestre, Rosa raccomandò molte orazioni e cautele, siccome quello alla cui vigilanza voleva affidato il benessere del suo istituto. Tanta era l'importanza che la saggia istitutrice vi metteva.

*Essendosi d'alcuna delle nostre Scuole Pie Venerini proposto il dubbio Se i confessori approvati dai respettivi Ordinari nelle diverse diocesi, ove queste esistono, abbiano o no bisogno per confessare nell'Isti

l'ignoranza, l'errore e le m fanciulle, e invece imprimere le verità cattoliche, ammaes mente mattina e giorno nell e nelle massime di religion mate a volere ad ogni co salute.

Le pie scuole della Venerini molti altri luoghi anche dopo la nuarono esse sempre nel santo voluto e lasciato dalla fondatrice un sol corpo sotto l'unità di g ogni istituto, di una. superiora g dinal protettore, la cui esister della fondatrice medesima. Quan disposizioni, confondendo le scuo delle Pie Operaie, subordinarono fuori di Roma, promiscuamente esclusiva dei rispettivi ordinari, e quella della superiora generale, e d

La mancanza di un corpo riu delle Regole della Fondatrice, manoscritti, nella relazione e ne sima; e per conseguenza la n sostanziale differenza, che la V sue scuole, e quelle delle Pie O dato motivo ad una tale riunio altro, benchè di pochi anni dir necessità di richiamare le scuo Roma alla loro originale esistenz queste non più presentavano della loro istituzione. L'andamen ciava a divenire diverso e moltep diverse volontà, alle quali erano cui quasi non sembravano più de figlie della stessa madre.

A riparo di tanto disordine, che con ragione temer si doveva Rivarola diacono di S. Maria ad dell'Istituto Venerini, umiliò sup Nostro Signore GREGORIO XVI. revocare le superiori disposizion danti lo stralcio fatto delle scuo Roma dalla dipendenza e govern nerale e cardinal protettore, ric unità di esistenza che la fondatri comandò dipendenza che null della spirituale podestà degli ord

tuto Venerini, dell'approvazione protettore pro tempore del medes regola il cardinal protettore è q di Ordinario.

TOLO II.

DELLE MAESTRE.

uto. Si richiede in chi abistituto, un' alta stima degli 10, che sono il far la scuola bene del prossimo; perchè segnando la dottrina, legali, raccontando esempi, e edificazione in casa, nelle : una continua missione.

GORIO XVI, nell'alto consiglio ella apostolica sua sollecitudine, il 9 luglio 1834 per l'organo ne de' Vescovi e Regolari - Ex lie 9 julii 1834, Sanctissimus beia in omnibus ad formam pretur Regulae ab Eadem Sanctitate ie, contrariis quibuscumque non tim ultimo MOTU-PROPRIO S. M. CARD. ODESCALCUS PRAEFECTUS. te analogamente al sovrano vonemorie e documenti autentici Venerini, cioè dalla relazione di le sue scuole da essa stampata - i tipi di S. Michele a Ripa; da tto della medesima contenente

che la nuova regola, approvata Papa Gregorio XVI per le Maenha punto alterata la spirituale , siccome si enuncia nella preregole; e che d'altronde sarebbe olare e presso che ineseguibile sdizione ordinaria, così imporole pie Venerini delle diverse istono, e che una giurisdizione non compete che alla suprema ol diritto a Noi riservato dalle terpretarle, quando ne Occorra mo che basta la sola approvadinari, senza che vi sia bisogno ardinal protettore pro tempore, secolari che regolari possano vae ricevere le confessioni del Pio solo l'intelligenza colle Superiore che rimessa per modum regulae,

per piacere a Dio, meritare con molta gloria l'eterna vita, e qui in terra la santa pace, che non può dare il mondo; questo è il fine che s'hanno da prefiggere, ed il bene, che, se saran fedeli, conseguiranno le maestre.

4. Nell' istruire le fanciulle, unire lo studio del proprio profitto co' mezzi ordinari. — Le maestre abbiano un affetto e risoluzione efficace di attendere a ben istruire le fanciulle, ed inserire nel loro animo le virtù, ma di maniera, che non trascurino il loro profitto con l'orazione e frequenza de' Sacramenti. E anzi da queste hanno da prender forza; però non s'ag

le massime e norme del suo Istituto, e dalla vita di Lei, stampata in Roma nel 1732, (che è quanto dire quattro anni dopo la morte della serva di Dio) scritta dal p. Andrea Girolamo Andreucci della Compagnia di Gesù, che si confessa testimonio oculare dei fatti e virtù della Venerini, si umiliarono alla Santità Sua dall'eminentissimo cardinal protettore Rivarola, onde si degnasse colla sovrana sua approvazione e sanzione di dar compimento alla grazia fatta di richiamare l'Istituto Venerini, alla sua originale esistenza e unità di governo e dipendenza di una superiora generale, e cardinal protettore, troppo necessaria, anzi essenziale ad ogni ben regolato Istituto. La Santità di N. S. GreGORIO XVI, sentito il voto della s. congregazione dei Vescovi e Regolari, si è benignamente degnata sotto il 2 decembre 1836 di approvare e sanzionare le presenti Regole dell'Istituto Venerini, come dal decreto della lodata s. congregazione.

la facoltà di permettere ai medesimi di ricevere le confessioni, come sopra nelle rispettive cappelle domestiche delle diverse scuole, colle consuete cautele di grate e d'introspetto; per facilitare tanto alle maestre, che all'educande, e scuolare la frequenza dei santissimi sagramenti, tanto necessaria per una buona e cristiana educazione.

Ordiniamo che la presente nostra dichiarazione abbia vigore di regola, e come tale si abbia in ogni futuro tempo nel Pio Istituto Venerini, a piena tranquillità delle coscienze, e a più facile acquisto e pratica delle sante virtù.

Dato dalla Nostra residenza di s. Marcello in Roma 1 Giugno 1838.

Loco sigilli

Il Protettore

A. CARD. RIVAROLA

ria

he

l'obbligo del proprio stato, che Dio vuole, e di più per tal via introdurre confusione. Acciocche questo non accada, tutte le maestre cerchino e battano la strada dalle regole indicata, e non altra; e tutte abbiano un solo direttore, bene informato dello spirito dell'istituto, che formerà in tutte quello zelo ardente che in ciascuna tanto si desidera, e in tutte lo stesso, onde d'accordo unite, conseguiscano quel tanto bene a cui tendono, e sacrifichino al bene comune quella soddisfazione che aver potrebbero maggiore in prender uno di loro genio, e sarà più virtuoso prender quello che destina l'ubbidienza che sceglier quello a cui una più inclina.

6. Mai non lascino l'orazione mentale. L'orazione mentale non la lascino mai in ogni giorno, che questo è l'alimento dell'anima per conservarsi nella giornata; e se per necessario impedimento non avessero in comune fatta la meditazione o l'esame, suppliscano in privato, e se non possono altrimenti, almeno con fervorose e frequenti giaculatorie; perchè le maestre, stando occupate in un ministero distrattivo e laborioso, hanno bisogno di prendere sempre nuove forze per faticare a gloria di Dio. 7. Metodo di meditare. Nell' incominciare

la meditazione adorino la maestà di Dio credendolo per fede, senza sentirlo e vederlo, presente ovunque; ne invochino l'aiuto, chè loro illumini la mente, muova il cuore e tenga raccolti i pensieri. Poi applichino al proprio profitto quel che avranno letto o udito, argomentando con similitudini, parità e confronti interni, come verranno da Dio aiutate col santo suo lume. Quindi accendano santi affetti di disprezzo del mondo, d'odio al peccato, d'amore a Dio; ma per cavarne salde risoluzioni di attendere al divino servizio, e faticar molto; e per discendere al particolare de' vizi da togliere e di virtù da praticare, terminino con instanti e replicate preghiere, per eseguire i fatti propositi, ed interpongano l' intercessione di Maria Santissima, e de' santi avvocati.

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l'autore e dispensatore della ciocchè si degni compartirgli onde non resti priva della operare conforme al divino gli alimenti e rinforzi di sotto la tirannia de' nostri n adunque che loro riesca pen zione non debbonsi da quell cure, che le divine promesse mai; e così possiamo esser dando noi ogni giorno al vino aiuto per conservare stre, l'ardente carità di lui mentre procuriamo di obbe dare per ricevere, con picchia come egli ci ha promesso e sua divina parola ne' suoi s

9. Messa e lettura. anche quando si celebra in v' assistano coperte col velo gilino sulle fanciulle, che si colte, nè guardino in qua e vicendevolmente, meno poi si Quando si legge o per i pur refettorio o per la lettura sp fa errore, solo la superiora lei, se crede, la corregga o

10. Parlino di Dio. scorsi cavare sempre qualch Dio o all'eterna salute.

11. Esattezza ed uniformi cizi di pietà. Sieno al pi uniformi in tutti gli esercizi a tempi debiti, e destinati in lasciandoli per altre partico per negligenza o trascuragg istraordinarie occasioni, con sere inferma o doverne assis mili occasioni, nelle quali zienza e soddisfare ad esse, Signore.

12. Prendano consiglio d Vivano in tutto subordinate tuale, comunicandogli tutte ed altro che occorre loro ne prio uffizio, acciocchè camm

e con umiltà puntualmente nno anche al p. spirituale jualcuno de' soliti esercizî a ragione per la quale lo ciocchè lo stesso le animi a, e mortifichi quando sia iggine.

uore aperto. Benchè si er amor di Dio, pure l'aa col p. spirituale nelle cizî di pietà è necessaria, o la debolezza umana ha esto mezzo umano per sor cadendo di male in pegsapienza di Dio ha per zzi, salvo ne' casi partico1 far mostra della sua on

lersi del direttore. Fuori sulla scuola, fuori dell'ace maestre non hanno ne li trattenersi col confessore , perchè hanno la scuola, in chiesa, e non in casa, erchè la direzione l'hanno però, come dice la V. Fara desiderare lunghe confed'aver maggior istruzione, ne, e forse anche un' arte rebbe inganni sotto specie ttore non potrebbe, nè sacosa di più di quel che , per le meditazioni, e sole, e queste sole per osserttamente vi sarà che fare d osservate basteranno ad

amento.

TOLO III.

D'ANIMO E CONTEGNO

E MAESTRE.

de povere, come per le alta la carità e pazienza nelciulle, col mezzo dei ma

lano come vedono ed odono operare e parlare, soprattutto dalle maestre; e si guardino alla loro presenza da ogni apparenza ancora di difetto, che nel cuore delle fanciulle farebbe mala impressione, essendo facili a scandalizzarsi, massime delle maestre.

3. Non parzialità, nè amicizie particolari. — Siano anche caute a non usare parzialità con alcuna, sia educanda, sia scolara, e ne schivino anche il sospetto. Si guardino le maestre anche fra loro dalla naturale antipatia o simpatia, da cui vengono le amicizie particolari, che sono la peste della comunità, il flagello distruttore della carità fraterna, la sorgente più ordinaria delle ingiuste preferenze, delle gelosie, delle mormorazioni, delle dissensioni, delle risse, e. può esser lo scoglio più pericoloso della. castita.

4. Civile condotta. Conducansi colla migliore civile maniera, buon tratto, e compostezza colle scolare ed educande, e con tutti; cose che servono tanto alla educazione ed alla edificazione.

5. Pulizia.

In casa tengano ogni cosa per tutto con nettezza, pulizia e decenza. Abiti, mobili, letti, camere, la casa tutta sia assettata quale si conviene ad un luogo e persone di educazione, talchè ad un improviso sopravvenire di circostanze, in quanto vi si ritrova, non vi sia che aggiustare.

6. Unanimi — Abbiano tutte le maestre, come i primi credenti un cuor solo ed un' anima sola, e procurino esser uniformi nel pensare, volere ed operare, che così non saranvi tra esse alienazioni, nè dispareri.

7. Tutte uguali. Le maestre sono tutte sorelle, ed eguali fra loro; non vi è che l'uffizio, che dà l'ubbidienza, che ponga differenza o maggioranza, perchè fra esse non si considera nè la parentela nè la nascita, nè le ricchezze.

8. Come si pigliano i lavori. — I lavori, che si prendono per altri, non si piglino con fretta, nè a tempo prefisso, perchè non si debbono tralasciare le cose ordinate dalla regola per guadagni temporali, nè si deve domandare

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