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della potestà ecclesiastica, nell'amministrazione del sacramento del battesimo, se non altro, quando siffatte disposizioni sieno date indipendentemente dall'autorità ecclesiastica. Questa lesione si fa più grave, quando un ministro del culto, che non osservi tali prescrizioni, venga assoggettato ad alcune pene, come multe, carcere, ecc.

Ed invero, essendo articolo di fede che i sacramenti della nuova legge istituiti dal Redentore, sono sorgenti della vita soprannaturale, sottoposti alla sola autorità della Chiesa, qualsiasi pretesa del potere civile di subordinarli alle formalità prescritte da lui è doppiamente lesiva del diritto divino: offende, cioè la dignità soprannaturale di questi riti augusti della religione cattolica e viola insieme i diritti e la libertà della Chiesa in cosa di sua esclusiva competenza. Quanto poi al battesimo in particolare, essendo esso necessario ad entrare nella Chiesa e conseguire cosi la salvezza eterna, conforme sta scritto: « nisi quis renatus fuerit ex aqua de Spiritu Sancto non poterit introire in regnum Dei» (Ioann. III, 5), è manifesto che l'ostacolarne, come che sia, il conferimento si oppone ai disegni pietosi della bontà di Dio che vuole tutti membri nel suo corpo mistico che è la Chiesa, eredi della eterna gloria del cielo : « Vult omnes homines salvos fieri » (1. Tim. II, 4), ed anche più direttamente al comando dato dal divino Maestro agli Apostoli, di battezzare tutte le genti: « Euntes docete omnes gentes, baptizantes eos ». (Matth. XXVIII, 19) '.

sacramento; quindi l'intimazione di allontanarsi, mentre costituisce una violazione dell'uguaglianza civile dei culti, impedendo il libero esercizio delle professioni, non è rigorosamente giustificabile neppure dal punto di vista canonistico e dogmatico.

I Documento II.

6. In ordine specialmente all' ammettere come padrini persone infedeli o eterodosse, la Chiesa giustamente e convenientemente da parte sua ha sempre mantenuto tale proibizione appunto per impedire la troppa famigliarità e la frequente comunicazione con siffatte persone, specialmente se giudei. Per questa ragione il Diritto Canonico comandava ai governi cattolici, che nelle loro leggi circa l'amministrazione della cosa pubblica s'astenessero di renderne partecipi gli Ebrei, nemici principali del nome cattolico '.

Ne si dica, che tale rifiuto non sia giustificabile dal punto di vista canonico e dogmatico, perché tal persona non è affatto parte integrante nell' amministrazione del sacramento, ed ancora perchè si lederebbe la cosi detta uguaglianza civile; infatti questa disposizione è stata data per la ragione, che « iudeorum mores et nostri in nullo concordant: et ipsi de facile ob continuam conversationem, et assiduam familiaritatem ad suam superstitionem et perfidiam simplicium animos inclinarent»; quanto poi alla pretesa uguaglianza civile, la Chiesa in ordine a Dio ed alla salute delle anime non può attendere a questi palliativi, ordinati a trarre nell'errore i semplici e gli ignoranti, ed a combattere astutamente la religione cattolica.

7. Vi sono ancora delle disposizioni particolari in ordine alla confessione della prole; ma di queste si tratterrà in seguito, essendo intimamente connesse alla questione matrimoniale.

1 Decretales D. Gregorii Papae IX. Cap. 8 et 13, Tit. VI, lib. V.

CAPO II.

DELLA CONFERMAZIONE.

8. Rapporto al sacramento della Cresima potrebbe esservi abuso da parte dei governi, se emanassero prescrizioni, che proibiscano ai genitori di presentare fanciulli di tenera età alle cresime pubbliche; oppure pretendano, che i Vescovi avvisino la polizia del tempo e del luogo in cui dovranno amministrare tale sacramento. Questo però difficilmente può avvenire.

CAPO III.

DELLA PENITENZA.

9. Il sacramento della Penitenza può venire a contatto col potere civile, rapporto alla sua amministrazione, in diversi modi; nel senso che i governi, rispetto a questo sacramento, potrebbero sancire dei regolamenti per le scuole, ed altri pubblici istituti, per i carcerati ed i militari, i quali tendessero o indirettamente o direttamente ad impedire ai cattolici di soddisfare ai bisogni della loro coscienza 1.

Però, riguardo alle carceri, quasi tutti gli Stati hanno conservato il confessionismo e presso gli Stati cattolici vi è sempre un sacerdote deputato espressamente per i detenuti, il quale deve esercitare tutte quante le funzioni ecclesiastiche. Rapporto invece alle scuole, lo Stato, se

I Documento n. III.

Sezione II.

non ammette confessione alcuna, non si cura dell'amministrazione del sacramento della Penitenza in esse.

10. Un altro punto di contatto da parte dello Stato si avrebbe colla promulgazione di leggi ed ordini, che riguardano il sigillo della confessione, oppure col prescrivere azioni penali per pretesi o veri abusi nell' amministrazione del suddetto sacramento.

Il sigillo della confessione con tali prescrizioni si potrebbe violare, od obbligando i confessori in certi casi alla denunzia, p. es. nei processi criminali, oppure, se non alla rivelazione dei delitti confessati, saltem al fatto della confessione ed alle circostanze di tempo e di luogo della medesima.

Però, anche per il sigillo della confessione vi è la tutela delle leggi civili '.

1 In Francia l'art. 378 del Codice penale, promulgato nel 1810, stabilisce: << i medici, chirurghi ed altri ufficiali di sanità, come i farmacisti, le levatrici ed ogni altra persona depositaria, per stato o professione, dei segreti, che vengono loro confidati, che, eccettuato il caso, in cui la legge obblighi a fare da denunziatori, avranno rivelato questi segreti, saranno puniti con il carcere da un mese a sei e con un'ammenda da 100 a 500 lire ». Ne deve fare difficoltà l'eccezione, che si legge nel detto articolo. Imperocchè si deve notare, che un'ordinanza di Luigi XI nel 1477 disponesse : «< ogni persona, qualunque essa sia, qualora avrà conoscenza di contratti, macchinazioni, associazioni ed attentati, che si faranno sulle nostre persone, successori ed anche sullo Stato e sicurezza nostra, di essi e della cosa pubblica del nostro regno, sia tenuta o reputata colpevole di crimine di lesa maestà, se non li rivela ». Quest' ordinanza toccava pure i confessori ed era stata riprodotta negli articoli 103 e seg. del Codice penale. Siccome però quegli articoli furono abrogati nel 1832, l'articolo 378 sopra citato nella sua eccezione non ha più applicazione per i confessori. Perciò, se anche un confessore fosse citato, nessuna ammenda può venirgli inflitta dal magistrato, se si rifiuta di deporre. Debbono però prima prestar giuramento ch'essi sono stati i confessori degli imputati. Lo stesso, senza eccezione alcuna, ha luogo in Italia come risulta dall'art. 162 del Codice penale.

Nell' Impero Germanico la violazione del segreto confessionale non è più contemplata nel Codice penale.

Ciò sembra tanto giusto, che è inutile porre siffatta questione in discussione.

La Corte d'Appello di Torino, occupandosi di questa questione cosi stabiliva: «..... che se la legge comprese, sotto la sanzione di cui all'art. 587 del Codice di procedura penale gli esercenti professioni, le quali hanno per iscopo il tutelare o materiali interessi o la salute corporale dei cittadini, a molto maggior ragione deve dirsi aver voluto contemplare quei sacerdoti, che, occupando un grado distinto nella gerarchia ecclesiastica, hanno affidato al loro ministero l'alto ufficio della cura delle anime di una data parrocchia, ed i quali sono chiamati non solo ad amministrare i sacramenti, ma altresi a dirigerne quotidianamente lo spirito e gli scambievoli rapporti, componendo le nimistà, richiamando ai sani principî quelli che scorgono scostarsi dal diritto sentiero, ed anche talvolta indirizzando a buon fine i salutari rimorsi che loro vengono palesati, cose queste tutte, le quali li espongono necessariamente a confidenze rivelatrici, pur anche di reconditi misteri, loro non altrimenti commesse, se non perchè meglio possano adempire la sacra loro missione, la quale non può negarsi essere grandemente vantaggiosa alla società » '.

Del resto basterebbe, per convincersi di quanto si afferma, l'osservare che, se il segreto sacramentale appartiene alla costituzione ed alle leggi della Chiesa cattolica, ne consegue la necessità di disobbligare il sacerdote cattolico dal deporre in faccia dei tribunali, quanto abbia udito in confessione; perchè il riconoscere l'esistenza giuridica della Chiesa, involge manifestamente

1 Corte d'App. di Torino, 22 Aprile 1856.

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