AL CANTO XV. Cessato spontaneamente il canto de'beati spirti giù per la croce luminosa, trascorre dal braccio destro al piè della medesima uno dei lumi più sfavillanti, e saluta con dolcissime parole come suo discendente il poeta. Poi, ragionate seco stesso più sublimi cose nè intelligibili all'umana sapienza, sfogasi benedicendo la bontà divina, ed esprimendo quanto gradita gli sia la venuta di si caro nipote. Ma stando questi dall'altro canto muto ed attonito, lo incoraggisce quell'anima cortese perchè rompa il silenzio, e di ciò che più brama la interroghi. Perchè l'Alighieri le addimanda chi sia; ed ella il contenta, dichiarandogli esser l'anima di Cacciaguida Trisavolo di lui. Gli dice pertanto com'egli nacque nella città di Firenze, quando il semplice e modesto vivere degli abitanti la facea lieta e tranquilla; com'ebbe due fratelli; come sposò una gentildonna di Ferrara, la quale diede il casato degli Alighieri al loro figlio, bisavo del poeta, che già da oltre cent'anni sconta nel Purgatorio il peccato della superbia; come seguì l'Imperatore Currado terzo nella Crociata per Terra Santa, e come, ucciso per la fede, acquistò ivi la corona de' Martiri. Tutto ciò che occorrerà per ischiarire questo ragionamento, lo direm nelle note. Due cose osserveremo frattanto, la prima, che ponendo Dante fra i Superbi l'autore del suo casato, sembra ne voglia significare qual era l'indole de' suoi, non troppo inclinata verso gli umili sentiments: per la qual cosa ei medesimo nel XIII del Purgatorio esprime il timore che ha di trovarsi un di fra quelli che purgano il peccato della superbia; la seconda, che la pittura della semplicità dei primi abitatori di Firenze non cede a nessuna delle più belle descrizioni di qualsiasi scrittore antico, ed è uno de' luoghi più meravigliosi della divina Commedia. enigna volontade, in cui si liqua Sempre l'amor che drittamente spira, Come cupidità fa nell'iniqua, Silenzio pose a quella dolce lira, E fece quïetar le sante corde, Che la destra del cielo allenta e tira. Come saranno a' giusti prieghi sorde Quelle sustanzie, che, per darmi voglia TOMO II. 22 4 7 Ben è che senza termine si doglia Quale per li seren tranquilli e puri Discorre ad ora ad or subito fuoco, E pare stella che tramuti loco, Se non che dalla parte onde s'accende 10 13 16 Tale, dal corno che in destro si stende, Si pia l'ombra d'Anchise si porse, Se fede merta nostra maggior musa, Quando in Elisio del figliol s'accorse. O sanguis meus, o super infusa 19 22 25 28 Gratia Dei, sicut tibi, cui Bis unquam coeli janua reclusa! Così quel lume; ond' io m' attesi à lui, 31 34 Tal ch'io pensai co' miei toccar lo fondo 1 Della mia grazia e del mio paradiso. Giunse lo spirto al suo principio cose 37 |