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poca nostra nobiltà di sangue,
Se glorïar di te la gente fai

Quaggiù, dove l'affetto nostro langue,

Mirabil cosa non mi sarà mai,

Che là, dove appetito non si torce,

Dico nel cielo, io me ne glorïai.

Ben se' tu manto che tosto raccorce,

Si che, se non s'appon di die in die,
Lo tempo va d'intorno con le force.
Dal voi, che prima Roma sofferie,

In che la sua famiglia men persevra,
Ricominciaron le parole mie.

Onde Beatrice, ch'era un poco scevra,
Ridendo, parve quella che tossio
Al primo fallo scritto di Ginevra.
Io cominciai: Voi siete il padre mio,
Voi mi date a parlar tutta baldezza,

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Voi mi levate sì, ch'i' son più ch'io.

Per tanti rivi s'empie d'allegrezza

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La mente mia, che di se fa letizia

Perchè può sostener che non si spezza.

Ditemi dunque, cara mia primizia,

Quai furo i vostri antichi, e quai fur gli anni

Che si segnaro in vostra puerizia.

Ditemi dell'ovil di San Giovanni

Quant' era allora, e chi eran le genti

Tra esso degne de' più alti scanni.

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Come s'avviva allo spirar de' venti
Carbone in fiamma, così vidi quella

Luce risplendere a' miei blandimenti :
E come agli occhi miei si fe' più bella',
Così con voce più dolce e soave,
Ma non con questa moderna favella,

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Dissemi: Da quel di che fu detto, AVE,

Al parto in che mia madre, ch'è or santa,
S'alleviò di me ond'era grave,

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Al suo Leon cinquecento cinquanta

E trenta fiate venne questo fuoco

A rinfiammarsi sotto la sua pianta.

Gli antichi miei ed io nacqui nel loco
Dove si trova pria l'ultimo sesto

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Da quel che corre il vostro annual giuoco.

Basti de' miei maggiori udirne questo;

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Chi ei si furo, ed onde venner quivi,

Più è tacer, che ragionare, onesto. Tutti color ch'a quel tempo eran ivi

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Da poter arme, tra Marte e il Batista,
Erano il quinto di quei che son vivi.

Ma la cittadinanza, ch'è or mista

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Di Campi e di Certaldo e di Figghine,

Pura vedeasi nell' ultimo artista.

O quanto fora meglio esser vicine.

Quelle genti ch' io dico, ed al Galluzzo,

Ed a Trespiano aver vostro confine, Che averle dentro, e sostener lo puzzo

Del villan d' Aguglion, di quel da Signa,

Che già per barattare ha l'occhio aguzzo!

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