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E quei di Portogallo e di Norvegia
Li si conosceranno, e quel di Rascia
Che mal aggiusta il conio di Vinegia.

O beata Ungheria, se non si lascia

Più malmenare! E beata Navarra,
Se s'armasse del monte che la fascia!
E creder dee ciascun che già, per arra
Di questo, Nicosia e Famagosta
Per la lor bestia si lamenti e garra,
Che dal fianco dell'altre non si scosta.

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AL CANTO XX.

Tacque l'immagine benedetta; e quei vivissimi lumi, di ch'ella si componeva, incominciarono si soavi melodie che la mente dell' Alighieri non bastò a ritenerle sol vide nuovi effetti di splendore, che quelli gli ricordarono de' quali suol essere campo il nostro cielo, allorchè manca la luce del giorno, e brillan d'ogni parte le stelle. Ma come si fatti canti e tripudj cessarono anch'essi, l'aquila riprende novamente a favellar col poeta, e gli prescrive di guardarle all'occhio, dove le scintillano i lumi più chiari, che l'anime sono appunto dei cittadini più distinti di quella regione. Adunque nella luce che a lei tien luogo di pupilla è il Santo Davidde; nell'arco del ciglio, l'imperator Trajano, Ezechia re di Giuda, Costantino il Magno, Guglielmo II re di Sicilia, e quel Rifeo Trojano di cui Virgilio nel II dell'Eneide: cadit et Ripheus, justissimus unus

Qui fuit in Teucris, et servantissimus aequi. Ma non sapendo l'Alighieri dar ragione a sè stesso del come si trovino fra i Beati Trajano e Rifeo, che furon pagani, gli soggiunge l'aquila ragionatrice, aver l'uno per ispecialissima grazia meritato di tor

nare alla vita, sicchè poi morisse nella Fede di Cristo ( Vedi Purgatorio C. X. ); ed essere stato l'altro cosi prediletto da Dio, che credè nella redenzione futura, ed ebbe quasi un battesimo di desiderio. Per lo che siano gli uomini rilenti, conchiude la voce, a ragionare dei divini giudizj, non essendo noto il numero degli eletti, nemmeno ai comprensori medesimi! Vera e grande sentenza per quegli ipocritoni che pongon si spesso la lingua in cielo.

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uando colui che tutto il mondo alluma
Dell' emisperio nostro si discende,

Che il giorno d'ogni parte si consuma, Lo ciel, che sol di lui prima s' accende,

Subitamente si rifà parvente

Per molte luci, in che una risplende.

E quest' atto del ciel mi venne a mente,

Come il segno del mondo e de' suoi duci
Nel benedetto rostro fu tacente;

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Però che tutte quelle vive luci,

Vie più lucendo, cominciarón canti
Da mia memoria labili e caduci.
O dolce amor, che di riso t'ammanti,
Quanto parevi ardente in que' favilli,
Ch' aveano spirto sol di pensier santi!
Poscia che i cari e lucidi lapilli,

Ond' io vidi ingemmato il sesto lume,
Poser silenzio agli angelici squilli,

Udir mi parve un mormorar di fiume,

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Su per lo collo, come fosse bugio.
Fecesi voce quivi, e quindi uscissi

Per lo suo becco in forma di parole,
Quali aspettava il cuore oy' io le scrissi.

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