Sai quel che fe', portato dagli egregi 48 Romani incontro a Brenno, incontro a Pirro, Incontro agli altri principi e collegi: Onde Torquato e Quinzio, che dal cirro Negletto fu nomato, e Deci, e Fabi Ebber la fama che volentier mirro. 46 Esso atterrò l'orgoglio degli Arabi, 49 Che diretro ad Annibale passaro Sott' esso giovanetti trionfaro Scipione e Pompeo, ed a quel colle, 52 Sotto il qual tu nascesti, parve amaro. Poi, presso al tempo che tutto il ciel volle 55 Ridur lo mondo a suo modo sereno, Cesare per voler di Roma il tolle: E quel che fe' dal Varo insino al Reno, 58 61 In ver la Spagna rivolse lo stuolo; Poi ver Durazzo, e Farsaglia percosse Sì, ch' al Nil caldo si senti del duolo. Antandro e Simoenta, onde si mosse, Rivide, e là dov' Ettore si cuba, E mal per Tolommeo poi si riscosse: Poi si rivolse nel vostro occidente, Di quel che fe' col baiulo seguente, Bruto con Cassio nello inferno latra, E Modena e Perugia fu dolente. Piangene ancor la trista Cleopatra, Che, fuggendogli innanzi, dal colubro La morte prese subitana ed atra. 64 67 70 73 76 Con costui corse insino al lito rubro; 79 Con costui pose il mondo in tanta pace, Che fu serrato a Giano il suo delubro. Ma ciò che il segno che parlar mi face Fatto avea prima, e poi era fatturo, Per lo regno mortal, ch' a lui soggiace, TOMO R. 20 82 Gli concedette, in mano a quel ch'io dico, 91 94 Omai puoi giudicar di que' cotali, 97 100 Ch'io accusai di sopra, e de' lor falli, Che son cagion di tutti i vostri mali. L' uno al pubblico segno i gigli gialli Oppone, e l'altro appropria quello a parte, Sì ch'è forte a veder qual più si falli. Faccian gli Ghibellin, faccian lor arte Sott' altro segno; chè mal segue quello Sempre chi la giustizia e lui diparte: 103 E non l'abbatta esto Carlo novello Co' Guelfi suoi, ma tema degli artigli Ch' a più alto leon trasser lo vello. Molte fiate già pianser li figli Per la colpa del padre, e non si creda De' buoni spirti, che son stati attivi E quando li desiri poggian quivi Si disviando, pur convien che i raggi Del vero amore in su poggin men vivi. Ma, nel commensurar de' nostri gaggi 106 109 112 115 118 Col merto, è parte di nostra letizia, Perchè non li vedem minor nè maggi. Quinci addolcisce la viva giustizia 121 In noi l'affetto sì, che non si puote Torcer giammai ad alcuna nequizia. Diverse voci fanno dolci note; Così diversi scanni in nostra vita, Rendon dolce armonia tra queste ruote. 124 E dentro alla presente margherita 127 Luce la luce di Romeo, di cui Fu l'opra grande e bella mal gradita. 130 Ma i Provenzali che fer contra lui Non hanno riso, e però mal cammina Qual si fa danno del ben fare altrui. Quattro figlie ebbe, e ciascuua reina, Ramondo Berlinghieri, e ciò gli fece Romeo persona umile e peregrina ; 133 E poi il mosser le parole biece A dimadar ragione a questo giusto, 136 Che gli assegnò sette e cinque per diece. Indi partissi povero e vetusto; 139 E se il mondo sapesse il cuor ch'egli ebbe Mendicando sua vita a frusto a frusto, Assai lo loda, e più lo loderebbe. 142 |