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tutti questi aggruppamenti di rapporti, quest' affannosa ricerca di simmetrie, questo cumulo di esercitazioni metafisiche mi pare che non devano produrre altro effetto che di confondere, e presentarsi altresi quali vere sepolture della poesia.

Dedicatomi però di preferenza a l'analisi, mi resta a dar conto di alcune osservazioni di dettaglio su punti che potrebbero dar noia o imbarazzo a qualche lettore, ma che con tutta facilità potrebbero essere corretti.

Lascio le semplici sviste; come a pag. 6 lo scambiare fra loro Dominazioni e Potestadi, in contrasto al Par., XXVIII, 122 e 3; a pag. 7 chiamar Gaetani uno della famiglia Caetani; a pag. 11 assegnare al II anziché al III, 30 Par. il v. Qui relegate, etc.; a pag. 21 in nota far procedere Sicuro d'ogni intoppo e d'ogni sbarro il Dux, mentre è il tempo; a pag. 38 qualificare Traiano ignorante del cristianesimo, quando forse volea dire incurante.

Ma a pag. 26 non capisco a che proposito dica che la virtú appunto, anziché la scienza, sia premiata nel Paradiso, non avendo parlato innanzi di scienza, né alcuno avendo mai preteso di vederla premiata nel cielo di Venere di cui qui si parla. Ma forse egli avrà scritto, concupiscenza.

A pag. 43 in princ. non capisco pure onde tragga la supposizione che Manfredi, Buonconte e la Pia, se avessero finita naturalmente anziché tragicamente la vita non si sarebbero mai convertiti: se la disposizione dell'animo c'era, il buon senso dice che si sarebbero convertiti ugualmente.

Ivi in f. non mi pare interpreti bene il v. Alle qua' (beate genti) poi se tu vorrai salire, come includente una libera scelta lasciata a Dante di salire o no al Paradiso. Ma come può a Virgilio passar mai per la testa che Dante non abbia a voler salire? Ei gli dice solo: Bada che nel salire io non potrò accompagnarti.

A pag. 52 trova, correggendosi (e a pag. 54 lo conferma), che in Saturno Dante non percepisce il riso (di Beatrice, s'intende) né il canto dei beati, che senza dubbio vi è. Mi pare una correzione non bene ispirata: non è infatti che non li percepisca Dante; è che effettivamente Beatrice sospende di ridere e i beati di cantare, come chiaramente dice Dante stesso (XXI, 62): qui non si canta Per quel che Beatrice non ha riso.

A pag. 59, ov'è citato il v. Non disdegnò di farsi sua fattura, avrebbe, onde si capisse meglio, dovuto aggiungere cioè de l'umana natura.

A pag. 61 non so perché voglia far Dante incoronato degli allori eterni proprio al cospetto di s. Giacomo, quando è s. Pietro che in Paradiso lo circondò de' suoi raggi.

A pag. 67 dà quasi come ragione del doversi a capo della terza gerarchia angelica porre non i Troni, come fece Dante nel Convito, ma i Principati, l'essere questo un nome esprimente comando, come comando esprimono le Dominazioni che sono a capo della seconda; quasi che anche i Troni non esprimessero comando ; e quasi che pur esprimendo comando essi non si trovassero ad essere gli ultimi della prima gerarchia; come gli ultimi della seconda sono anche le Podestadi, un altro bel nome che esprime comando anche lui!

A pag. 68 il detto che Soli violenti rapiunt coelum sarà benissimo di s. Paolo, ma non sarebbe stato male citare anche ond'egli lo prese (come lo prese Dante stesso al XX, 94, Par.), e cioè Matt. XI, 12: Regnum coelorum vim patitur et violenti rapiunt illud.

A pag. 73 meritava forse una maggiore spiegazione l'asserto che il sostenere Dante nel De Monarchia (e precisamente al III, 4) che la luna abbia una qualche luce propria ut in eius eclipsi manifestum est dipenda da l'ignorare egli col suo secolo gli effetti della rifrazione dell'aria. Se uno infatti, die. tro queste indicazioni, corresse col pensiero a quella che alcuni chiamano luce cinerea della luna e che nelle primissime fasi di questa si manifesta diffusa sulla rimanente superficie non battuta dal Sole, egli non potrebbe a meno di ricordare ch'essa ora non si attribuisce già a fenomeno di rifrazione, bensí a seconda riflessione della luce solare che dalla terra vien rimandata alla Luna.

A pag. 77, parlando delle rive fiorite, prima rivelazione dell'Empireo, accenna all'essere spiriti umani quelle foglie; ma certo volea dire, quei fiori. E cosí a pagg. 18, 19 e 22 la pianta del Paradiso terrestre non dovrebbe dirsi inverdita, ma infiorata, alludendo il P. evidentemente, a quelle piante che in primavera si copron tutte di fiori prima ancor che di foglie.

A pag. 83 fa caso che a sei regnatori sia aggiunto Guglielmo marchese, quasi non fosse un regnatore anche lui; ma col sistema feudale d'allora, era anch'esso un vero sovrano; solo s'atterra più basso degli altri appunto perché di rango minore.

A pag. 89 dice che vedemmo Dante invertire l'ordine dei Troni e dei Cherubini; ma il curioso si è che non Dante, ma l'A. stesso (tanto può lo infervoramento e la immedesimazione in un proprio sistema), è quegli che lo fa, per comodo di certa sua corrispondenza fra l'ordine gerarchico delle schiere angeliche, e quello della solita sua triade, intelletto, forza e volontà, che il lettore potrà, se ne ha voglia, riscontrare a pag. 74.

Ma di simili inesattezze, ripeto, non è a fare alcun caso: sono di quelle di cui dice Orazio quas aut incuria fudit Aut humana parum cavit natura (Poct., 353); inseparabili da ogni umano lavoro, tanto più se più ricco come questo di osservazioni e di idee nuove; e più facili altronde ad essere avvertite da un estraneo che dal medesimo autore. Quello che rincresce piuttosto è il vedere tanto ingegno spiegato nella costruzione di un edifizio chimerico, come quello che si appoggia tutto su parallelismi quanto appariscenti, per me altrettanto vani, e dei quali io non ho recato innanzi se non una minima parte. In ciò l'A. si palesa veramente buon discepolo del Tommaseo: uguale acutezza del raziocinio, e culto della ortodossia, e vastità delle cognizioni; ma non minore la ricerca della sottigliezza e del mistico e del farraginoso. A lui non dirò, quindi, come ad altri fu detto, che udendo le sue elucubrazioni, Dante potrebbe insorgere, e dire come a quel tale asinaio: Codest'arri non vi mis' io. Sarebbe una irriverenza non meritata, trattandosi di opera di ottimi intendimenti, e dalla quale, se meno dal lato estetico, molto è il pro

fitto che può trarsi nei riguardi filosofico, morale e religioso. Dirò solo che con la moderna tendenza degli spiriti, non è veramente un accaparrare simpatie agli studii danteschi questo sovraccaricarli di frange e di fronzoli e di chiose che avrebbero mandato in solluchero i contemporanei del Landino e del Vellutello.

Roma.

NOTIZIE

FERDINANDO RONCHETTI.

Della Collezione di opuscoli danteschi inediti o rari, diretta da G. L. Passerini, si è recentemente publicato il volume 33°: Il Dante Vaticano e l'Urbinate descritti e studiati per la prima volta dal prof. Giovanni Franciosi. Sono ora in preparazione il volume doppio 34°-35° con uno studio di S. Scaetta su La fama in Dante, e il 36° con uno studio di A. Torre sopra La fortuna di Dante nel secolo XVIII, coi quali volumetti si chiuderà la terza annata della Collezione. Il volume di settembre, che conterrà alcuni scritti di Vittorio Imbriani sfuggiti alla ristampa del Tocco, e sarà curato dall' Amalfi, aprirà una nuova serie ordinata soltanto a raccogliere le migliori scritture dantesche già edite e divenute rare, o rimaste inedite dopo la morte dei loro

autori.

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L'INFERNO DI DANTE. Leggiamo nell'Arte illustrata:

"A Budapest i pittori del teatro ungherese stanno allestendo una maravigliosa costruzione, e cioé l'Inferno di Dante. Il colossale lavoro può essere fatto in grazia ai risultati dell'elettro-tecnica. I pittori Molnar e Trill sono già da quattro anni intenti a questo lavoro.

"A dare una esatta riproduzione dell'idea dantesca erano necessarie costruzioni di vetro trasparenti, illuminazioni a colori, macchinismo teatrale, specchi e riflessi e tanti altri accessorî. I pittori Molnar e Trill hanno provveduto a tutto ed avevano deciso di portar l'opera loro all'esposizione mondiale del 1900 a Parigi.

"I migliori pittori e scultori dell' Ungheria e dell'estero hanno prestato l'opera loro per rendere completo questo panorama che riescirà il piú interessante de' finora veduti. La menzionata esposizione ha luogo in occasione delle feste millennarie.

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Da Napoli, il prof. Nicola Zingarelli ci dà la lieta notizia che nel prossimo ottobre sarà colà istituito un comitato regionale della Società dantesca italiana.

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Alla Direz. del Giornale dantesco son pervenute le seguenti publicazioni:

ALIGHIERI DANTE. Il trattato " De vulgari eloquentia, per cura di Pio Rajna. Firenze, successori Le Monnier, 1896, in-8°, gr. (Dalla Società dantesca italiana).

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ALIGHIERI DANTE. La Vita nuova con introduzione, commento e glos sario di Tommaso Casini, 2a edizione, riveduta e corretta. In Firenze, G. C. Sansoni editore, (tip. G. Carnesecchi e figli), 1891, in-16.° (Dall'editore).

BELLI GIACOMO. Nuovo commento alla divina Commedia di Dante Ali ghieri. Roma, Tip. editrice romana, 1896, in-8°, disp. 2. (Dall'autore). BONGHI SALVATORE. Annali di Gabriel Giolito de' Ferrari. Roma, (Lucca, tip. Giusti), 1896, in 8°, vol. II, fasc. 1 a 3. (Dal Ministro dell'Istruzione).

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CAVEDONI CELESTINO. Raffronti tra gli autori biblici e sacri e la divina Commedia, con prefazione e per cura di Rocco Murari. Città di Castello, S. Lapi, tip. editore, 1896, in-16°. (Dall'editore).

COMANI P. E. Breve storia del medio-evo ad uso delle scuole secondarie. In Firenze, G. C. Sansoni, editore, (tip. di G. Carnesecchi e figli), 18951896, voll. due, in-16°. (Dall'editore).

DURAND-FARDEL MAX. - Dante Alighieri. Une vue du " Paradis. Paris, Librairie Plon, 1894, in-16°. (Dall'autore).

L'Amour dans la divine Comédie. Paris, Librairie Plon, 1895, in-16o. (Dall'autore).

La personne de Dante dans la divine Comédie: étude psycho logique. Paris, Librairie Plon, 1896, in-16o. (Dall'autore). GHIGNONI ALESSANDRO.

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"Delfica deità (Parad., I, 22-33). (Estr. dal Giorn. stor. d. lett. it., XXVI, 453), in-8°. (Dall'autore).

MOSCHETTI ANDREA. Relazione del civico Museo [di Padova]. Anno 1895. Padova, tip.-litografia dei fratelli Salmin, 1896, in-8°. (Dall'autore).

NATOLI LUIGI. Studi su la letteratura siciliana del secolo XVI. I. La formazione della prosa letteraria innanzi al secolo XVI. Palermo, tip. fratelli Vena, 1896, in-8°. (Dall'autore).

-

Di alcune recenti pubblicazioni su la scuola poetica siciliana del secolo XIII. Palermo, tipografia "Lo Statuto,, 1896, in-8° gr. (Dall'autore). REPORT (Fourteenth Annual) of the Dante Society (Cambridge, Mass.), May 15, 1895. Boston, Ginn and Company, (For the Dante Society), 1895, in-8. (Dalla Dante Society.)

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SCHERILLO MICHELE. -Alcuni capitoli della biografia di Dante. Torino, Ermanno Loescher, (Stab. tip. Vincenzo Bona), 1896, in-8°. (Dall'editore). VILLANI FILIPPO. Il comento al primo canto dell'Inferno, publicato ed annotato da Giuseppe Cugnoni. Città di Castello, S. Lapi tip.-editore, 1896, in-16°. (Dall'editore).

ZINGARELLI N. "Santo Pietro. (Inf., XVIII, 28). (Estr. dalla Rassegna crit. d. letter ital., I, 75-77), in-8°. (Dall'autore).

AVVERTENZA.

Il giorno 28 del corr. lugliola Direzione del Giornale è stata provvisoriamente trasferita a MARINA DI PISA, Villino Passerini, dove dovranno essere diretti, fino a nuovo avviso, le lettere, gli articoli, i libri e le riviste che fanno il cambio col Giornale dantesco.

Proprietà letteraria.

Città di Castello, Stab. tip. lit. S. Lapi, 31 di luglio 1896.

G. L. PASSERINI, direttore.

LEO S. OLSCHKI, editore-proprietario, responsabile.

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Voce da l'alto gli rispose Dante,
ciò che vedesti fu e non è: vanío
con la tua visïon, mondo raggiante

ne gl'inni umani de la vostra Clio.
Dal profondo universo unico regna
e solitario sopra i fati Dio.

Italia Dio in tua balía consegna,
sí che tu vegli spirito su lei,
mentre perfezion di tempi vegna.

Va, batti, caccia tutti falsi dèi,

fin che Dio seco ti richiami in alto

a ciò che novo paradiso crei.

Cosí di tempi e genti in vario assalto

Dante si spazia da ben cinquecento

anni de l'Alpi su 'l tremendo spalto;

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ed or s'è fermo, e par ch' aspetti, a Trento.

20 settembre 1896.

GIOSUE CARDUCCI.

* Per gentile consentimento dell'illustre autore la Direzione del Giornale dantesco è lieta di poter riprodurre questi versi che furono già pubblicati nel vol. Il Trentino a Dante Alighieri, Trento, Zippel, 1896.

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