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VARIETÀ

Per la ricerca di un commentario latino della divina Commedia, dettato nella prima metà del secolo XV (Lettera al conte G. L. Passerini).

Ill.mo sig. Conte,

La squisita cortesia del marchese Ferdinando Collicola ha posto nelle mie mani un foglio di antica scrittura, contenente l'estratto di un commento latino alla divina Commedia, che non credo sia mai stato pubblicato, e oggi forse neppure si conosce. Questo estratto che può interessare gli studiosi di Dante, consiste in una nota al v. 29 del c. XXVII dell'Inferno, ove Guido da Montefeltro tocca della propria origine; e il commentatore reca in proposito la genealogia dei signori di Montefeltro, dal ceppo vecchio all'anno 1440. Un tal Lazarino da Faenza, che non ho potuto sapere chi fosse, pare abbia trascritta questa nota genealogica in servigio dei conti di Carpegna, fra molte carte dei quali, passate alla famiglia Collicola, trovasi ora il nostro documento, che invita alla ricerca dell'antico commentario dantesco, da cui venne estratto. A tergo del foglio è un occhietto che dice: Genealogia dei signori Conti di Gattara e di Carpegna, e in una scheda separata si leggono le seguenti parole: Scritura del Conte Guido di Carpegna auta dal Lazarino da Faenza.

Ecco ora il contenuto del foglio:

Genealogia Illmae et antiquissimae Domus Feltriae reperta in Commentario manuscripto Dantis vetustissimi in Cantu XXVII inferni faciente mentionem de Guido Feltrio super illo versu

Ch'io fui de' monti là intra Urbino

Hic comes Guido notificat suam progeniem, Dominium, et locum unde traxit originem: ubi sciendum est qm ist Comes Guido habuit dominium Urbini Montisferetri, et Forilivij, et fuit de Domo Comitum Montisfeltri, qui primam suam originem traxerunt e Comitibus de Carpineo. Isti Comites de Carpineo sunt antiquissimi in Italia, et habent Castra ipsorum non sub dominio ecclesiae, sed exempta per antiquissimos Inperatores quia antiquitus venientes ad partes, Unus habuit Carpineum, Alius habuit Petram rubeam, Tertius vero habuit Montem Cupiolum. Ab isto tertio processit Domus Comi

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1 Gattara, Miratojo, Bascio, Scavolino sono castelli del Montefeltro.

2 Litta, Famiglie celebri: Guido.

Id. Galeazzo.

4 Id. Antonio.

2

tum de Montecupiolo, qui dicti sunt postmodum Comites Montisfeltrij, qm habuerunt Dominium Civitatis Montisfeltri, sive Feretri, ubi nunc pp. sterilitatem Paucissimi habitant, et illa Civitas hodie dicitur Sanctus Leo, propter S." [Sanctum] Leonem socium S." Marini qui ibi habitavit, et sepultus est. Ab ista ergo notabili Domo de Montecupiolo, sive Comitum Montisfeltri, et ante hunc Comitem Guidonem, et post ipsum, quamplurimi Ill.mi Comites, et Viri, tam in armis quam in prudentia processerunt, quorum alliquos enunciabo. Ante hunc Guidonem precessit suus Proavus Illmus Comes monfeltrinus, qui genuit Boncontem, et Thadeum, qui Thadeus genuit Coradam, et Malatestam, Dominus vero Boncomes genuit Comitem Monfeltrinum Iuniorem, et Dominum Cavalcam. Cavalca genuit Galassum, Galassus genuit Guidobonum, et Boncontem. Comes vero Monfeltrinus Iunior genuit Guidonem de quo hic fit mentio, Rolandum, Thadiolum, et Feltranum, qui Feltranus genuit Speranzam, Speranza genuit Angelum, Angelus genuit Nicolaum. Comes vero Guido prefatus genuit quatuor filios Coradam, Ugonem, Boncontem et Federicum Antiquum Proavum Comitis Antonij: qui Federicus genuit octo filios masculos Guidonem, Boncontem, Franciscum, Galassum, Ugolinum, Henrigum, Feltranum, et Nolfum, quorum tres alios filios genuerunt, qm Galassus genuit quatuor Boncontem, Guidonem, Nolfum et Paulum, qui Paulus genuit Ugolinum, et Federicum, Feltranus et filius Federici antiqui genuit quatuor filios Galassum, Carolum, Nolfum, et Spinettam, Nolfus etiam filius Federici antiqui genuit unum Filium Ill." Federicum Iuniorem Patrem Comitis Antonij, qui Federicus genuit quatuor filios Guidonem, Nolfum, Galassum et Antonium. Patrem Comitis Guidantonij, qui nunc actu vivit et Dominat Sive ergo origo istorum de Montefeltro describat a Carpineo, sive a Montecupiolo ibidem propinquo, Iste locus ponitur infra Urbinum, et Montes sive Iugum unde habet

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3

Quello, che il poeta ha collocato nell'ottava bolgia dell'ottavo cerchio dell' Inferno per il mal consiglio dato a papa Bonifacio VIII, Ma Dante parla di lui anche nel Convito, con parole di grande encomio accennando alla sua conversione (IV, 28): "Certo il cavaliere Lancillotto non volle entrare colla vela alta, né il nobilissimo latino Guido Montefeltrano. Bene questi nobili calarono le vele delle mondane operazioni, ché nella loro lunga età a religione si renderono, ogni mondano diletto e opera diponendo Nel che gl'interpetri hanno voluto vedere una contraddizione, e cercarono giustificare l'Alighieri dicendo che nella Commedia la fa poeta, nel Convito da storico; oppure affermando, non so con quanta verità cronologica, che, quando descriveva questa parte dell'Inferno, era meglio informato sul conto di Guido; o dichiarando addirittura che l'episodio è in onta a Bonifacio VIII. (V. l'opera del p. Tosti su questo pontefice). Niente di tutto ciò. Nel Convito Dante giudica il fatto umano, quale apparisce agli occhi dei mortali; nel poema è scrutatore del cuore, e giudice d'oltretomba. bisogna distinguer questo ministero spirituale, presso a poco com'esso in Bonifacio distingue il Vicario di Cristo, quando con tono di profeta stigmatizza l'ingiuria infertagli dal nuovo Pilato, Filippo il Bello (Purg., XX).

In lui

Il Litta pone, non Feltrano ma Taddiolo padre di Speranza, che dice " guelfo di nazione, e oltre di ciò contrario al fratello Guido anche per questione di ereditaggio „,.

3 È quello che il poeta trova nell'antipurgatorio perché peccatore insino all'ultim'ora. Ponendo egli nell'Inferno Guido che per tempo s'indusse a penitenza, mentre il figlio si salva all'estremo momento per virtù

Del buon dolor che a Dio ne rimarita

Guidantonio mori in Ur

conferma coll'esempio l'efficacia della grazia e la teoria anche della predestinazione.
Qui il nostro documento porta segnato in margine l'anno 1440.
bino li 21 febbraio 1443.

originem, et incipit fluere Tyber sive Fluvius Tyberis, qui exit a montibus propinquis Alverniae

Accanto a questo documento, caso singolare! si ha un mezzo foglio di tutt'altra scrittura, ma bella e nitida, ch'è però lacero da un capo, perché sembra aver servito ad involgere il documento stesso; e questo mezzo foglio porta pure una nota latina, tratta probabilmente dal medesimo commentario, relativa a quel terzetto dal XIV canto del Purgatorio, ov'è ricordo dei liberali di Romagna. Riporto anche questa, benché non abbia nulla di nuovo, essendo redatta in termini pressoché uguali a quelli dei commenti latini che sono a stampa, né vada esente da qualche errore od omissione.

Ove il buon Lutio et Arrigo Mainardi
Pier traversaro e Guido di Carpigna
O Romagnoli tornati in bastardi.

“Bonus si quid, et constans fuit lutius de Vall [ebona].

sibi mortem filii inaspettatam respond. nuntiasti nam eum mortalem sciebam.

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est. Arrigus Mainardus etiam fuit ex Beretinorio vir nobilis, et summae probitatis coniunctus, quid amicitia huic Guidoni Carpignae quem Poeta loquentem inducit qui eo mortuo fecit secari lignum in quo ambo soliti erant sedere asserens quod alius ei, scilicet in libertate remanserat qui locum illum occupare dignus erat. Petrus de Traversaris fuit Dominus Ravennae integerrimus, qui filiam suam Stephano Regi Ungariae in matrimonium copulavit, floruitque tempore Federici secundi. Guido de Carpigna hic fuit e montefeltro et omnes sui temporis liberalitate superavit, hic cum fecisset lautis simum convivium deficiente pecunia medietatem praetiosae cultricae quam habebat vendidit, de qua re a sociis increpitus tali scemate se excusavit quod in aestate pro calore pedes extra cultram, in hyeme pro frigore contranatos rettineret [et] si utrique tempori medietas cultrae satisfaciebat „.

Gradisca, sig. Conte, questo tenue contributo alle sue celebrate efemeridi dantesche, ed augurandomi ch'esso possa avviare alcuno de' suoi dotti collaboratori a qualche utile scoperta, nelle città di Romagna, dove giace forse dimenticato il manoscritto dell'antico commento, mi protesto

Di Lei,

Spoleto, 28 di settembre 1896.

dev.mo e obb.mo GIUSEPPE PIERGILI.

RIVISTA CRITICA E BIBLIOGRAFICA

Recensioni.

FILIPPO VILLANI. Il commento al primo canto dell' "Inferno, pubblicato ed annotato da Giuseppe Cugnoni. Città di Castello, S. Lapi, tip.-editore 1896, in-16°, (Collez. di opuscoli danteschi ined. o rari diretta da G. L. Passeniri n. 31-32).

Il chiarmo professore Cugnoni, già benemerito di quest'ottima Collezione, poiché per le sue cure essa si iniziava con la pubblicazione, nei quattro primi suoi numeri, delle "Postille, e degli "Scritti danteschi, del Betti, dal cod. Chigiano L, VII.253 pubblica per la prima volta il commento, che del primo canto della divina Commedia stendeva, a preghiera dell'amico M. M. F. L., Filippo Villani, il quale "nipote di Giovanni Villani qui Danti fuit amicus et sotius,... della propria bocca di lui apprese la ragione, ond'e' fu mosso a poetare, anziché in latino, in volgare.

L'opuscolo può considerarsi constare di tre parti: la introduzione del Cugnoni (pagg. 5-20), il proemio del Villani (pagg. 21-82) e il commento propriamente detto del primo canto (pagg. 82-216).

Il Cugnoni nella introduzione, dopo aver richiamata la descrizione del cod. Chigiano fatta dal De Batines, a dimostrarne il non picciol valore, accogliendo contro il Foscolo, l'opinione del Mazzucchelli e del Pelli che il Villani scrivesse un codice della divina Commedia nel 1343, tocca dei lunghi studi su di essa compiuti per circa sessant'anni dal Villani medesimo, che giovinetto ne trascriveva una copia, e poté, come appare dalla nota ch'egli appone al verso “Ah quanto a dir qual'era è cosa dura „, consultare una copia del poema scritta di mano stessa di Iacopo figlio di Dante, e, pressoché ottuagenario, ne diveniva, per invito della Signoria di Firenze, terzo pubblico espositore. Viene quindi il Cugnoni a chiarire in brevi pagine sí la contenenza del commento e sí gli intendimenti del commentatore, che egli riassume cosí: "Pel Villani la divina Commedia non ha concetto, non racconto, non locuzione, non parola, che in sé non asconda il mistero di una qualche dottrina acroamatica, morale, o civile, o religiosa. Sicché tutto il suo studio riesce ad un continuo sforzo per trar fuori dagl' involucri poetici di simiglianti rivelazioni (pag. 13). Segue un esempio di ridicole bizzarrie del Villani nella ricerca dell'allegoria a tutti i costi, e finisce con acerbe parole contro la genía dei chiosatori e ciurmadori, che regalano da tanti secoli Dante di sensi e di intendimenti bislacchi, cervellotici, inverosimili, contraddittorî, mostruosi (pag. 16); tra i quali però io non vorrei annoverare, come parrebbe che il Cugnoni

voglia fare, quel buon Filippo Villani, che dedica l'ingenua opera sua a Dio dicendo ".... michi placebit, sublimi Deo, a quo venerunt, inventa dedicare mea, qualiacumque sint, quam indignis parumque gratis pompis (pagine 22-3). " Lo stesso chiarissimo professore attenua il suo giudizio piú tardi, dopo aver accennato alla lingua e alla forma del commento che egli pubblica, con trovare che il vizio della troppa ricerca dell'allegoria è minore rispetto al primo canto, il quale è sommamente allegorico; che il proemio è saviamente condotto; e che il Villani s'atteneva al buon metodo di spiegar Dante con Dante. Per le quali cose ben a ragione il Cugnoni conchiude: “... alla guisa che nelle gallerie e nelle pinacoteche non ogni capo è di Michelangelo o di Raffaello; ma in servizio della storia dell'arte, vi stanno raccolte statue e dipinture d'ogni età e d'ogni maniera, dalle rudi, alle mediocri, alle avvistate; cosí nella serie degli espositori di Dante è bene non manchi uno dei più antichi, Filippo Villani,; e dall'opera sua, che ne preparava la pubblicazione per la Collezione Dantesca, questa ottiene nuovo pregio, e gli studî danteschi non discutibile, anzi certo e buono vantaggio.

La prefazione del Villani, che dividesi in ventitré capitoli, è preziosa, ben diceva il Cugnoni, perché contiene notizie finora ignote, o non bene accertate. In essa dopo un retorico rimpianto della viltà de' suoi coetanei, che nulla piú che l'oro avevano in prezzo, non curanti di lasciar brama di sé dopo questa vita; dimostrato, anche con passi della Bibbia, come si renda meritevole di premio innanzi a Dio colui che si faccia a svelare le verità nascoste nelle opere letterarie, nei capitoli II, VI, VII, VIII, IX e X tratta del polinsenso in quelle; della materia, della forma, del fine, del genere di filosofia e del titolo della divina Commedia, parte traducendo dal Boccaccio, parte copiando alla lettera e parte parafrasando largamente l'epistola di Dante a Can Grande, con invertirne solo un po' l'ordine dei capitoli (VILLANI C. II. DANTE c. 7, 8; VILL., C. VI, DANT., c. 8; VILL., c. VII, DANT., c. 9: Vill., c., VIII, Dant., c. 15; VILL., c. IX, Dant., c. 16; VILL., c. X DANT., c. 10). Così dal Boccaccio (ediz. MILANESI, Firenze, Le Monnier, 1863. Vol. I pagg. 82 e 59) prende a trattare nel c. III delle cause del poema e de' primi sette canti dell' Inferno stesi prima dell'esilio; nel IV tocca del tempo, in cui Dante scrisse la divina Commedia, nel V, trattando de ingenio moribus et vita poete si dispensa dal discorrerne a lungo, per le vite di Dante, che aveano scritte già il Boccaccio ed egli medesimo; della sua riporta anche alcune frasi.1 Il capitolo XI è dedicato a Omero e a Virgilio, come precursori di Dante; il XII ad enumerare alcune figure retoriche necessarie al poeta e alla figura di Dante nel poema; il XIII, importante, parla del senso mistico e delle figure di Dante, di Virgilio, di Beatrice, di Stazio e di san Bernardo nella divina Commedia, il XIV del possibile intelletto. Il Boccaccio offre quindi materia (Op. cit. pag. 92-101) al Villani per i capitoli XV, XVII, e XVIII, che trattano dell'essenza dell'infer

1 Cfr. pag. 31 e M. SCHERILLO Alcuni capitoli della biografia, di Dante, Torino, Loescher 1896, pag. 61.

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