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Dopo l'edizione del Corbinelli parecchie ne seguirono: il Rajna fa la storia di esse notando di ciascuna la importanza e rilevando quali furono materiali ristampe, e quali portarono contributo nuovo di studi e correzioni nuove intorno al testo del De vulgari Eloquentia, quali infine cominciarono a far conoscere e ad usare i manoscritti, come quella del Fraticelli che informò del codice Grenobliano e quella del Torri che conobbe tutti e tre i manoscritti che ancora si conservano. Più recenti sono gli studi del Boehmer e del Witte, le osservazioni del D'Ovidio e infine i recentissimi lavori dei signori Prompt e Maignien nella loro edizione fototipica citata di sopra e del Prompt medesimo in questo Giornale.

Da ultimo il Rajna dà conto in questo capitolo di quello che egli ha fatto per avere conoscenza sicura e profonda di tutto il materiale diplomatico; né è il caso di ripeterlo qui; chi leggerà e studierà ammirerà il suo magistrale studio dei codici.

Compiuta cosí la parte storica dell' Introduzione s'entra ora nel capitolo, piú originale, su i Fondamenti e i criteri dell' edizione presente. Anzitutto sono studiati i rapporti fra i tre codici. E se ne ricava che il Vaticano non è voce ma eco, derivando dal Trivulziano; questo e il Grenobliano sono collaterali, il primo forse di poco piú antico, il secondo per rispetto al testo piú integro. Il comune prototipo X rappresenta già una tradizione turbata, come dimostrano gli spropositi comuni a tutti e due i discendenti; X infine non deriva direttamente dall'autografo, fra quello e questo ben altri mediatori dovevano esservi. Ma X rappresentando già una tradizione viziata, quando col confronto di G. e T. si fosse arrivati a ristabilire il testo di quello, non si sarebbe giunti ad avere una lezione soddisfacente.

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Per spingersi piú su, bisogna ricorrere alla critica congetturale; intorno alla qualità e all'uso della quale il Rajna ha scritto una pagina che dovrebbe essere impressa nella mente di chi si accinge a lavorare con correzioni sulle scritture di tempi passati e che qui riferirò perché un qualche passo del libro trascritto testualmente giova a farlo conoscere e ammirare piú che questo mio pallido riassunto. La critica vera congetturale non è quella sua falsa parente, che un tempo non si sapeva neppur distinguere da essa, e che ancora qui da noi ne usurpa tanto spesso l'ufficio. Costei si permette di sostituire a ogni cosa qualunque altra cosa che le paia star meglio; la vera critica congetturale, e non si crede lecito d'intervenire se non quando l'ermeneutica abbia dovuto riconoscere la propria insufficienza, e si fonda fin dove può sulle ragioni paleografiche. Ogni qualvolta cioè, s'ha dinanzi uno sbaglio, bisogna domandarsi (mi si conceda di dir cose superflue per certuni, poiché pur troppo, non superflue per tutti) cosa possa avergli dato nascimento. La ricerca dell' origine si deve fondare, parte sulla conoscenza dei fenomeni generali che si producono in qualsivoglia lavoro di trascrizione ; parte invece sopra lo studio di condizioni speciali. Sono dunque da distinguere due classi di errori. Appartengono alla prima le omissioni a cui dà luogo il ripetersi a breve distanza di una medesima frase o parola e i fatti

che chiamerei di anticipazione, di attrazione, di reminiscenza. Spettano alla seconda gli sbagli che ripetono il loro perché dalla forma delle lettere o dal modo in genere della rappresentazione

Ecco perché, come dice appresso il Rajna, non bisogna, ricorrendo alla critica congetturale, slanciarsi senza sentire in qualche modo la terra sotto i piedi. E fu naturale conseguenza di questo canone se il Rajna, che nella ricostituzione del testo vuol partire sempre dai manoscritti, i quali anche attraverso gli errori possono rivelare la giusta lezione, si determinò a scrivere nella prima rubrica del trattato: DE VULGARI ELOQUIO e non De vulgari Eloquentia come quasi certamente scrisse Dante, secondo accertano il principio e la fine del trattato, e un luogo del Convivio (I, V) e confermano infine le testimonianze concordi del Villani e del Boccaccio. 1

Un aiuto validissimo alla critica congetturale è porto all' editore da uno studio novissimo ch'egli intraprese per istabilire nel testo un'ortografia che fosse non solo quella seguíta nell'età dantesca, ma piú propriamente quella di Dante.

Giustamente il Rajna si maraviglia come molti "trasportano fuori del dominio delle edizioni diplomatiche l'arcaismo camuffando con ortografia moderna i testi medioevali mentre egli crede assolutamente doveroso di conservare al testo il suo carattere medioevale.

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Per riuscire in questo, punto di partenza sono i due codici, ma perché non è presumibile che l'ortografia dantesca fosse sempre costante, cosa che non può ammettersi per nessuno e molto meno ai tempi di Dante, i due codici, per quanto studiati razionalmente, non possono bastare per la ricerca della verità. Bisogna quindi interrogare le grammatiche e i lessici che servivano all'insegnamento nel medio evo e più specialmente quelli che rivelano la loro origine toscana per il fatto che in essi dové imparare Dante a scrivere il latino. Però anche questi per esserci pervenuti in copie contaminate da trascrittori, sono fonti relativamente impure: piú sicuro ancora si trova il critico attingendo agli autografi dei fiorentini vissuti sul declinare del secolo XIII e al principio del XIV, cioè ai protocolli dei notai che formano una delle tante ricchezze dell'Archivio di Stato di Firenze. Molti, è vero, di questi notai sono ignoranti delle buone regole; ma fra essi non mancano i dotti, e v'è, per esempio, un Lapo Gianni i cui documenti notarili si distendono per un trentennio circa. Preziosi pure possono riuscire gli autografi di Brunetto Latini e quelli di Giovanni Boccaccio, a sgombrare il cammino specialmente quando ci offre trascrizioni di epistole dantesche. Questo è tutto il materiale di cui si giova il Rajna per affrontare la questione ortografica. Prima di lui non sappiamo che alcuno abbia inteso la

1 II PARODI in Rass. bibliogr. d. lett, ital. IV, 257) avrebbe voluto che il Rajna avesse introdotto la vera intitolazione, osservando che eloquio potrebbe essere una cattiva lettura di eloquentia; il che darebbe fondamento paleografico alla correzione. E l'osservazione par giusta.

vera importanza di essa; certo nessuno da noi avea prima compreso il vantaggio che si può ritrarre da quelle ricchezze dell'Archivio fiorentino.

Prima però di servirsi, caso per caso, dell'aiuto di tutto questo materiale, il Rajna, che ha un concetto veramente fine, diremmo quasi ideale del metodo, espone e discute le soluzioni che gli paiono da adottare intorno ad alcune questioni speciali delle quali era bene chiarire prima di incominciare il lavoro di ricostituzione del testo.

Le questioni di cui si occupa sono prima alcune più o meno comprensive, come raggruppamenti e disgiunzioni di parole, assimilazioni, ecc. poi alcune piú particolari, come vocaboli spiccioli, che sono esaminati seguendo l'ordine alfabetico.

Questo per l'ortografia latina del testo; per le rubriche non dantesche bisogna attenersi all'autorità maggiore dei codici; per le citazioni di poesie volgari non bastano i due codici, ma convien rivolgersi anche alle raccolte che contengono per intero i componimenti allegati. E per le citazioni provenzali è dovere ricorrere non solo ai quattro canzonieri A. D. I. K. che rappresenterebbero, secondo il Bartsch, la tradizione manoscritta della poesia occitanica conosciuta da Dante, ma anche ad altri; e per le citazioni italiane non al solo Vat. 3793; il Rajna contraddice alle opinioni del Bartsch e del Salvadori e crede che Dante possa aver avuto conoscenza anche di altri codici italiani e provenzali che non siano i summentovati.

1

Il testo costituito con questo metodo e con questi elementi è via via accompagnato dall'apparato critico e dalle note. Il primo tende a completare la conoscenza della tradizione diplomatica, riferendo in ogni cosa la lezione esatta dei codici, le seconde riferiscono e discutono le varie lezioni dei precedenti editori e interpreti del trattato e mirano ad assodare con ragionamenti scientifici di ogni ordine la lezione adottata. Cosí, apparato critico e note formano una storia critica delle vicende del testo e valgono a soddisfare anche il più esigente in cosiffatto genere di studi.

Chi legga con attenzione la introduzione del Rajna e poi studï il libro di Dante nel nuovo testo non potrà non persuadersi quanto quello abbia guadagnato nella novissima edizione; e non sarà perciò arrischiato il dire che se una edizione può aspirare al vanto di essere definitiva, questa è tale; essa fa onore all'illustre romanista ed è degna del grande amore con cui oggi in Italia si studia il divino Poeta.

Lucca, decembre 1896.

M. PELAEZ.

1 Le divergenze del codice Vaticano che sarebbe stato inutile introdurre nell'apparato, sono raccolte per amore di compiutezza in una speciale appendice alla Introduzione.

NOTIZIE

Gli editori del Codice diplomatico dantesco annunziano di avere scoperto nell'Archivio di Stato di Firenze [Consulte, V, cc. 14 recto], un atto consiliare del Comune fiorentino dal quale risulta che Dante Alighieri partecipò anche il 28 di settembre 1301 al Consiglio dei Cento. Di questo nuovo documento, che sarà riprodotto e illustrato nella prossima dispensa del Codice, gli editori hanno intanto data la trascrizione in un estratto, del quale ci occuperemo nel prossimo quaderno del Giornale.

Per le molte difficoltà del lavoro e più di tutto per la stagione sfavorevole alle riproduzioni fotografiche, la pubblicazione del Codice diplomatico dantesco ha dovuto subire un lungo ritardo. Ma possiamo ora assicurare gli studiosi, i quali attendono con giustificata impazienza la continuazione e il compimento dell'opera, che mentre gli editori prof. Guido Biagi e G. L. Passerini non hanno perduto il loro tempo, preparando intanto copia di materiali a nuovi fascicoli, gli associati saranno compensati presto e bene della lunga attesa. Tra il gennaio e il febbraio del nuovo anno si pubblicheranno, immancabilmente, la seconda e la terza dispensa, contenenti la riproduzione e la illustrazione delle Consulte alle quali Dante partecipò dal 6 di luglio 1295 al 28 di settembre 1301, e, quindi, a brevi intervalli, la quarta, la quinta e la sesta cui documenti della ambasceria dantesca al vescovo di Luni e della ragunata dei Bianchi nel coro di San Godenzo.

L'editore Carlo Winter di Heidelberg ha pubblicato, con rara magnificenza di tipi, l'opera del nostro illustre collaboratore Alfredo Bassermann: Dantes Spuren in Italien, adornando il volume di una grande carta d'Italia e di sessantasei tavole nelle quali son riproduzioni squisite di rappresentazioni dantesche tolte da freschi, miniature di codici e stampe antiche.

The System of Courtly Love studied as an introduction to the Vita Nuova of Dante, è il titolo di un recente lavoro di L. Freeman Mott edito dai signori Ginn e co. di Boston.

Proprietà letteraria.

Città di Castello, Stab. S. Lapi, 31 di decembre 1896.

G. L. PASSERINI, direttore.

LEO S. OLSCHкI, editore proprietario, responsabile.

Indici del vol. IV del Giornale dantesco

I.

SOMMARIO DEI NOVE QUADERNI

QUADERNO I-II.

F. TORRACA. Sul Sordello di Cesare de Lollis, pag. 1. T. CASINI. Dante e la Romagna, IV,
pag. 43. G. MELODIA. Dante e Francesco da Barberino, I, pag. 58.
Chiose dantesche:

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A. DOBELLI. L'Alessandro e il Dionisio del c. XII di Inferno, pag. 68. Lettere di dantisti,
a cura di A. FIAMMAZZO (GIO: PRATI e C. WITTE a J. Ferrazzi), pag. 72. Rivista cri-
tica e bibliografica: Recensioni di G. L. Passerini, R. Murari, G. MelodIA e F. RONCHETTI,
pag. 75.
G. L. PASSERINI. Bollettino bibliografico (N. 591-664), pag. 83.
Notizie ;

libri ricevuti in dono, pag. 94.

QUADERNO III.

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L. MASCETTA ·

G. MELODIA. Dante e Francesco da Barberino (continuazione e fine), pag. 97.
CARACCI. Dante in Shakespeare, pag. 110. Lettere di dantisti, a cura di A. FIAMMAZZO
(C. WITTE a G. J. Ferrazzi), pag. 119. G. MARUFFI. Chiosa dantesca, (Par., XXI, 121-
123), pag. 121. A. RONCHETTI. Una risposta al prof. Filomusi-Guelfi, pag. 123. Rivi-
sta critica e bibliografica: Recensioni di G. L. PASSERINI, G. AGNELLI e G. BIAGI, pag. 126.
Notizie, pag. 141.

-

QUADERNO IV.

A. TORRE. Le Lettere virgiliane e la Difesa di Dante pag. 145. A. BONGIOANNI. Guldo
Guinizelli e la sua riforma poetica, I, pag. 161. Chiosa dantesca: R. MURARI. Per l'inter-
pretazione di due versi danteschi (Inf. I, 8-9), pag. 172. Varietà: P. BELLEZZA. Delle
citazioni dantesche in alcune scritture forestiere, pag. 175. Rivista critica e bibliografica:
Notizie, pag. 191.

F. RONCHETTI. I cieli danteschi: pensieri di A. Galassini, pag. 181.
Libri ricevuti in dono, pag. 192.

QUADERNO V-VI.

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G. CARDUCCI. Per l'inaugurazione del monumento di Dante a Trento, pag. 193. - N. ZINGARELli.
Il sesto cerchio nella topografia dell'Inferno (esercitazione filologica), pag. 194. G. ME-
LODIA. Difesa di Francesco Petrarca, pag. 213. - A. BONGIOANNI. Guido Guinizelli e la sua
riforma poetica, II, pag. 248. Varietà: G. PIERGILI. Per la ricerca di un commentario

Giornale dantesco, IV [N. s., vol. I]

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