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SORDELLO

L'allusione del Pegulhan, benché preceduta e attenuata da dichiarazioni cortesi, lo punse, l'irritò. Cosi, io credo, cominciarono a odiarsi.

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Americo nominò Sordello, per incidenza, quando rispose a una domanda di G. Figueira. -"Signor Americo, che vi pare del valente Bertrando d'Aurel, il quale a Brescia, l'altro giorno, giocò in modo nuovo, e due volte disse scacco a Guglielmo da Duifraire con un coltello?, E l'altro: "Figueira, fece bene Bertrando a lasciar, senza protesta, di giocare col maestro del signor Sordello „. Di Guglielmo del Duifraire - un luogo del Nizzardo non si conoscono versi, e può nascer il dubbio se egli a Sordello insegnasse lingua e poesia provenzale, oppure il gioco degli scacchi. Nel primo caso, il più probabile, la perifrasi di Americo attesterebbe che la valentía del discepolo ridondava a gloria dell' oscuro maestro. Il dialogo tra il Pegulhan e il Figueira, del quale è argomento un caso occorso a Bertrando d'Aurel, inviterebbe a pensare se fosse verosimile che, tra il 1215 e il 1220, Sordello, il signor Sordello, avesse potuto essere noto fuori del borgo nativo che le coblas piene di reciproche ingiurie dirette da' due primi al terzo, potessero esser state composte mentre tutti e tre si trovavano non già in Toscana, a Firenze; bensí a Brescia, o da Brescia poco lontani. Però Goito è vicino a Brescia troppo piú che non a Firenze; è su la strada tra Mantova e Brescia! Per conto mio, non vedo perché non si debba collocare la nascita del Mantovano intorno al 1200: era nato in quell'anno Rolandino, e nel 1262 compí felicemente la cronaca. Le ragioni, per cui altri la collocano più tardi, per me non hanno valore, perché io non ho bisogno di farlo nascere sei o dieci anni più tardi per spiegare, in maniera diversa dalla loro, un caso occorso a Sordello.

II.

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"Messe a confronto e vagliate le diverse autorità sincrone, al De Lollis par lecito concludere che Sordello fu l'amante di Cunizza durante il suo soggiorno in Treviso, e che da Treviso egli fuggi, avendo a temere, oltre a quella del San Bonifazio e degli Strasso, anche l'ira di Ezzelino Principali fra le autorità sincrone sono, com' ognun sa, due biografie provenzali e il cronista padovano Rolandino. La piú estesa delle biografie racconta: Sordello, il quale s'intendeva in Madonna Cunizza, sorella di Ezzelino e di Alberico da Romano e moglie del conte di San Bonifacio con cui egli stava1, per volontà dei fratelli rapí la signora e la menò via: poco dopo, andato nel Cenedese presso gli Strasso suoi amicissimi, sposò segretamente Otta loro sorella, e poi se ne andò a Treviso; minacciato dagli Strasso e dagli amici del conte di San Bonifacio, faceva buona guardia, stando armato in casa di Ezzelino, e quando andava per la terra, cavalcava buon destriere con grande compagnia di cavalieri; infine, per paura di quelli, che volevano fargli male,

u

1 Quest' inciso serve a spiegare il de ipsius familia di Rolandino.

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si partí e andò in Provenza,. Secondo questo biografo, dunque, Sordello non ebbe con Cunizza se non quella spirituale quanto ufficiale corrispondenza d'amorosi sensi che soleva stabilirsi tra il trovatore e la moglie del proprio signore. L'altra biografia, piú breve, tace delle nozze segrete di Sordello con Otta; tace anche delle ragioni, che l'indussero ad andare in Provenza; delle relazioni tra lui e Cunizza mette meglio in rilievo il carattere cortese, cavalleresco, platonico. E se ne venne alla corte del conte di San Bonifacio, il quale gli fece molto onore; e s'invaghi della moglie del conte in forma di sollazzo, ed ella di lui. E avvenne che le relazioni del conte co' fratelli di lei si guastarono, e perciò il conte si straniò da lei; e il signor Ezzelino e il signor Alberico, fratelli di lei, la fecero rapire al conte dal signor Sordello, il quale se ne andò a star con loro, e stette lunga stagione con loro in grande contentezza Rolandino fu il primo a raccogliere, con un dicunt, la voce che quello di Sordello per Cunizza non fosse stato l'amor fino trovatorico, che egli si fosse giaciuto con lei. Si noti il dicunt; si noti che Rolandino, in Padova, non poteva essere esattamente informato di fatti avvenuti in Treviso; si noti, infine, che egli scriveva non meno di trentacinque anni, longum mortalis aevi spatium, dopo il ratto di Cunizza. A questo il De Lollis assegna la data del 1226: Rolandino ce ne informa lui cominciò a compilar la cronaca nel 1260, e la lesse, coram doctoribus et magistris, presente societate etiam laudabili bazalariorum et scolarium liberalium artium de studio Paduano nell'aprile del 1262. Che il cronista non avesse avuto i particolari precisi del fatto quando avvenne, o che, scrivendone dopo trentacinque anni, non li ricordasse a puntino, è implicitamente ammesso dal De Lollis, il quale crede ordinato il ratto di Cunizza da Ezzelino, o da Ezzelino e da Alberico insieme, come le biografie provenzali recano, non dal loro padre Ezzelino il Monaco come riferisce Rolandino. È, per conseguenza, da tenere per veridica la narrazione delle biografie, che contengono altri particolari "d'inoppugnabile storicità, non quella della cronaca, e mi fa maraviglia si lasci il De Lollis indurre da un'altra osservazione di quest'ultima - " et ipso (Sordello) expulso ab Ecelino - ad escogitare un legame di causa e di effetto tra la partenza da Treviso e la tresca. Esso legame, se pure il testo latino consente di supporlo, si spezza tosto che cessa d'esser credibile la notizia della tresca, della quale non si dimentichi Rolandino non si mostra punto sicuro. Se il cronista alla malfida notizia degli adulteri amori fece subito seguire tro periodo quella della partenza di Sordello, e questa giudicò effetto dello sdegno di Ezzelino, non disse che il tiranno fosse sdegnato di saper sua sorella scesa a commercio colpevole con un uomo di corte. Ben altri esempi di rilassatezza di costumi aveva dati la stessa famiglia dei Da Romano! Speronella, la prima moglie di Ezzelino il Monaco, non aveva abbandonato il marito per correre a gettarsi nelle braccia di Olderico Fontana, del quale s'era pazzamente innamorata senza conoscerlo, per le lodi, che de' costumi e della bellezza di lui aveva sentite? Cecilia, la seconda moglie, violata da Gherardo da Camposampiero e dal marito ripudiata, non tardò, dice il Verci,

ma in al

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" non tardò molto a contrarre nuovo matrimonio con Giacomo Ziani nobile veneto Più tardi Alberico accolse nella sua casa di Treviso Cunizza e l'amante di lei Bonio, essendo ancor viva, e in Treviso, la moglie di questo ultimo!

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A conferma della cacciata, o della fuga di Sordello da Treviso a cagione della sua tresca con Cunizza, il De Lollis cita" un serventese nel quale, parecchi anni dopo questi avvenimenti, il trovatore Peire Bremon Ricas Novas gli rinfacciava di aver osato tal cosa da non avere potuto restare tra i Lombardi, e di conoscer tutti i baroni da Treviso fino a Gap E aggiunge: "Nel laconismo di quei suoi due versi il Ricas Novas addita precisamente Treviso come il luogo dove Sordello dette sí bella prova di sé da dover subito allontanarsi di tra i lombardi. Fuor di Treviso lo spinse dunque l'ira del formidabile Ezzelino „. Sennonché il Bremon scrisse: “Giacché (Sordello) è tanto ardimentoso, Dio voglia ch'egli non mi abbia tra le unghie, ché egli fu tanto ardito (el fets tal ardimen) da non capire tra i Lombardi, Il Bremon ri

spondeva all'accusa di vigliaccheria gettatagli da Sordello in faccia, e con la frase q'entre 'ls Lombarts non cap volle rimbeccare un'ingiuria di Sordello: "Da sé l'ha allontanato il conte provenzale, e l'altro conte nol vuole, perché sa chi e quale egli sia, e dicono che i cavalieri del Tempio e dell'Ospedale l'hanno a disdegno, perché tra essi non può stare uomo vile e sleale,

quar entr'elhs no cap home volpils ni deslials.

È chiaro: Bremon non parla, in particolare, di tal cosa fatta, di sí bella prova data' per la quale il mantovano avesse dovuto fuggire dall' Italia, da Treviso; parla di ardire, di coraggio, genericamente; al rimprovero di vigliacchería risponde ironicamente: Oh sí, tu sei tanto coraggioso, che Dio mi scampi dalle tue mani; tanto valoroso, che tra i Lombardi non hai potuto esser contenuto, tra i Lombardi usurai e mercanti non hai voluto restare. Anche è chiaro, Pietro non fa di Treviso e di Gap i due punti estremi della fuga di Sordello, perché aggiunge subito dopo: " E poi di quelli (de' baroni) di Spagna troppo conosce e troppo sa Anche qui, per intendere la risposta, bisogna tenere a mente la proposta: Sordello aveva asserito che conti e cavalieri avevano

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1 Faire ardimen per aver coraggio, essere ardimentoso in senso buono, s'incontra spesso. Cfr. nel Canz. prov. O pubbl. dal De Lollis (Roma, Lincei, 1886), p. 27: "Conosc qe granz es l'ardimen Q'eu faz, car am tan autamen,„,; p. 44: Qe no. fos greu s'eu faz tan d'ardimen Q'eu retraia en chantan sa valor,,; p. 56: si.l reis l'en qeria Auria fait granz ardimen, E nel Rom, de Flamenca, 5110-21:

Cest ardimen ques el a fait

quar anc s'entrames d'aital plait

es argumens fis e verais

que per amor es en pantais

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* Basta aver letto il Decameron per sapere che in Francia lombardo era sinonimo di usuraio. Inetti alle imprese di guerra e avari li aveva descritti Raimondo de las Salas tenzonando con Bertrando d'Avignone non molti anni prima della contesa di Sordello con P. Bremon. Nel secolo XII B. de Born aveva lanciato al visconte di Talleyrand quest' insulto.

ni no geta lanza ni darf,
anz viu a guisa de lombart,

cacciato e disdegnavano Pietro; questi ironicamente ribatteva che davvero Sordello aveva trattato da tu a tu con i baroni lombardi, provenzali, spagnuoli. 1

certo

e non è

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I versi del Bremon, per conseguenza, non possono essere citati a conferma dell' opinione che Sordello dovette fuggir l'ira di Ezzelino. Anche meno validi mi sembrano gli argomenti, con cui ha voluto il De Lollis rinforzarla e sostenerla. A parer suo, se Pietro Guglielmo di Tolosa, tenzonando col Mantovano dubita delle sue oneste intenzioni riguardo alla sorella del conte di Rodez,, gli è che rievoca" il ricordo appunto d'un fratello ch'egli (Sordello) aveva senza scrupoli e benché non si trattasse del primo venuto, messo alla berlina; se Pietro Guglielmo di Luserna "atteggiandosi a difensore dell'onor di Cunizza, inveisce contro un malvogliente che vuol recarsi in Provenza e alla sua Luserna n, significa che il mantovano mal si rassegnava agli amori di Cunizza con Bonio, e "Peire Guiliem prevedeva la sua Luserna che al di qua delle Alpi fronteggia appunto Gap, come una delle probabili stazioni della fuga di lui,. Però, rispetto a' dubbi di Pietro di Tolosa, ammesso per che il conte il quale non avrebbe dovuto fidarsi del Mantovano, perché questo aveva osato "schernir altri fosse il conte Ugo IV fratello di Guida di Rodez, perché supporre rivolto il pensiero di Pietro ad Ezzelino, e non piuttosto a quelli di Strasso, ai tre fratelli di Otta? Perché l'allusione dovrebbe essere a Cunizza e non piuttosto ad Otta? I biografi provenzali ignorano gli amorazzi di Cunizza con Sordello; conoscono invece assai bene i particolari delle nozze segrete di Sordello con Otta! Rispetto a Pietro di Luserna, poi, ebb'egli le confidenze di Sordello in Treviso, prima della "fuga,, perché potesse propalare in qual luogo il fuggitivo si sarebbe fermato? Ovvero Sordello annunziò a tutti il suo itinerario? Strano modo di prepararsi alla fuga! E come imaginare che il vigliacco detrattore di Cunizza, il quale eccitò lo sdegno di Pietro, fosse proprio il primo drudo di lei? E perché a Pietro risponde U, di San Circ e non Sordello? Come c'entrava lui, Ugo? Il quale, si badi bene, fu nemico de' Da Romano: vilipese l'ospite suo d'un tempo, Alberico, nel serventese chiestogli da Messonget; odiò Ezzelino tanto, che delle contentezze di lui piangeva, dei dispiaceri si rallegrava, e gli pregò sul capo la vendetta divina. E se i versi di Pietro e la risposta di Ugo confermassero la coincidenza della dipartita di Sordello collo scoppio di un grave scandalo intorno al nome di Cunizza,, ossia con la fuga di Cunizza e di Bonio, dovremmo da questi stessi versi indurre che il trovatore, mal rassegnandosi all'abbandono e al tradimento della sua ganza, avesse cominciato

↑ Sembra che PArves, (Provenzalische Ausdita Leipzig, Fues, 1899, 224) inclini a creder di Sordello la canzone Tut van, nella quale ai Lombardi prodi e pregiati è data lode di seguire convenientemente Amo e, di mantenere pregio in onore, e, da buon lombardo, l'autore dichiara di non volersi partire da gioia * da saolo, di voler ubbidire con costanza e di buona voglia la sua donna & Amors, Mi sarebbe po# Juto che 11 De Lollis avesse discusso quest'attribuzione. La tornata contiene un elogio della conteçan, che alla Provenza ha cresciuto pregio; ma non so se ella prissa maser la donna cantata dai fumburda trovandosi, a quanto pare, lontano:

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SORDELLO

a dirne male, là, in Treviso; ma, in tal caso, o Ezzelino non avrebbe saputo niente, prima, della tresca di Sordello con la sorella, o avrebbe fino al nuovo scandalo chiuso gli occhi; in tal caso, ci sarebbe voluta la fuga di Cunizza con un altro amante per trascinar Sordello a vituperarla; in tal caso, infine, Ezzelino, pur lasciando tranquillamente allontanarsi la sorella e Bonio, se la sarebbe presa con l'amante abbandonato. Povero Sordello, tradito e bastonato! Insomma, i ravvicinamenti del De Lollis, le interpretazioni da lui proposte ma sempre, per verità, in forma dubitativa conducono a un cumolo d'inverisimiglianze e d'inconseguenze, che affonda e schiaccia sotto il suo peso, speriamo per sempre, l'ipotesi dell'adulterio.

--

non po

E Giovannetto di Albusson? mi si potrebbe opporre. Te ne dimentichi? Non me ne ero dimenticato. Dice Giovannetto a Sordello: Voi andate conquistando Provenza, Francia, Inghilterra e Spagna; la vostra donna andò a conquistare dall'altra parte l'impero greco, l'Ungheria, Cumania la grande, la Russia e passò anche oltremare per conquistare l'impero di là: cosí, tra tutti e due, conquisterete il mondo intero. Ricerca inutile: ben possono due girare tutto il mondo, quando ciascuno si nasconde all' altro. Il De Lollis riferisce da Rolandino che Cunizza "espulso Sordello da Ezzelino, si lasciò rapire da un tal Bonio di Treviso, et nimium amorata in eum, cum ipso mundi partes plurimas circuivit, multa habendo solacia et maximas faciendo expensas e opina: tra questo racconto del cronista e i versi di Giovannetto " "trebbe esser piú armonica la consonanza per la parte che riguarda Cunizza Ma che cosa prova la consonanza? Giovannetto sapeva, come tutti potevano sapere, che Sordello aveva amato poeticamente la moglie del suo signore; perciò, quand' ella si dette a Bonio, rise, e chiunque avrebbe potuto ridere, a spese dell' intenditore, che aveva perduto il tempo a trovar suoni e motti, lasciando a un altro fare fatti. Ma i versi del d'Albusson non provano punto che Sordello avesse avuto con Cunizza relazioni illecite. Quando il re d'Inghilterra tolse per moglie la duchessa di Normandia, e Bernardo di Ventadorn, che l'amava, si rimase in Francia triste e dolente, bene avrebbe potuto ridere un Giovannetto; ma non per questo si sarebbe giudicato impuro l'amore di Bernardo. Quando Alazais di Besanzone, non appena richiesta, concesse al Re Pietro d'Aragona tutto quanto egli volle, e il giorno dopo la cosa fu saputa per tutto il castello e per tutta la Corte, chi non si sarebbe beffato di Raimondo di Miraval, il quale non solo aveva lungamente amato e cantato la dama, ma aveva procurato che il re la vedesse? Ebbene, l'amore di Raimondo era stato sino a quel giorno cosí ideale, che il brav'uomo s' era raccomandato proprio al re qu'el li degues valer ab ma domna N'Azalais.

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Dalla chiusa della poesiola di Giovanni, il De Lollis quasi vorrebbe indurre che Sordello, oltr' Alpi "si ostinasse nella ricerca dell'infida Cunizza Come! Un estraneo non ignorava che Cunizza viaggiava con Bonio per l'Europa centrale e verso l'Oriente, e Sordello, al quale molto più che a lui doveva importare, non ne sapeva niente? E si ostinava a cercar l'infedele nelle re

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