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23. O somma Luce che tanto ti lievi

Da' concetti mortali, alla mia mente Ripresta un poco di quel che parevi; 24. E fa la lingua mia tanto possente,

Ch' una favilla sol della tua gloria Possa lasciare alla futura gente. 25. Che per tornare alquanto a mia memoria, E per sonare un poco in questi versi, Più si conceperà di tua vittoria. 26. Io credo, per l'acume ch'io soffersi

Del vivo raggio, ch' io sarei smarrito Se gli occhi miei da lui fossero aversi. 27. E mi ricorda ch'io fui più ardito

Per questo a sostener tanto ch'io giunsi L'aspetto mio col Valore infinito. 28. Oh abbondante grazia ond'io presunsi Ficcar lo viso per la luce eterna Tanto che la veduta vi consunsi!

spiegherà se si badi all'origine di sigillo ch'è signum. Il sigillo segna e dá forma alla cosa. La neve al sole perde sua forma. Æn., IV: Lumina morte resignal.

Di. Arman. Senz'arte di sibilla. — - SIBILLA. Æn., III: Rupe sub ima Fata canit, foliisque notas et nomina mandat. Quæcumque in foliis descripsit carmina virgo, Digerit in numerum, atque antro seclusa relinquit. Illa manent immota locis, neque ab ordine cedunt. Verum eadem, verso tenuis quum cardine ventus Impulit et teneras turbavit janua frondes, Numquam deinde cavo volitantia prendere saxo Nec revocare situs aut jungere carmina curat.

(F) SIBILLA. Aug. cont. Faust., XIII, 15: La Sibilla prenunzio alcune cose di Cristo.

23. (SL) RIPRESTA. Par., 1, t. 8: 0 divina virtù, se mi li presti Tanto che l'ombra del beato regno, Segnata nel mio capo, io manifesti.

24. (SL) POSSENTE. Rime: Non son possente Di dir..... Som. L'intelletto sia potente ad intendere Dio.

25. (L) PER TORNARE... PER SONARE: se torna... se DI TUA VITTORIA: come tu vinci ogni anima

sona. umana.

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SAREI stato.

(SL) AVERSI. Æn., VI: Aversi tenuere facem. Ovid., Met. IV: ... Occupat aversum. Som.: Qui habet oculum aversum a lumine solis. Avertere oculos modo biblico. Aversione da Dio è da s. Tommaso definito il peccato (aversio, non adversio).

(F) AVERSI. Luc., IX, 62: Ness uno che, messa mano all' aratro, riguardi addietro, è alto al regno di Dio. Più si guarda nella luce mortale, e più l'occhio indebolisce più in Dio, e più rinforza.

27. (L) PER QUESTO A SOSTENER: perchè più mirando, meglio si vede. GIUNSI: l'occhio mio penetrò.

(SL) VALORE. Par., X, t. 1; XXVI, t, 14, di Dio. 28. (L) LA VEDUTA VI, CONSUNSI: spesi tutte le mie forze visive.

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29. Nel suo profondo vidi che s'interna, Legato con amore in un volume, Ciò che per l'universo si squaderna ; 30. Sustanzia, e accidente, e lor costume, Tutti conflati insieme per tal modo Che ciò ch' io dico è un semplice lume. 31. La forma universal di questo podo

Credo ch'io vidi: perchè più di largo, Dicendo questo, mi sento ch'io godo. 32. Un punto solo m'è maggior letargo, Che venticinque secoli all'impresa, Che fe' Nettuno ammirar l'ombra d'Argo.

29. (L) INTERNA: tre e uno.

(SL) LEGATO. Non accenna a legatura di volume, ma nel comune senso della voce, contrario di spiegato. (F) VIDI. Il mondo è quasi commento della divinità. AMORE. Boet. Hanc rerum seriem ligat Terras ac pelagus regens, Et cœlo imperitans amor... Stringatque ligans irresoluto Singula nexu. Un Padre: Nella bellezza del cielo e della terra sono pagine sempre aperte agli occhi di tutti, e che mai non tacciono dell' autore di quelli.

30. (L) COSTUME: proprietà, modo d'operare. -CONFLATI INSIEME : non è distinto in Dio accidente da sostanza accidente non c'è. LUME: barlume. (SL) COSTUME. Questo senso ha talvolta il mos ne' Latini. Æn., X: Turbinis atri More furens. Georg., 1: Cali morem.

(F) CONFLATI. Ben dice l'unione intima operata dal fervor dell'amore.

31. (L) DI QUESTO NODO: di tutto in uno. - PERCHÈ PIÙ DI LARGO... MI SENTO CH'IO GODO: dal godere più ampio deduce l'aver veduto.

(SL) LARGO. Par. XXIII, t. 14. Paragona l'anima in gioia a fuoco che fa per dilatarsi.

(F) Novo. Universale, perchè Dio è forma informante tutte creature. La Chiesa : Rerum Deus, tenax vigor, Immotus in te permanens.

32. (L) LETARGO, CHE...: cagione d' oblio, piucchè se un vivente adesso dovesse rammentarsi gli Argonauti. CHE FE' NETTUNO AMMIRAR L'OMBRA D'ARGO: la qual fece che il mare ammirasse nell' onde sue l'ombra del primo legno.

(SL) NETTUNO Per mare. Georg., IV: Neptuno immerserit. A Dante giova personificato. Inf., XXVIII, t. 28. AMMIRAR. Georg., 11: Casus abies visura marinos. En., VIII: Mirantur et unde Miratur nemus insuetum fulgentia longe Scuta virùm fluvio pictasque innare carinas. ARGO. Lucan., II: Pegasea ratis peteret quum Phasidos undas, Cyaneas tellus emisit in æquora cautes. Un punto nella mia visione mi par più lontano dalla memoria e dal dire umano, che non s'io dovessi narrare le gesta degli eroi di Colco oscure per antichità di dumila cinquecent'anni. Par., II, t. 6: Que' gloriosi che passaro a Colco, Non s'ammiraron, come voi farete, Quando Jason vider fatto bifoleo. Da Dante agli Argonauti sono 2523, se da Gesù Cristo a Roma fondata se ne contino 750, e da Roma a Troia distrutta 451, e da Troia agli Argonauti 42 (Petav., Rat., Temp., p. II, l. 14, c. 9). L'Ott.: Se in così poco di tempo, com'è uno punto, si ricoglie più d'ammirazione in Ciclo che in dumila cinquecento anni in terra; chiaro appare come è impossibile a notificarlo in pensiero o in delto o in iscritto.

(F) M'. Modo di famigliarità, e sapiente qui, perchè dice il sentire ch' egli fa a sè stesso godente, in ri

33. Cosi la mente mia tutta sospesa Mirava fissa, immobile e attenta; E sempre di mirar faceasi accesa. 34. A quella luce cotal si diventa,

Che volgersi da lei per altro aspetto È impossibil che mai si consenta: 35. Perocchè 'l ben ch'è del volere obbietto, Tutto s'accoglie in lei; e fuor di quella, È difettivo ciò che è li perfetto. 36. Omai sarà più corta mia favella

Pure a quel ch'io ricordo, che d'infante Che bagni ancor la lingua alla mammella. 37. Non perchè più ch' un semplice sembiante Fosse nel vivo lume ch'io mirava; Chè tal è sempre qual era davante; 38. Ma per la vista che s'avvalorava

In me, guardando, una sola parvenza, Mutandom'io, a me si travagliava. 39. Nella profonda e chiara sussistenza Dell'alto Lume parvemi tre giri

Di tre colori e d'una contenenza :

flettere a sè la sua gioia.— LETARGO. Pietro lo definisce: Oppressione del cerebro con oblio delle imagini del sogno, L'intelligenza materiale Pietro la paragona ai falsi sogni. Qui è proprio perchè, secondo l'origine greca, dice e il silenzio de' sentimenti corporei e la dimenticanza. [AMMIRAR. Cat., de nupt. Pel. et Thet.]. 33. (L) ACCESA: bramosa.

(SL) FISSA. Æn., IV: Animo fixum immotumque IMMOBILE. ED., VII: Soloque immobilis hæIV: Mens immota manet.

sederet. ret.

(F) MIRAVA.Aug., de Trin.,XV: In cielo non saranno volubili i nostri pensieri, andando è venendo; ma tutta la scienza nostra insieme in uno sguardo solo vedremo. ACCESA. Joan. XIV, 21: Chi ama me, lui amerà il padre mio, e io l'amerò, e manifestarò a lui me stesso. Greg., Hom. XXVI, in Ev.: Le dilizie dello spirito nel saziare il desiderio della mente, lo accrescono.

34. (SL) ASPETTO. Nota l'uso proprio delle due voci affini aspetto e vista.

35. (L) BEN CH' È DEL VOLERE OBBIETTO: bene a cui tende l'umano volere.

(F) DIFETTIVO. Par., V, t. 4: E s'altra cosa vostro amor seduce, Non è se non di quella alcun vestigio Mal conosciuto, che quivi traluce. Conv., 1, 6: Perfella conoscenza e non difettiva.

36. (L) CORTA.... a quel ch'io RICORDO imperfetta non solo al vero, ma a quel po' ch'io rammento.

(F) INFANTE, Ne' Bollandisti: Di quelle operazioni divine, niente può uomo parlare nè pur balbettare. Greg. Mor. V, 26: Balbettando come possiamo, rísoniamo gli eccelsi di Dio.

37. (L) NON PERCHÈ... : non vedeva che un punto; ma la mia vista rinforzata vedeva in quell' uno più cose.

(F) SEMBIANTE. In rispetto alla mente che vede, è proprio, no di Dio in sè. La terzina seguente lo spiega, ed è di bellezza profonda. -TAL. Par., XXIX, t. 49: Uno manendo in sè come davanti... 38. (L) AVVALORAVA: alterava.

(F) TRAVAGLIAVA. Travagliatori chiamavansi i prestigiatori. Ogni mutazione è un lavoro, e labor valu e lavoro e travaglio.

39. (L) THE COLORI E D'UNA CONTENENZA: persone distinte, ma uguali.

40. E l'un dall'altro, come Iri da Iri,

Parea reflesso: e 'l terzo parea fuoce Che quinci e quindi igualmente si spiri. 44. Oh quanto è corto 'l dire e come floco

Al mio concetto! e questo a quel ch'i' vidi È tanto che non basta a dicer poco. 42. Oh luce eterna che sola in te sidi, Sola t'intendi, e da te intelletta, E intendente te, ami ed arridi! 43. Quella circulazion che si concetta Pareva in te come lume riflesso, Dagli occhi miei alquanto circonspetta,

(SL) SUSSISTENZA. Par., XXIX, t. 5: Suo splendore Polesse risplendendo dir subsisto. CONTENENZA. Anco in prosa.

(F) PROFONDA. Profondo e chiaro, le due qualità d'ogni cosa grande, e più grandi in quelle che più somigliano a Dio. GIRL Agostino (de Civ, Dei) narra che Mercurio Trismegisto dipingeva Dio come una sfera, che ha dappertutto il centro, e la circonferenza in luogo nessuno. Som.: Il circolo dicesi figura perfetta perchè ha lo stesso principio e fine; ché l'ultima perfezione d'ogni cosa è congiungersi al suo príncipio. - Parvemi tre giri è sconcordanza che tien del mistero. 40. (L) L'UN DALL'ALTRO : Figlio dal Padre.

(SL) SPIRI. Georg., II: Spirantes ignem, (F) L'UN. Lumen de lumine: lumen et splendor patris. Ambr., de S. S., I, 18: Lux est Pater, lux Filius, lux S. S. Par., XIII, t. 19: Chè quella viva Luce che si mea Dal suo Lucente, che non si disuna Da lui nė dali’Amor che 'n lor s'intrea. IRI. Improprio della generazione e processione che qui vuolsi indicare; ma le parole vengono meno a tanto. - CHE. Par., X, t. 1: Guardando nel suo Figlio con l'Amore Che l'uno e l'altro eternalmente spira, Lo primo ed ineffabile Valore. Questo è contro l'eresia de' Greci, che dicono lo Spirito Santo procedere soltanto dal Padre. · Si. Meglio che il solo spiri dice la spontaneità divina della persona. 41. (L) NON BASTA A DICER POCO: è men che poco. (SL) CORTO. Bocc.: Ogni parlar sarebbe corto e fioco. Corto quanto alla sostanza delle cose, foco quanto alla forma del dire: però dice quanto dell' uno, e dell'altro come.

(F) CORTO. Campanella: Le parole non arrivano a dir l'essenza delle cose: nè tutte le cose note hanno la lor propria voce ; e le ignole, nulla. 42. (L) SIDI stai. ARRIDI a te e alle creature. (SL) INTELLETTO. Petr., son. CCXCVII (Parte II): Parole Intellette da noi soli. La voce intelletto, participio, nelle scuole contrapponesi a intelligente. — ARRIDI. La letizia è affetto d' amore. In senso men alto, Æn., I: Olli subridens Divům Pater. E lo stesso Salmista (II, 4): Subsannabit eos.

(F) SIDI. Sidere a' Latini non è sedere, e ben dice la fermezza dell' Una Sostanza. Dio è sostanza a sé stesso. Conv., IV, 9: La prima bontà ch'è Iddio, che solo colla infinita capacità l'infinito comprende. INTENDENTE. Arist., de An.: L'intelletto ha ragione d'intendente e ragione d' inteso.

43. (L) QUELLA CIRCULAZION...: il giro che pareva lume riflesso, aveva l'effigie umana in colore divino. LUME: vedere.

(SL) CIRCULAZION. Nel Convivio. Come Iri da Iri (Terz. 40).

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(F) CONCETTA. Som.: Specie concella nella potenza conoscitiva. RIFLESSO. Ripete il già detto, ma

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47. (L) PROPRIE PENNE del mio pensiero. — IN CHE SUA VOGLIA VENNE : quel ch'ella voleva vedere.

(SL) VOGLIA. Purg., IV, t. 6: Qui è vostro dimando. Conosce l'unione dell'umana alla divina natura, e in questa visione finisce.

(F) NON. Bolland., 196: Videbam amorem qui veniebat versus me; et videbam principium et non videbam finem. FULGÓRE. Aug. Conf., IX: Noi intendiamo e con ratto pensiero raggiungiamo la sapienza elerna che sovra tutte le cose sta.

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48. (L) MA Già volgeva il mio disiro e 'l velle: Dio girava in libera pace, soddisfatto il mio desiderio e l'amore. IGUALMENTE. Ugualmente.

(F) FANTASIA. La visione delle cose celesti spegne e rende inutile la fantasia, che fa luogo al puro intelletto. VELLE. Ad Eph., II, 3: Siamo vissuti ne' desiderii della carne nostra, facendo la volontà della carne; hai qui accoppiate le due voci: Desiderio è la pendenza; Volontà, il pensiero deliberato. L' Apostolo altrove ha velle a modo scolastico (Ad Philip., II, 13): Operatur in vobis et velle, et percifere. Desiderio, dice Pietro, da parte dell'oggetto, velle da parte di lui. Aug. Conf., VIII: Velle meum tenebat inimicus. Lettera a Cane Ritrovato quello che è primo, cioè Dio, nulla v'è da cercare più oltre, dacchè egli è Alfa ed Omega, cioè principio e fine. [Dante, Salmi: Che non seguendo te, ma lo suo velle.]

49. (F) AMOR. Joan., I. Ep. IV, 8: Dio è carità.

L'intuito supremo..

Il primo adempimento dell' insaziabile desiderio umano in quella perfezione dinanzi a cui ogni altro bene è difetto, adempimento nel quale consiste quello che i filosofi cristiani chiamano beatitudine, ch'è ben altra cosa da ciò che intendevano per questo nome i Pagani; la visione di quella Verità che sola è sostanziale e intende ed ama sè stessa con amore perfetto; la visione di quel trino valore in sostanza una, dal qual procede la virtù redentrice; è il soggetto dell' ultimo Canto a cui tutto il resto è preparazione, e dove queste altissime cose sono piuttosto adombrate che svolte, con modestia che viene dalla sapienza della meditazione e dell'affetto, anziché da arte di scuola, onde il Canto di Dante, per questo che più breve, è qui più vero che quelli del Milton e del Klopstock, i quali dissertando ed amplificando, si dimostrano e meno filosofi e men poeti. Scorriamo per ordine d'idee i sommi capi toccati:

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(1) Aug., de Contin. Par., XI, t. 1: Oh insensata cura de' mortali, Quanto son difettivi sillogismi Quei che ti fanno in basso batter l'ali! — (2) Som., 1, 2, 1. Par., XXII, t. 22: Ivi è perfetta, matura ed intera Ciascuna disïanza. - (3) Aug., de Trin., e Som., 1, 2, 10. - Al fine di tutti i disii M'appropinquava (t. 16).— (4) Som., 1, 1, 5. (5) Som., 1, 2, 3. - Possa con gli occhi levarsi Più alto verso l'ultima salute... (t. 9). Ogni nube gli disleghi Di sua mortalità (t. 11).

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Al bene perfetto s'oppone quel bene che fuori di sè attende la propria perfezione (5). Quanto di perfezione è in qualsiasi creatura, tutto preesiste e contiensi in Dio per modo d'eccellenza (6). Non habet quo perficiatur perfectus, non habet unde deficiat æternus (7). Tutte le cose tendendo alle proprie perfezioni, tendono a Dio stesso in quanto le perfezioni di tutte le cose sono certe similitudini dell' essere divino (8). - L'essenza di Dio contiene le specie o idee di tutte le cose (9). Dio è oggetto della beatitudine (10). Quella beatitudine in cui Dio vedesi per essenza (11). Beatitudine è il debito ordine della volontà all'ultimo fine (12).

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Visione di Dio, sua essenza.

La natura umana è nata ad attingere in qualche modo il verbo, conoscendolo e amandolo (13).— L'unione de' Santi a Dio per cognizione ed amore (14). L'essenza divina s'unisce alla mente beata (15). È impossibile che chi vede la divina essenza, voglia non la vedere (16). Or quella visione riempie l'anima di tutti i beni perchè congiunge alla fonte di questa bontà (17).

Paolo e

(1) Aug., de Trin. (2) Dion., Div. nom., IV: Aug., Ench., XI. (3) Som., 2, 2, 161 e 1, 1, 12. - 'L ben ch'è del volere obbietto, Tutto s'accoglie là; e fuor di quella È difettivo ciò ch'è lì perfetto (t. 35). (4) Som., 1, 2, 5.-'L parlar nostro ch'a tal vista cede; E cede la memoria a tanto oltraggio (t. 19). (5) Som., 1, 2, 1. (6) Som., 1, 1, 44. Par., V, t. 4: E s'altra cosa vostro amor seduce, Non è se non di quella alcun vestígio, Mal conosciuto, che quivi traluce. (7) Aug., in Psal. XXX. - (8) Som., 1, 6. Par., XXXII, t. 31: Ne mi mostrò di Dio tanto sembiante. - VII, t. 25: Chè l'ardor santo ch' ogni cosa raggia Nella più simigliante è più vivace. (9) Som., 1, 1, 44. Par., XXVI, t. 36: Che fa di sè paregli l'altre cose. - XIII, t. 48: Ciò che non muore e ciò che può morire Non è se non splendor di quella Idea. (40) Som., 2, 1, 107: - 'L sommo piacer gli si dispieghi (t. 11). (11) Som., 2, 2, 5. Par., XXI, t. 29: Mi leva sopra me tanto ch' io veggio La somma Essenzia. — (12) Som., 1, 2, 5. - Volgeva il mio disiro e 'l velle Si come ruota che igualmente è mossa, L'Amor che muove il sole (t.48).—(13) Som., 3, 4.- Giunsi L'aspetto mio col valore infinito (t. 27). (14) Som., 3, 2. Par., XXVIII, t. 24: Cerchio che più ama e che più sape.- (15) Som., 3, 9. (16) A quella luce cotal si diventa, Che volgersi da lei per altro aspetto È impossibil che mai si consenta ( t. 54 ). — (17) Som., 1, 2, 4. All' alta fantasia qui mancò possa (t. 48 ).

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chiunque ha la visione di Dio, dalla visione dell'essenza divina può formare in sè similitudine delle cose nell'essenza divina vedute (1). Dio è sommamente semplice (2). sono divisi e moltiplici nelle creature, in Dio sono semplici e uniti (3). — Quanto è in Dio è Dio (4). -In solo Dio la beatitudine è l'essere stesso (5). La forma semplice qual è Dio non può esser soggetto, però non può avere accidenti (6). — L' essere non è accidente in Dio ma verità sussistente (7).

Nelle cose composte di materia e di forma sono accidenti che non appartengono alla ragione della specie (8). Accidente è quel che può essere e non essere nella cosa senza corruzione del soggetto (9). Sotto gli accidenti si nasconde la natura sostanziale della cosa (10). Sostanza dicesi la prima incoazione di ciascheduna cosa, e massimamente quando tutto ciò che della cosa siegue, è contenuto nel primo principio (11). La sostanza distinguesi dall' accidente per affermazione e negazione, cioè per essere o per non essere nel soggetto (12). Alla sostanza appartiene quant' è essenziale alla cosa; non tutto quello che è fuori dell' essenza può dirsi accidente, ma solo quello che non è causato da principii essenziali alla specie(13). · Dicesi accidenti in due sensi: nell' uno, quel che è nella cosa, come la bianchezza è accidente dell'uomo; nell'altro, perchè è colla cosa net medesimo soggetto; come la bianchezza accidente di tale o tal corpo (14). — Sostanza ha due sensi di natura o essenza, e di sottostante od ipostasi(15). – L'operazione dell'anima non è nel genere della sostanza; ma in solo Dio l'operazione è la sostanza sua stessa (16).

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(1) Som., 1, 1, 12. - Un semplice sembiante Fosse nel vivo lume... Una sola parvenza... a me si travagliava (t. 37, 38). (2) Som., 1, 1, 6 e 1, 2, 102. - Ciò ch' io dico è un semplice lume (t. 30). (3) Som., 1, 1, 14. La forma universal di questo nodo (t. 31). - In un volume Ciò che per l'universo si squaderna (1.29). (4) Som., 5, 2. (5) Som., 1, 2, 3. — (6) Som., 1, 1, 5. - Sostanza e accidente, e lor costume, Tutti conflati insieme (t. 30). (7) Hil., de Trin. VII. (8) Som., 3, 2. — (9) Som, 3,2. Nella Vita Nuova dice che molti accidenti parlano, come se fossero sostanzia ed uomini. (10) Som., 2, 2, 8. (11) Som., 2, 2, 4. (12) Som., 1, 77. (13) Arist. (14) Som., 1, 2, 7. (15) Som., 3, 2. (16) Som., 1, 77. — (17) Som, 1, 1, 16. - Dall'alla luce che da se è vera (t. 18). -- (18) Conv. (19) Isid., de sum. bon., I, 3.

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proprio, ma essere partecipato (1). La concezione
dell' intelletto è similitudine della cosa intelletta ed
esistente nella stessa natura, perchè in Dio l' in-
tendere e l'essere è uno (2). Dio intende sè per sè
stesso. In lui l'intelletto e l'oggetto è tutt'uno (3);
egli è la sua propria perfezione e l'intelletto suo
proprio (4). — In Dio l'intelletto, l'oggetto inteso,
l'atto dell' intendere, sono una cosa (5). Dio
non conoscerebbe perfettamente sè stesso se non
conoscesse in che modo è partecipabile ad altri la
sua perfezione (6). Dio vedendo l'essenza pro-
pria vede tutte le cose (7).

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Dio intende e ama sè stesso (8). - Dio fruisce
di se (9). L'amor di Dio è la sua essenza (10). ·
Siccome Iddio intende le cose altre da sè, inten-
dendo l'intelligenza propria, così vuole le cose
altre da sè volendo la propria bontà (11). Ami
tutte le cose che sono, o Signore, che ami le
anime (12). Più alta è la beatitudine di Dio
vedente e comprendente la propria essenza, che
dell' uomo e dell' angelo i quali veggono quelle e
non le comprendono(13). La sostanza o essenza
dell'anima conosce e ama sè stessa (14). Dio con
una e semplice operazione gode e così senza pas-
sione ama (15).

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(1) Som., 1,1,12. - Sola in te sidi (t. 42).—(2) Som.,
1, 27.
· (3) Sola l' intendi, e da te intelletta, E inten-
dente te (t. 42).- (4) Som., 1, 1, 14. e Arist. Met., XII.
(5) Som., 1, 1, 18. (6) Som., 1, 1, 14. - (7) Som.
Sup., 71.- (8) Som., 1, 1, 9. - Ami ed arridi (t. 42).—
(9) Som., 1, 2, 5.
(10) Som., 1, 4, 20. - L'amor che
muove il sole (t. 49). — (11) Som., 1, 1, 19. · (12) Sap.,
XI. (15) Som., 1, 2, 3. — (14) Som., 1, 77. — (15) Arist.
Eth., IV. (16) Som., 3, 3. Nella profonda e chiara
sussistenza Dell' allo lume parvemi tre giri Di tre
colori e d'una contenenza (t. 59). — (17) Som., 2, 2, 1.
(18) Som., 1, 1, 27. Come lume reflesso (t. 45).
(19) Som., 3, 3. Quella circulazion che si concetta Pa-
reva in te (t. 43). (20) Som., 3, 3, e 2, 2, 1, e 2, 1,
105. Fuoco Che quinci e quindi igualmente si spiri
(t. 40). — (21) Conc. Calc.

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Il Verbo da Dio padre è unito alla carne secondo
la sussistenza, ed è un solo Cristo con la carne
sua, cioè Dio insieme e uomo (1). — Cristo uguale
al Padre (2). Filium Dei in duabus naturis incon-
fuse, immutabiliter agnoscendum, numquam su-
blata differentia naturarum propter unionem (3).
- S'unirono le due nature nella persona di Cri-
sto in modo che la proprietà di ciascheduna na-
tura rimase inconfusa. Onde l'increato rimase
increato, e il creato restò tra i limiti della crea-
tura (4). In Cristo due nature, una ipostasi (5).
L'unione fu fatta nella persona del Verbo, non
nella natura (6). Per l'incarnazione non si
dice che l'umana natura partecipasse alcuna so-
miglianza della divina natura, ma dicesi esser
congiunta a essa divina natura la persona del figlio.
Or più è la cosa stessa che la similitudine par-
tecipata (7). - L'umana natura è congiunta alla
personalità divina, sicchè la persona divina sussiste
nell'umana natura (8). — Impossibile trovare ima-
gine che rappresenti con piena similitudine il mi-
stero della deità e dell'incarnazione (9).

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Mentre il Poeta riguarda nel giro circolare, che
procede dal primo e rappresenta il Verbo splen-
dore del Padre, un'effigie umana dipinta dello
stesso colore, e mentre ricerca come s'adatti al
circolo quell' effigie e sia insieme unita e distinta ;
un fulgore gli penetra gli occhi e rivela la verità,
e a quel fulgore il lume dell'imaginazione si
spegne, e il desiderio pienamente adeguandosi col
volere, si fa un effetto unico che gira sopra sè
come ruota mossa da ugualissimo movimento.
Questa illuminazione dell' intelletto, questo dile-
guarsi di tutti i fantasmi corporei, questo pareg-
giarsi in sè stesse delle morali potenze per modo
che il desiderio sia nell'atto medesimo e acquie-
tato, e sempre acceso per sempre ritrovarsi con-
tento, è la più alta idea che possa formarsi della
beatitudine l' umana mente. Ed è conchiusione de-
gna del Poema e del Cielo il concetto che questo
essere beato dell'anima gli venga da quell' amore
che con una medesima legge contempera i giri
profondi dello spirito umano e le splendide armo-
nie dell'immenso universo.

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(1) Conc. Eph., can. 2. - Del suo colore stesso, Mi
parve pinta della nostra effige (t. 44). — (2) Som., 1,
2, 102.
(3) Conc. Calc. - Come si convenne L'imago
al cerchio (t. 46). — (4) Som., 3, 10.- (5) Damasc., III.
(6) Som., 5, 2. Nestorio distingueva due persone.
(7) Som., 3, 2. — (8) Som., 3, 2. - (9) Damasc.,
Ma non eran da ciò le proprie penne (t. 47).

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