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CANTO IV.

Argomento.

Si trova nel primo cerchio, portalovi da forza suprema. Ivi è la pena de' non battezzati: bambini e adulti. Entro a un ricinto di lume dimorano i savii che non credettero in Cristo. L'Inferno dantesco è un cono rovesciato, diviso in nove ripiani circolari, come i gradi negli antichi anfiteatri. Nel primo, che è il Limbo, non è la pena del senso, ma sola del danno. San Tommaso divide appunto l'Inferno in tre parti: dei fanciulli, de' patriarchi, e de' dannati; e Dante ai patriarchi, già beati, sostituisce i savii e gli eroi. Taluni bruttati di vizii; ma Dante (bene avverte il Boccaccio) li considera come simboli. Belle le terzine 2, 4, 10, 18, 20, 22, 23, 28, 33 alla 43, 50.

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1. (SL) RUPPEMI. En., VII: Olli somnum ingens rupit pavor. Vit. Nov.: Ond' io sostenea si grande angoscia, che lo mio... sonno... si ruppe. ALTO. Æn., VIII: Sopor altus. - VI: Alta quies. TESTA. Dan., VII, 1: Visio autem capitis ejus in cubili suo. —' - TUONO. Forse il tuono... d'infiniti guai, della terzina 3.

3. (SL) PRODA. La valle è tonda, cinta dal fiume e va quasi sempre dichinando, e stringendosi. - TUONO. Æn., VI: Intonal ore. - XII: Exoritur clamor... cœlum tonat omne tumultu.

4. (L) Viso: occhi.

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7. Ed egli a me:- - L'angoscia delle genti
Che son quaggiù, nel viso mi dipigne
Quella pietà che tu per tema senti.

8. Andiam, ché la via lunga ne sospigne. -
Così si mise; e così mi fe 'ntrare
Nel primo cerchio che l'abisso cigne.
9. Quivi, secondo che per ascoltare,

Non avea pianto, ma' che di sospiri,
Che l'aura eterna facevan tremare.

10. E ciò avvenía di duol senza martiri,
Ch'avean le turbe, ch'eran molte e grandi,
E d'infanti, e di femmine, e di viri.

7. (L) PER TEMA SENTI: giudichi esser tema.

(SL) PIETÀ. Era anch'egli in quest' angoscia; cosi nel III del Purgatorio, pensandovi, rimane turbato. SENTI. I Latini: ita sentio (così giudico). Conv., II, 4: Aristotile pare ciò sentire.

8. (L) NE sospIGNE: ci sospinge a far presto. 9. (L) SECONDO CHE PER ASCOLTARE: secondo che si poteva intendere ascoltando. AVEA: era. MA' CHE: fuorchè.

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སྒྲ་། ས

RE

11. Lo buon maestro a me: Tu non domandi Che spiriti son questi che tu vedi. Or vo' che sappi, innanzi che più andi, 12. Ch'ei non peccaro: e s'egli hanno mercedi, Non basta; perchè e' non ebber battesmo, Ch'è porta della Fede che tu credi.

13. E se furon dinanzi al Cristianesmo, Non adorår debitamente Dio.

E di questi cotai son io medesmo. 14. Per tai difetti, e non per altro rio,

Semo perduti; e sol di tanto offesi, Che, senza speme, vivemo in desio. 15. Gran duol mi prese al cor quando lo intesi; Perocchè gente di molto valore Conobbi che 'n quel Limbo eran sospesi. Dimmi, maestro mio, dimmi, signore (Comincia' io per voler esser certo

16.

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(SL) DEBITAMENTE. Som.: Molte sono le specie di superstizioni e indebito culto del vero Dio.

OFFESI di dolore.

14. (L) Rio: reità.
(SL) Rio. Purg, VII, 5.

(F) DESIO. Som. : La gioia e il diletto sono del bene presente ed avuto; il desiderio e la speranza, di bene non ancora acquistato.

15. (F) VALORE. Monar.: Nessuno, quantunque perfetto di virtù morali e intellettuali, senza fede salvare si può. Questo la ragione umana per sè non può veder che sia giusto, ma aiutata dalla fede può. In Virgilio, Enea compiange la sorte de' sospesi insepolti. Multa putans, sortemque animo miseratus iniquam (Æn., VI.).

16. (L) VINCE OGNI ERRORE: Vince rispondendo a ogni dubbio.

(SL) SIGNORE. La compassione dello stato di Virgilio sentita da Dante, rende ragione di questo doppio titolo, ch'è una lode delicata e pietosa. 17. (L) USCINNE del Limbo.

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ALTRUI di Gesù CriCOVERTO: accennante alla scesa di Gesù Cristo. (SL) COVERTO. Albert.: parole coperte. 18. (L) Nuovo IN QUESTO STATO: morto di poco. - UN POSSENTE: Gesù Cristo.

(SL) Nuovo. Da meno di cinquant'anni. Recens usava in questo senso Virgilio (Æn., VI): Recens a vulnere Dido Errabat silva in magna. POSSENTE. Sacch.:

Un possente di quella città.

(F) POSSENTE. August., Serm. de Pass.: Cristo,

19. Trasseci l'ombra del primo parente,
D'Abel suo figlio, e quella di Noè,
Di Moisè legista ubbidiente;
20. Abraám patriarca, e David re;

Israel con suo padre e co' suoi nati,
E con Rachele per cui tanto fe;

21. Ed altri molti: e fecegli beati.

E vo' che sappi che, dinanzi ad essi,
Spiriti umani non eran salvati.

22. Non lasciavám d'andar perch' ei dicessi,
Ma passavám la selva tuttavia,
La selva, dico, di spiriti spessi.
23. Non era lungi ancor la nostra via

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(F) PARENTE. Som.: Primi parentis (Adam). 1 Padri nel luogo superiore e men tenebroso. - La superiore parte dell' Inferno dicesi Limbo. — Legista. Aug.: Cum reverentia segnior esset, per Moysem legem literis dedit. Som.: L'obbedienza, in quanto procede da riverenza di Dio, cade sotto la religione, e appartiene a devozioUBBIDIENTE. Da quando Iddio mandò lui scilinguato al re d'Egitto; e sempre poi. Perch' altamente ubbidiva, comandava altamente. Jos., XXII, 2, 4, 5: Moyses famulus Domini. Som. : L'obbedienza ponsi da taluni parte di giustizia. - Carità non può essere senza obbedienza. Greg.: L' obbedienza tutte le virtù nella mente inserisce e le serba.

ne.

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(SL) SOMMO. Non lontani dal fiume da cui ci partimmo, ch' era più in alto se la valle era fonda. E però disse: Or discendiam. VIDI. Non lo vedeva quando ficcò il viso al fondo. (terz. 4). Foco. Virgilio, degli Elisi (Æn., VI): Largior hic campos æther et lumine vestit Purpureo. VINCIA. Come solía nel Petrarca per solea, o forse da vincire; e nel XIV del Paradiso ba vinci e più sopra cerchio che l'abisso cigne. Le tenebre circondavano il foco; o il foco vincea le tenebre. (F) TENEBRE. In altro senso, Sap., XVII, 20 e XVIII, 1: Essi erano a sè più gravi delle tenebre. Ma a' santi tuoi era grandissima luce. 24. (L) ORREVOLE: onorevole.

(SL) DISCERNESSI. A taluno che ne vedeva, o alla forma del nobil castello. - - POSSEDEA. Stat.: Possessa¬ que manibus arva.

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INFERNO.

- O tu ch'onori ogni scienza e arte,
Questi chi son ch'hanno cotanta orranza,
Che dal modo degli altri gli diparte?
26. E quegli a me: - L'onrata nominanza
Che di lor suona su nella tua vita,
Grazia acquista nel ciel, che si gli avanza. —
27. Intanto voce fu per me udita:

Onorate l'altissimo poeta: L'ombra sua torna, ch'era dipartita. 28. Poi che la voce fu restata e queta,

Vidi quattro grand'ombre a noi venire: Sembianza avevan nè trista nè lieta. 29. Lo buon maestro cominciò a dire:

Mira colui con quella spada in mano,
Che vien dinanzi a' tre si come sire.
30. Quegli è Omero, poeta sovrano;

L'altro è Orazio satiro, che viene;
Ovidio è'l terzo; e l'ultimo è Lucano.
31. Perocchè ciascun meco si conviene
Nel nome che sono la voce sola,
Fannomi onore; e di ciò fanno bene.

25. (L) O TU, Virgilio. ORRANZA: onoranza. (F) ONORI. La filosofia morale e la naturale, ga il Boccaccio; la teoria e la pratica, l'Ottimo. Qui spieVirgilio è come il simbolo della sapienza umana. Altrimenti la lode sarebbe smodata. Ma scienza er' allora la stessa poesia: cosi l'Ottimo.

NELLA TUA VITA: nel

26. (L) ONRATA: onorata. mondo. AVANZA: distingue. 27. (L) PER: da. — L'OMBRA SUA: Virgilio. (SL) UDITA. Matth., II, 48: Vox in Rama audita est. Æn., III: Gemitus.... auditur. 28. (L) LA VOCE... RESTATA E QUETA cessata la voce, queto il suono di lei.

(SL) OMBRE. Son questi i poeti che a Dante parevano sommi. Omero al suo tempo era noto. (Vita Nuova), e anche Armannino lo cita (Pelli, pag. 85 e seg.) Notissimi gli altri, e Dante li studiava con cura : í quali (dice di loro) l'amica solitudine invita a visilare.

(L) NE TRISTA, perchè non infelice affatto; non LIETA, poichè senza speranza. Inoltre è propria della sapienza questa temperie d'affetti. Dante è più cortese a' poeti non cristiani che a' santi non ghibellini, Aug., de Civ. Dei, XIV, 26: Nell'uomo giusto nihil triste, nihil immuniter lætum.

29. (L) SIRE: signore. 30. (L) SATIRO: satirico.

(SL) SATIRO. LO nomina nella Volgare Eloquenza. Nel Convivio cita Orazio, e chiama satiro nobile Giovenale; e anco i Latini satyrus, scrittore di satire. - OviDIO. V. Volg. Eloq.; Mon., p. 44 e 45; Inf., XXV; Lett. 42.

ULTIMO. Più ampolloso e però più fiacco. Nella Volgare Eloquenza, nelle Lettere, nella Monarchia (pag. 37,44, 46, 47, 50, 72, 96), nel XXV dell'Inferno, ed altrove accenna a' suoi versi.

31. (L) SI CONVIENE NEL NOME....: si conviene che soh poeta. SOLA: una di quattro.

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(SL) CONVIENE. Som. In quo alia animalia cum homine conveniunt. Bocc., IX: In uno, cioè, che i lor padri odiavano, tanto si convenivano. Vox omnibus una. Mart. in Amph., III: nat: populorum est vox tamen una.

Vox diversa so-
SOLA. En.,V:

BENE. Non per

32. Cosi vidi adunar la bella scuola

Di quel signor dell'altissimo canto,
Che sovra gli altri, com'aquila, vola.
33. Da ch'ebber ragionato 'nsieme alquanto,
Volsersi a me con salutevol cenno;
E'l mio maestro sorrise di tanto.
34. E più d'onore ancora assai mi fenno;
Ch'ei si mi fecer della loro schiera,
Si ch'io fui sesto tra cotanto senno.
35. Cosi n'andammo infino alla lumiera,
Parlando cose che 'l tacere è bello,
Si com'era 'l parlar colà dov'era.
36. Venimmo al piè d'un nobile castello
Sette volte cerchiato d'alte mura,
Difeso intorno d'un bel fiumicello.
37. Questo passammo come terra dura.
Per sette porte intrai con questi Savi:
Giugnemmo in prato di fresca verdura.
38. Genti v'eran con occhi tardi e gravi,
Di grande autorità ne' lor sembianti;
Parlavan rado con voci soavi.
39. Traemmoci così dall' un de' canti
In luogo aperto, luminoso, e alto,
Si che veder si potén tutti quanti.

ch'onorino me, ma in me l'arte loro. Cosi Dante sperava
essere onorato poeta nella sua patria; e credeva all'arte
debito quest'onore.

32. (L) ADUNAR: adunarsi.
CANTO: Omero.

SIGNOR DELL' ALTISSIMO

(F) SIGNOR. Omero, maestro di Virgilio, d'Orazio, di Lucano, e lodato da Orazio (De Arte poet.) ne' versi: Res gestæ regumque ducumque, et tristia bella, Quo scribi possent numero, monstravit Homerus, citati da Pietro di Dante. Altrove (Epist., I, 2): Quid sit pulcrum, quid turpe, quid utile, quid non, Plenius ac melius Chrysippo el Crantore dicit, che illustra come la poesia possa onorare ogni arte e scienza. Altri potrebbe per quel Signor intendere Virgilio l'altissimo poeta: ma nel XXII del Purgatorio dice d' Omero: Quel Greco che le muse lattár più ch'altro mai.

33. (L) SALUTEVOL CENNO: cenno di saluto.

(SL) SALUTEVOL. Come convenevole per conve-
niente, avvenevole per avvenente, e simili.
34. (L) Si. Riempitivo.

35. (L) LUMIERA: Lume diffuso nell'aria.
(SL) LUMIERA. Dante, Rime: Dagli occhi suoi
giltava una lumiera. TACERE. Hor. Ep., 1, 7: Dicenda,
tacenda locutus. Cose troppo onorevoli a Dante. Parlando
co grandi, la coscienza della grandezza non è orgoglio;
co' piccoli, che frantendono, è vanità.

36. (SL) NOBILE. L'usa anche Dino.
37. (L) DURA: asciutta.

(SL) VERDURA. Æn., VI: Devenere locos lætos,
el amœna vireta Fortunatorum nemorum.

38. (SL) TARDI. Purg., VI: E nel mover degli occhi
onesta e tarda. III: La frella Che gravitate ad ogni
atto dismaga. Perchè la tardità sola potrebb'essere stu-
pidezza; però aggiunge gravi, e nel Purgatorio, onesta.
(F) PARLAVAN. Vico: Non mai in suono alterata,
ne in tempo affrettata parola.

39. (SL) ALTO. En., VI: Et tumulum capit, unde
omnes longo ordine possit Adversos legere, et veniontum
discere vullus.

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40. Cola diritto sopra 'l verde smalto

Mi fur mostrati gli spiriti magni; Che di vederli in me stesso m'esalto. 41. lo vidi Elettra con molti compagni;

Tra' quai conobbi ed Ettore ed Enea, Cesare armato, con gli occhi grifagni. 42. Vidi Cammilla, e la Pentesilea

Dall'altra parte, e vidi 'l re Latino, Che con Lavina sua figlia sedea. 43. Vidi quel Bruto che caccio Tarquino; Lucrezia, Julia, Marzia, e Corniglia. E solo in parte vidi 'l Saladino.

40. (L) VERDE: erboso.

(SL) MAGNI. Æn., VI: Defunctaque corpora vila Magnanimum heroum. M' ESALTO. Verso citato con ammirazione dal Byron. 41. (L) GrifagNI: quasi rapaci.

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(SL) ELETTRA. Æn., VIII: Dardanus, Iliacæ primus pater urbis et auctor, Electra, ut Graii perhibent, Atlantide cretus. COMPAGNI. Troiani discendenti di lei, tra quali Ettore ed Enea, l'uno difensore di Troja, l'altro portator dell' impero in Italia. Però da Enea salta a Cesare. Elettra, moglie di Corito re d'Italia e madre di Dardano re di Troia, qui posta forse per indicare ch'Enea sul Lazio aveva quasi diritto d'eredità, come dice nel libro De Monarchia; con ciò dava un diritto d'eredità fino a Cesare, discendente di Julo. Elettra ebbe tal diritto da Giove; e il Poeta la nomina nel detto libro con Ettore. Nell' Eliso di Virgilio (En., VI): Hic genus antiquum Teucri, pulcherrima proles, Magnanimi keroës, nati melioribus annis, Ilusque, Assaracusque, et Troja Dardanus auctor. — ETTORE. Æn., VI: Hectoris magni. Fiori d'Italia: Ettore ed Enca aveano li maggiori animi, ed erano più forti in arme. CESARE. Æn., 1: Nascetur pulchra Trojanus origine Cæsar, Imporium Decano, famam qui terminet astris. Da Troe discendono in una linea Erittonio, Laomedonte, Priamo, Ettore; nell'altra, Assaraco, Capi, Enea, Anchise, Julo, ultimo Cesare, non d' altro reo, dice Dante, che di non aver avuto il battesimo. GRIFAGNI. Come di sparviero, e come d'uno grifone, dice l'Ottimo. Svetonio dipinge Cesare cœsis oculis. Boec.: Con due occhi in testa che parevano d'un falcon pellegrino. Negli occhi di Enrico VII, lodato da Dante, notano gli storici una particolarità non dissimile.

42. (SL) LATINO. Dice un inedito trecentista: Quinto re d'Italia, dal quale noi Italiani siamo chiamati Lafini. CAMMILLA. Cantata da Virgilio (Æn., VII, XI). -PENTESILEA. Alleata a' Trojani: la nomina nell'Eneide (I, 494). Trecentista inedito: Vidde la Pentesilea, con le sue care donzelle, tutta affocata in battaglia. RE. Epiteto che gli då sovente Virgilio. - LAVINA. Æn., VII, e altrove. Per Lavinia, anco in prosa. Cosi Tarquino per Tarquinio.

43. (L) CornigLIA: Cornelia. - IN PARTE: in disparte.

(SL) BRUTO. Æn., VI: Vis et Tarquinios reges, animamque superbam Ultoris Bruti. En,, VIII: Tarquinium cjectum, Luc., VI: Solum te, consul, depulsis prime tyrannis, Brute, pias inter gaudentem vidimus umbras. Qui solo Bruto; in Dante, nella terzina medesima, solo il Saladino. LUCREZIA. Di lei Ovidio e Livio, letti da Dante. —JULIA. Figlia di Cesare, moglie a Pompeo. La rammenta Lucano (Phars., VII). E cosi Marzia, moglie di Catone, della quale nel primo del Purgatorio. - CORNIGLIA. Moglie di Pompeo, rammentata da Lucano (Phars., VIII); non la madre de' Gracchi. Cor

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niglia, nel trecento, anche in prosa. SALADINO. NOvellino, XXV: Saladino fu soldano, nobilissimo signore, prode e largo. Ottimo: Dicesi che seppe tutte le lingue. Petr., Tr. della Fama: Poi venía solo il buon duce Goffrido. [V. D' Herbelot, Bibliothèque Orientale, e Knolles's History of the Turks, pag. 57, ec.]

44. (L) 'L MAESTRO DI COLOR CHE SANNO: Aristotile. (F) SANNO. Conv.: Coloro che sanno. Ad Aristotile, dice nel Convivio (III, 5), che la natura più aperse li suoi segreti. - I, 9: Mio maestro. FAMIGLIA. Hor. Carm., 1, 29: Socraticam... domum.

45. (SL) AMMIRAN. Virgilio, di Museo nell' Eliso (En., VI): Medium nam plurima turba Hunc habet, atque humeris extantem suspicit altis. In tutte le opere sue accenna sempre ad Aristotile.

(F) PLATONE. Conv., II, 5: Uomo eccellentissimo. Monar., pag. 55, 40, 41, 42, 45, 52, 55, 60, 66, 73, 74, 75, 76, 79, 81. Volg. Eloq., pag. 294, 304. 46. (L) 'L MONDO A CASO PONE: il mondo sorgesse dal fortuito accozzarsi degli atomi. TALE Talete.

(F) DIOGENES. Lodato da Seneca. ANASSAGORA. Maestro di Pericle, facondo, dotto in fisica, credente allo spirito. Aristotile lo nomina con Empedocle. (Fis. I, 4 )

TALE. Fondatore della Scuola Jonia. Tale per Talete si diceva anco in prosa: e cosi Empedocles. Ott.: Dopo la política fu speculatore di naturale filosofia, e trovatore di naturale astronomia e dell'Orsa maggiore; e antidisse le oscurazioni del sole... puose che le anime crano immortali,... e attribui anime alle cose inanimate. Puose che 'l principio di tutte le cose era l'acqua; e disse che 'I mondo avea anima e era pieno di demoni: di lui favella S. Agostino nell' VIII de Civit. Dei. Di lui Aristotile (Topica, e nel Libro della Generazione). Eraclito citasi nella Somma (2, 2, 156). Di Zenone, Cicerone e Seneca ed Aristotile (Fis., IV); d'Euclide, Boczio; d'Eraclito, Aristotile; di Democrito, il medesimo nella Fisica e nel Libro dell'Anima.

47. (L) BUONO accoglitor del QUALE: valente raccoglitore delle qualità naturali dei corpi.

(SL) BUONO. Æn., V: Bonus Eurythion: d'un artista. - QUALE, per qualità, l'usa nel Paradiso. ORFEO. Virgilio (En., VI) colloca negli Elisi Museo ed Orfeo: Orazio pure (De Art. Poet.): Sacer interpresque Deorum.... Orpheus. TULLIO. Lo nomina nel Convivio (pag. 55, 38, 39, 45, 48), nella Monarchia (pag. 34, 57, 58, 46, 50), e nella Volgare Eloquenza (pag. 196). LINO. Il poeta sacro nominato da Virgilio come figliuolo di Apollo (Buc., IV, VI). Altri legge Livio, più volte citato da Dante (Mon., pag. 54, 57, 58, 46, e Inf., XXVIU).

(F) MORALE. Bocc.: Seneca morale, maestro di Nerone. Di lui nella Volgare Eloquenza (pag. 227). Nel Convivio è citato dopo Davide e Salomone. Nella Somma citati come autorità Seneca e Tullio.

48. Euclide geométra, e Tolommeo;

Ippocrate, Avicenna, e Galieno; Averrois, che 'l gran comento feo. 49. Io non posso ritrar di tutti appieno,

INFERNO.

Perocchè si mi caccia 'l lungo tema
Che molte volte al fatto il dir vien meno.

48. (L) GRAN COMENTO d'Aristotile. - FEO: feee.

(SL) [AVERROIS. V. Tiraboschi, Storia letter., tom. V, lib. 2, e D'Herbelot, Bibliothèque Orientale, art. Roschd, col qual nome gli Arabi chiamano Averroe.] – COMMENTO. Conv., pag. 272, e Mon., pag. 9.

-

(F) AVICENNA. Arabo del secol X. Scrisse di medicina, di metallurgia, di chimica, di filosofia razionale. Lo nomina nel Convivio. ToLOMMEO. Conv., IV, 3. GALIENO. Mon., p. 22; Conv., I, 8. -AVERROIS. S'usava anco in prosa, e cosi il Rabelaist (Prognost., III). Ott.: Spuose mulli libri d'Aristotile. Fu di nobilissimo ingegno, più che uomo, ma non confessò Cristo.

49. (L) RITRAR: dire. Si MI CACCIA...: tante cose ho a dire che tutte non posso.

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Il Limbo di Dante.

In una regione che risplende in mezzo alle tenebre stanno le anime di coloro ch'ebbero virtù naturali, ma senza la fede vera; le quali virtù raggiarono appunto come una luce che rompeva le tenebre de' luoghi e tempi in cui vissero; così nell'Eliso di Virgilio: secretosque pios (1). Nelle sette mura che cingono il castello altri vede le sette arti liberali, di cui nel Convivio, grammatica, reltorica, dialettica, aritmetica, musica, geometria, astronomia: altri le tre teologali e le quattro virtù cardinali. Meglio forse intendere il numero sette, come nel Canto VIII ed altrove, e come nella Bibbia, per un numero compiuto, a indicare la fortezza del luogo e delle virtù che ricoveravano in esso. Così prima ancora della scoperta del Newton gli antichi indovinarono settemplice il raggio; così nell' Eliso di Virgilio, Orfeo obloquitur numeris septem discrimina vocum (2). Il castello è simbolo dell' umana scienza e bontà, anco a' pagani accessibile. Passano franco il fiumicello, perchè quella difesa è per gl'ignoranti e pe' vili; e i buoni ingegni e i forti animi v'han l'adito aperto. Pietro interpreta il fiume per l'affetto: chè, l'affetto de' saggi essendo solido e fermo, e' giungono sicuri al lor fine, e se ne fanno non impedimento, ma via. Il Boccaccio vede nel fiumicello i beni terreni che il saggio deve spregiare e calcare pas

sando; belli, ma fugaci com'acqua. Meglio imaginare che il passo de' due poeti, non aggravato dal peso del male, non affondi: e rammentarsi l'andata di Pietro sulle acque. Già il modo maraviglioso come il Poeta nel sopore è portato all'altra riva d'Acheronte, dichiara questo secondo passaggio, il quale si raffronta con quel dell'Angelo che poi passa Stige con le piante asciutte (1), e con quel della bella donna che traendosi dietro Dante tuffato in Lete, se ne va sovra l'acque leggiera come spola (2).

Nel Limbo de' giusti egli aveva rammentati Adamo, Abele, Noè, poi Mosè (non a caso forse preponendolo), poi Abramo, Davide, Isacco, Giacobbe e i suoi figliuoli; e di donne sola Rachele, come un de' simboli del poema. Nel Limbo de' non credenti, di persone storiche o tali volute da lui, e' non nomina che i progenitori di Roma e romani; e degli altri, unico il Saladino. Dall' una parte Elettra co'discendenti di lei fino a Cesare, dall'altra Latino, e Lavinia e Camilla già avversi a' Troiani, e Pentesilea quasi anello tra loro, e forse perché alle Amazzoni è nell'Eneide paragonata Camilla (3). Saladino, Soldano di Babilonia, lodato anche da' Cristiani per la sua probità, rimane solo, perchè d'altra fede, e perchè solo celebre Ira' Soldani. Ordinò una tregua tra sé e i Cristia

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