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PARTE SECONDA.

POESIE MORALI.

Questa è colei ch'umilia ogni perverso;
Costei pensò chi mosse l'universo.

(Canzone VII.)

CANZONE VI.

Parla del suo amore filosofico alle intelligenze del terzo cielo.

Voi, che, intendendo, il terzo ciel movete,

Udite il ragionar ch'è nel mio core,
Ch'io nol so dire altrui, sì mi par nuovo!
Il ciel che segue lo vostro valore,
Gentili creature che voi siete,

2

Mi tragge nello stato, ov' io mi trovo;
Onde il parlar della vita, ch' io provo,
Par che si drizzi degnamente a vui:
Però vi prego, che voi m' intendiate.3
Io vi dirò del cor la novitate,
Come l'anima trista piange in lui,
E come un spirto contra lei favella,
Che vien pe' raggi della vostra stella.

5

4

Solea esser vita dello cor dolente
Un soave pensier che se ne gía
Molte fiate a piè del vostro Sire,

6

Ove una donna glorïar vedia,

7

Di cui parlava a me sì dolcemente,
Che l'anima diceva: I' men vo' gire!
Or apparisce chi lo fa fuggire;

E signoreggia me di tal virtute,

Che 'l cor ne trema sì, che fuori appare."
Questi mi face una donna guardare,
E dice: Chi veder vuol la salute,
Faccia, che gli occhi d'esta donna miri,
S'egli non teme angoscia di sospiri.

9

11

Trova contrario 10 tal che lo distrugge, L'umil pensiero che parlar mi suole D' un' angiola che 'n cielo è coronata.12 L'anima piange, (sì ancor le 'n 13 duole), E dice: Oh lassa me, come si fugge Questo pietoso 14 che m'ha consolata! Degli occhi miei dice quest' affannata: Qual ora fu, che tal donna 15 gli vide? E perchè non credeano a me di lei? Io dicea Ben negli occhi di costei De' star colui che le mie pari uccide; E non mi valse, ch' io ne fossi accorta, Che non mirasser tal 17 ch'io ne son morta! Tu non se' morta, ma se'ismarrita, 18

Anima nostra, che sì ti lamenti,

16

(Dice uno spiritel d' Amor gentile); Chè questa bella donna 19 che tu senti, Ha trasmutata in tanto la tua vita,

20

Che n'hai paura, sì se' fatta vile.21
Mira quant' ella è pietosa ed umíle,
Saggia e cortese nella sua grandezza;
E pensa di chiamarla donna omai;
Chè, se tu non t'inganni, vederai 22
Di si alti miracoli adornezza,

Che tu dirai: Amor,23 signor verace,
Ecco l'ancella tua; fa' che ti piace.

24

Canzone, io credo, che saranno radi
Color che tua ragione intendan bene,
Tanto lor parli faticosa e forte:
Onde, se per ventura 25 egli addiviene,
Che tu dinanzi da persone vadi,
Che non ti paian d'essa 26 bene accorte,
Allor ti prego, che ti riconforte,"

E dichi lor, 28 diletta mia novella:
Penete mente almen, com' io son bella.

1 Il ciel. Altri: El ciel. Qui non ha luogo affatto la congiunzione e, perciocchè si comincia il ragionare ch'è nel core.

2 Mi tragge nello stato. Altri: Mi tragga dallo stato. Dante non vorrebbe esser tratto dallo stato, in cui si trova; bensì dice che in questo stato amoroso è tratto dal terzo cielo.

3 che voi m'intendiate. Il Cod. Trivulzio 5 ha: che voi n' intendiate. La nostra lezione è sostenuta dal Comento.*

"Come l'anima trista. Altri: Come la mia tristizia.

5 Solea. Altri: Suole. Qui si richiude il trapassato, e basta por mente alle parole: Or apparisce ec.

6 vostro Sire. Altri; nostro Sire. Ma questo Sire è piuttosto degli angeli del terzo cielo, propriamente parlando.

7 parlava a me. Altri: parlava me. Nacque forse questa lezione dall'essersi male divise le parole de' Codici antichi.

8 ne trema sì, che fuori appare. Altri: ne trema, che di fuori appare.

9 S'egli, così l'Edizione Veneta del 1518, e nel Comento.** Altri:

• Convito, Tratt. II, cap. 7; e nella ballata, parte I, si ha : « Sed ella ha scusa, che la m' intendiate. »>

Convito, Tratt. II, cap. 16.

10

Sed ei. Il Cod. Gadd. 3: S'elli. Gli altri ms. e stampa leggono: Sed e'. contrario. Altri: contraro. Sta bene contraro, come Tarquino per Tarquinio, ma in fine di verso per servire alla rima. Stiamo coi Cod. Trivulziano 1, 2 e 6; Gaddiano 134, ed Ediz. Veneta del 1518.

12

pensiero. Altri: pensero.

coronata. Altri: onorata. Ma dice poco.

18 le 'n. Altri: sen.

14

Questo pietoso. Altri: Questa pietosa.

15 che tal donna. Altri: che 'n tal donna.

16 le mie pari uccide. Così vari Codici, e fra questi il Palatino. La lezione comune, seguíta dagli editori milanesi del Convito, porta: li miei pari uccide. A sostegno della prima lezione osserviamo, in primo,che nel Convito, Tratt. II, 16, sta detto: << E là dov'ei dice: le mie pari, s'intende l'anime libere dalle misere e vili dilettazioni, e dalli volgari costumi, d'ingegno e di memoria dotate.» E così nel c. 10 dello stesso Trattato si legge: «Non mirasser, dice, colui, di cui prima detto avea: che le mie pari uccide.* » In secondo luogo, parla qui l'anima, come si

Qui gli editori milanesi non solo riten. gono la lezione da essi rifiutata, ma in nota pongono, che le mie pari sieno le anime.

trae dalle parole: l'anima piange.... anima nostra.... ec., e principalmente da ciò che lo stesso Dante dice nel Convito. Perciò le sue pari non possono essere che le altre anime.

17 Che non mirasser tal. Altri: Ch'io nol vedessi tal.

18 se'ismarrita. Così leggo cogli editori del Convito. Molti Codici leggono: sei sbigottita. Dante medesimo ci assenna che qui parlisi di smarrimento o discorrimento di animo. Ecco le sue parole, consegnate nel c. 2, Tratt. II del Convito: « Nella prima parte che comincia: Tu non se'morta, dice adunque (continuandosi all'ultime sue parole): non è vero, che tu sia morta; ma la cagione, per che morta ti pare essere, si è uno smarrimento, nel quale se'caduta vilmente per questa donna ch'è apparita. E qui è da notare che siccome dice Boezio nella sua Consolazione, ogni subito movimento di cose non avviene senz'alcuno discorrimento di animo. E questo vuol dire. » Il Fraticelli rifiutò la lezione degli editori milanesi, ma la seguiva giustamente il Giuliani.

19 Chè questa bella donna. Altri: Che quella bella donna.

20 trasmutata. Seguiamo gli editori milanesi ed il Fraticelli. Altri: trasformata.

chè Dante nel Convito ci dice:

Dico adunque: Io credo, Canzone, che radi saranno, cioè pochi, quelli che intendano te bene. E dico la cagione, la quale è doppia. Prima, perocchè faticosa parli (faticosa, dico, per la cagione che detta è); e poi, perocchè forte parli (forte, dico, quanto alla novità della sentenza). Ora appresso.* » Da queste parole si può vedere, che faticosa e forte sieno qualificanti del soggetto sottinteso Canzone, non già di ragione, e che parli sta qui neutralmente senza oggetto. Il faticosa e forte riguarda il parlare della Canzone per la sua difficoltà ed oscurità, e perciò pure il soggetto come causa di siffatto parlare faticoso e forte.

Dante usa di variare gli aggettivi generalmente allorchè gli altri l'usano in forma invariabile come avverbi; e perciò noi riteniamo faticosa in concordanza col soggetto sottinteso Canzone, rigettando faticoso (in luogo di faticosamente). Diamo di quest'uso alcuni esempi tolti dalla Divina Commedia:

Io son colui che tenni ambo le chiavi Del cuor di Federigo, e che le volsi, Serrando e disserrando sì soavi.**

Soavi accorda con chiavi.

Indi ricominciavan l'inno bassi.***

21 Che n'hai paura, sì se' fatta cioè, gli spiriti, vile. Altri: Che n'ha paura, sì è fatta vile. Non ha la vita, paura ma l'anima, a cui si parla.

22 vederai. Altri: tu vedrai, e così abbiamo nel Comento.** Il Giuliani legge: ancor vedrai.

23 Che tu dirai: Amor. Altri leggono: Che tu dirai amor.

24 lor parli faticosa. Altri: lor parli faticoso. Ed altri finalmente, seguiti dal Fraticelli, hanno: la parli faticosa.

Gli editori milanesi che tennero la lezione da noi seguíta, furono a torto biasimati dal Fraticelli, per

Tratt. II, cap. 10, 11 e 16. * Convito, Tratt. II, cap. 11.

e dal canto di questa L'altre togliean l'andare e tarde e ratte.****

Perciò Dante nel Comento pose faticosa, siccome corressero gli editori milanesi, o meglio faticosamente come si ha in tutti i Codici ed in tutte le stampe.'

*****

25 Onde, se per ventura. Altri testi: Ma, se per avventura. Il ma nota opposizione che qui non può avere stanza, mentre qui sta bene un segno di conseguenza, come l'onde. Convito, Tratt. II, cap. 12. Inf., XIII, 58.

*** Purg., XV, 129.

**** Purg., XXIX, 128. ***** Vedi Convito, loc. cit.

26 d'essa. I Cod. Trivulziano 2 ci dà d'esser. Il Trivulziano 7 poi legge: di te. Nel Comento leggiamo: che dubitare si pajano nella tua ragione. Dunque sta bene d'essa, cioè, di essa ragione.

27

ti riconforte. Altri testi: tu ti conforte.

28 E dichi lor. Altri testi, seguíti dal Fraticelli e dal Giuliani, portano: Dicendo lor. I dire va distinto dal confortarsi, e quasi va l'una cosa opposta all'altra. Infatti l'Alighieri nel Comento pone: Non ti smarrire, ma di'loro. Dunque va preferito E dichi a Dicendo.

BALLATA V.

Si lamenta delle difficoltà incontrate nello studiare filosofia. La Ballata fu scritta nella fine del 1296.

Voi che sapete ragionar d'Amore,
Udite la Ballata mia pietosa

Che parla d'una donna disdegnosa,
La qual m'ha tolto il cor per suo valore.
Tanto disdegna qualunque la mira,
Che fa chinare gli occhi per paura;
Chè d'intorno da' suoi1 sempre si gira
D'ogni crudelitate una pintura;

2

Ma dentro portan la dolce figura
Che all' anima gentil fa dir: 3 mercede;
Si virtuosa, che, quando si vede,

4

Trae li sospiri altrui fuora del core.

Par ch'ella dica: Io non sarò umíle
Verso d' alcun che negli occhi mi guardi;
Ch' io ci porto entro quel signor gentile
Che m' ha fatto sentir degli suoi dardi:
E certo io credo che così gli guardi
Per vederli per sè, quando le piace:
A questo modo donna retta face,
Quando si mira per voler onore.

5

Io non spero, che mai per sua pietate
Degnasse di guardare un poco altrui;7

6

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