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BALLATA IX.

Ricorda la fede avuta dalla sua donna.

Donne, io non so di che mi preghi Amore, Ch' egli m'ancide, e la morte m'è dura, E di sentirlo meno ho più paura.

Nel mezzo della mia mente risplende Un lume da' begli occhi, ond' io son vago, Chè l'anima contenta:

Vero è, che ad ora ad or m' asciuga un lago
Dal cor, pria che sia spenta.

Ciò face Amor, qualvolta mi rammenta
La dolce mano e quella fede pura
Che dovria la mia vita far sicura.

CANZONE XX.

Prega la sua donna ad aver pietà di lui.

La dispietata mente, che pur mira
Di dietro al tempo che se n'è andato,
Dall' un dei lati mi combatte il core;
E'l desio amoroso che mi tira

Verso il dolce paese che ho lasciato,
Dall' altra parte è con forza d' Amore:
Nè dentro io sento tanto di valore,'
Che possa lungamente far difesa,
Gentil Madonna, se da voi non viene;
Però se a voi conviene

Ad iscampo di lui mai fare impresa,
Piacciavi di mandar vostra salute
Che sia conforto della mia virtute.

2

Piacciavi, donna mia, non venir meno In questo punto al cor che tanto v'ama; Poi' sol da voi lo suo soccorso attende;

3

Chè buon signor mai non restringe il freno
Per soccorrere al servo, quando 'l chiama,
Che non pur lui, ma il suo onor difende:
E certo la sua doglia più m' incende,
Quand' io mi penso, donna mia, che vui
Per man d'Amor là entro pinta siete:
Così e voi dovete "

5

Vie maggiormente aver cura di lui;

Chè quel, da cui convien che 'l ben s'appari, Per l'immagine sua ne tien più cari.

Se dir volesté, dolce mia speranza,

6

Di dare indugio a quel ch' io vi domando,
Sappiate, che l'attender più non posso,
Ch'io sono al fine della mia possanza;
E ciò conoscer voi dovete, quando
L'ultima speme a cercar mi son mosso;
Chè tutti i carchi sostenere addosso
De' l'uomo infino al peso ch'è mortale,
Prima che il suo maggiore amico provi;
Chè non sa, qual se'l trovi,

8

9

E, s' egli avvien che gli risponda male,
Cosa non è, che costi tanto cara;
Chè morte n' ha più tosta e più amara.

E voi pur siete quella ch'io più amo,
E che far mi potete maggior dono,
E'n cui la mia speranza più riposa;
Chè sol per voi servir la vita bramo,
E quelle cose che a voi onor sono,
Dimando, e voglio; ogni altra m'è noiosa:
Dar mi potete ciò che altri non osa;
Chè il sì e 'l no tututto 10 in vostra mano

Ha posto Amore, ond' io grande mi tegno.
La fede, ch' io vi assegno,

Muove dal vostro portamento umano;
Chè ciascun che vi mira, in veritate
Di fuor conosce che dentro è pietate.

Dunque vostra salute omai si muova,
E vegna dentro al cor che lei aspetta,
Gentil Madonna, come avete inteso;
Ma sappia che lo entrar di lui" si trova
Serrato forte di quella saetta,

12

Che Amor lanciò lo giorno ch'io fui preso;
Per che lo entrare a tutt' altri 13 è conteso
Fuor che a' messi d' Amor, che aprir lo sanno
Per volontà della virtù che 'l serra:

Onde nella mia guerra

La sua venuta mi sarebbe danno,
S'ella venisse senza compagnia

De' messi del Signor che m'ha in balía.

Canzone, il tuo andar " vuol esser corto; Chè tu sai ben, che picciol tempo 15 omai Puote aver luogo quel, per che tu vai.

1 Nè dentro io sento tanto di valore. Preferiamo questa lezione del Cod. Palatino, come più bella, alla volgata ch'è la seguente: Nè dentro a lui sent' io tanto valore.

2 In. Il Cod. Palatino pone così. Altri: A.

8

soccorrere al servo. Il Cod. Palatino mette: il servo soccorrere. Può ricevere l'accusativo, ma qui non pare buono quest'uso.

4 penso, donna mia. Altri: penso ben, donna.

5 dovete. Altri: devete, e così nel v. 5 della strofa terza. Devete è più secondo l'etimologia, ma la forma contraria ha trionfato per

l'uso.

Sappiate. Così il Cod. Marciano

152, seguíto dal Giuliani. Facciate si trova nella volgata.

7 al fine. Altri: a fine. Pare che si richieda il segnacaso articolato.

8 Chè. Abbiamo posto l'accento sopra questa parola, e perciò punto e virgola alla fine del verso precedente, e sola una virgola dopo trovi; perciocchè si dà ragione di ciò che è detto ne' tre versi precedenti.

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perciocchè lo entrare del core è appunto quello che si trova serrato, come ripetesi ai versi 7 ed 8. La volgata lezione fa cuore (sottinteso) soggetto di si trova serrato, ma in questo caso allo entrar di lui sarebbe un pleonasmo degno di tutta riprovazione. Al più non volendosi cambiare allo entrar dovrebbe mettere di lei (della salute), in luogo di lui (del cuore).

12 di. Alcuni testi pongono: da. Non è la saetta propriamente che serrò lo entrare del cuore di Dante, ma la volontà di Amore, come dicesi appresso. La saetta è uno strumento. Sta dunque assai bene il di. a tutt' altri. Alcuni pongono a tutt' altre (saluti?). Si fa opposizione a' messi d'Amore.

13

14 andar. Altri: cammin.

15 picciol tempo. Altri: poco tempo.

SONETTO XLIII.

Si duole d'esser lontano dalla sua donna.
Il Sonetto sembra scritto nel 1308.

Se'l bello aspetto non mi fosse tolto
Di quella donna, ch'io veder desiro,
Per cui dolente qui piango e sospiro,
Così lontan dal suo leggiadro volto;

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Ciò che mi grava e che mi pesa molto,
E che mi fa sentir crudel martiro
In guisa tal, che appena in vita spiro,
Com' uomo quasi di speranza sciolto;

Mi saria lieve e senz' alcuno affanno;
Ma, per ch'io non la veggio, com' io soglio,
Amor m'affligge, ond' io prendo cordoglio;
E sì d'ogni conforto mi dispoglio,
Che tutte cose che altrui piacer danno,
Mi son moleste, e 'l contrario mi fanno.

CANZONE XXI.

Prega la morte ad aver pietà della sua donna.

Morte, poich' io non trovo a cui mi doglia, Nè cui pietà per me mova sospiri,

Ove ch' io miri, o in qual parte ch' io sia; E perchè tu sei quella che mi spoglia D'ogni baldanza e vesti di martíri,

E per me giri

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ogni fortuna ria;
Perchè tu, Morte, puoi la vita mia
Povera e ricca far come a te piace;
A te conven ch'io drizzi la mia face;
Dipinta in guisa di persona morta.
Io vegno a te, come a persona pia,
Piangendo, Morte, quella dolce pace,
Che il colpo tuo mi tolle, se disface
La donna che con seco il mio cor porta,
Quella ch'è d' ogni ben la vera porta.
Morte, qual sia la pace, che mi tolli,
Perchè dinanzi a te piangendo vegno,
Qui non l'assegno; chè veder lo puoi,
miei di pianto molli,

Se guardi agli occhi

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Se guardi alla pietà, ch'ivi entro tegno,

Se guardi al segno

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ch'io porto de' tuoi. Deh! se paura già coi colpi suoi

M'ha così concio, che farà 'l tormento?
S'io veggio il lume de' begli occhi spento,
Che suol esser ai miei sì dolce guida,
Ben veggio che il mio fin consenti e vuoi:
Sentirai dolce sotto il mio lamento;
Chè io temo forte già per quel ch'io sento,
Che per aver di minor doglia strida,
Vorrò morire, e non fia chi m' uccida.
Morte, se tu questa gentile uccidi,
Lo cui sommo valore all'intelletto
Mostra perfetto ciò che in lei si vede,
Tu discacci virtù, tu la disfidi;

Tu togli a leggiadria il suo ricetto;

Tu l'alto effetto

spegni di mercede;

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