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sudicio e vano: non essendo più simbolo di popolo giusto e santo, non avendo il suo senso eccelso per le virtù vincitrici..

v. 5. Sì che la Fè nascosa. Volendosi vincitrici le virtù, perchè il fiore non sia più sudicio e vano, risorgeranno la Fede e la Giustizia, per le quali il popolo di Fiorenza sarà giusto e sano.

V. 7. le luci, le leggi dell' Imperio romano. Vedi Paradiso, VI.

v. 14. ogni sua sorella, le altre virtù cardinali: Giustizia, Fortezza e Temperanza.

St. IV, v. 5. Potrà poi dir Fiorenza. Allora il tuo nome eccelso (ma che mal si nota, essendo fatto sudicio e vano il tuo fiore) potrà esprimere col fatto quello che suona. Dante, che nel Convito e nella Epistola a' Fiorentini, facea Fiorenza figlia di Roma, ora l'ha fatta sua sorella. Perciò chiama la città del celeşte Imperatore, tipo della città dell'Imperator terreno, ora Roma, ed ora Fiorenza. Nel Pur gatorio, XXXII, 100:

Qui sarai tu poco tempo silvano,

E sarai meco senza fine cive

Di quella Roma, onde Cristo è romano.

E nel Paradiso, XXXI, 37, vedendo la milizia santa in forma di candida rosa, dice:

Io, ched era al divino dall'umano,

Ed all' eterno dal tempo venuto,

E di Fiorenza in popol giusto e sano.

Dante poi spesso allude al senso del nome di Fiorenza. Così nel Paradiso, XVI, 110:

e le palle dell' oro

Fiorian Fiorenza in tutti i suoi gran fatti.

v. 9. Sarai del mondo insegna, perchè, ora selva (Purgatorio, XIV) come la selva selvaggia di questa vita (Inferno, I, 2), e come il giardino dell' Imperio fatto deserto (Purgatorio, VI, 105), per l'avvenire sarai la città florida d'ogni giustizia e pace.

v. 10. alla tua nave guida. I Neri erano guida alla nave della Repubblica fiorentina. Vi allude, pur coll' allegoria della barca, nel XVI, 94, del Paradiso. Fiorenza non si dovea più far guidare da costoro, ma prendere a sua guida l'Imperatore.

v. 14. Eleggi omai, non è più tempo da perdere, perchè l'Imperatore sta per decidere la gran quistione. Rimanendo guelfa, starai lupa rapace; perchè la cupidigia, simboleggiata nella lupa, domina ove non si estende il dominio dell' Imperatore; augustandoti e mettendoti sotto la legge imperiale, sarai in tutta pace, perchè morrà di doglia la lupa, e sarà pace in tutto il mondo imperiale. La lupa è bestia senza pace, perchè l'umana cupidigia non si sazia mai: l'Impero contiene tutti entro i loro termini, e l'Imperatore, tutto possedendo, nulla può desiderare.

St. VI, v. 2. ti guida Amore, non già odio o disprezzo. v. 4. lumiera per lume.

V.

7. clango, suono la tromba a battaglia, invitandovi a prender l'armi.

v. 10. Capaneo e Crasso ec. Per Capaneo intende la violenza superba, per Crasso l'avarizia, per Aglauro l'invidia, per Simon Mago la simonia (e per analogia la vendita de' pubblici offici), per Sinone il falso consiglio, per Maometto i seminatori di scandalo e di scisma, per Giugurta e Faraone la perfidia e l'ostinatezza tirannica. La barbarie africana, tirannica ed ostinata (Giugurta e Faraone), teneva tutti questi vizi al passo, all' entrata di Firenze, perchè la divorassero, ed impedissero d' entrarvi l'imperatore Arrigo. Tutti gl' individui nominati sono puniti nell' Inferno, secondo la Divina Commedia, eccetto Aglauro che in una visione del Purgatorio si ascolta nel girone degl' invidiosi. Giugurta e Faraone non figurano nel sacro poema; però di leggieri s'intende che cosa figurino. Perciò l'Inferno era stato già pubblicato quando questa Canzone fu scritta, cioè pochi giorni prima che fu scritta la violenta lettera a' Fiorentini (31 marzo 1311). Allora pure, secondo noi, fu pubblicato il canto XIV del Purgatorio, dove si cenna di Aglauro, e si gittano durissime parole contra tutti i To

scani, e principalmente contra Fiorenza, trista selva ed antica belva (lupi fiorentini).

v. 15. s'augusti. Augustarsi è voce coniata per Dante, da Augusto ch'è l'Imperatore. I giusti di Fiorenza, sorgendo contra i Neri che erano alla guida della nave di Fiorenza, dovevano recare la città loro alla parte imperiale; perciocchè i giusti sono quelli che amano la giustizia imperiale, cioè l'Imperio.

SONETTO XXXV. lo mi credea del tutto esser partito.

Il Sonetto fu scritto a Cino da Pistoia, che rispose col Sonetto il quale comincia:

Poich' io fui, Dante, dal natal mio sito.

v. 2. vostre Rime, cioè poesie di amore.

v. 4. lunge dal lito, perciò presso al porto. Il viaggio della nave figura quello della vita. Vedi Convito, IV, 28. La natural morte è quasi porto a noi di lunga navigazione e riposo ec.

v. 6. uncino, figuratamente per donna.

v. 8. stancato dito. Ciò perchè Dante era fatto debole per età, ed era quasi stanco di scriver più poesie.

v. 10. piacer, beltà. Cino scriveva:

Un piacer sempre mi lega e mi scioglie.

SONETTO XXXVI.-Lo re che merta i suoi servi a ristoro.

v. 1. Il Quirino avea scritto a Dante un Sonetto che comincia:

Lode di Dio e della Madre pura.

Merta è accorciato di merita da meritare, ma nel senso di premiare anzichè di acquistar merito.

v. 3. rancura per rancore. È usata questa voce nel Purgatorio, come da Dante da Maiano e da Ponzio da Campidoglio.

v. 4. Concistoro. Questa voce è usata presso a poco nello

stesso senso nel Purgatorio, IX, e nel Paradiso, XXIX. È usata ad indicare la Triade, qui siccome nel Convito, Trattato IV, 5. Non faccia meraviglia che per Concistoro significar voglia la Triade, perchè altrove la dice pure Senato (così leggo nel Convito, II, 6).

v. 6. Cittade pura. Si allude alla celeste Fiorenza, ove tornerà Dante esiliato dalla Fiorenza corrotta e guasta. La Città pura è la Città di Dio, celeste imperatore. Forse vi è qualche allusione alla composizione del Paradiso, di cui stava compiendo gli ultimi dieci canti.

v. 13. rispetti, volgi l'aspetto, riguardi. Secolo futuro, è la vita futura dell'eternità.

PARTE TERZA.

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CANZONE XIII. — Amor, dacchè convien pur, ch'io mi doglia.

St. I, v. 1. convien pur, conviene tuttavia, per novello amore, come convenne quando amava Beatrice (ed anche quando cantava allegoricamente della Gentil Donna pietosa). Alla fine del 1306 Dante fu preso di amore per Gentucca degli Antelminelli. Vedi l'Epistola a Moroello Malaspina.

v. 3. d'ogni virtute spento, prima avea virtù di resistere agl' incanti amorosi. Ora questa virtù è spenta, ed Amore mi domina di nuovo.

v. 4. a pianger com' ho voglia, come ho voglia di piangere, così fa' che io sappia piangere, che io pel canto esprima il pianto mio.

v. 5. si snoda, si scioglie col canto, si apre colle parole. v. 6. Portin, le mie parole portino il mio pianto nell'orecchio altrui.

v. 10. sì còlto, così colpito dai dardi di Amore, anzi così giunto dal fulmine partito dagli occhi di Gentucca?

St. II, v. 2. immagine per virtù immaginativa, immaginazione.

v. 3. Se non come, posso fuggire soltanto, come posso fuggire il pensiero, cioè non posso impedire che mi venga nella mente l'immagine di questa donna, perchè non posso fare a meno di pensare a lei.

v. 4. L'anima folle, l'affetto, il pensiero affettuoso, ch'è folle per ingegnarsi al suo male.

v. 6. Così dipinge, la dipinge bella e ria così com'ella è, ed in questo modo forma un'immagine nella mente, che poi è pena sua; perchè l'attrae con la bellezza, lo respinge con la crudeltà.

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