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Ed alla fine falle umil preghiero,
Lo perdonare se le fosse a noia,

Che mi comandi per messo, ch'io moia,
E vedrassi ubbidire al servitore."

12

E di' a colui ch'è d'ogni pietà chiave,
Avanti che sdonnei,

13

Chè le saprà contar mia ragion buona:
< Per grazia della mia nota soave

Rimanti qui con lei

14

E del tuo servo ciò, che vuol,15 ragiona;
E, s'ella per tuo prego gli perdona,

Fa' che gli annunzi in bel sembiante pace.">
Gentil Ballata mia, quando ti piace,

Muovi in tal punto " che tu n'aggi onore.

Tu vai. Così leggiamo col Fraticelli. Alcuni leggono: Tu va, credendo, che qui debba essere il verbo andare posto nella seconda dell'imperativo, mentre non vi è luogo ad alcun comando. Qui l'autore conforta la Ballata ad andare più sicura, perciocchè la sua cortesia potevala fare ardita ad andare dappertutto; e nella divisione che ne fa nella Vita Nuova, la licenzia dell'andare quando vuole, e ciò risponde agli ultimi versi:

Gentil Ballata mia, quando ti piace,
Muovi in tal punto, che tu n'aggi onore.

'Altri leggono questo verso: Aver dovresti in tutte parti ardire; ed altri ancora: Dovresti in tutte parti aver ardire.

3 vuoli andar. Altri e così pur Fraticelli e Giuliani: vogli andar.

Questi versi in altra lezione presentano una varietà non leggiera:

Perocchè quella che ti debbe udire, S'è, come io credo, inver di me adirata: Se tu di lui non fossi accompa gnata, Leggeramente ti faria disnore.

Alcuni inoltre variano questa medesima lezione col verso 12°, po

nendo: Sì, come io credo, è in ver di me adirata. E tutto può stare benissimo, però altri ci danno un'altra varietà erronea di questo medesimo verso, leggendo: Sì, come io credo, in vêr di te adirata. Beatrice si era adirata contro Dante non contra la Ballata sua. Per debbe alcuni hanno deve.

5 Amore è quei. Amore era in compagnia della Bailata, ma qui non era necessario il dirsi, e col qui si fa luogo ad uno sviluppo di parole che non ha senso naturale. È manifesto che il quei fu alterato in qui.

lo face.... lo fece. Generalmente si suole qui porre gli per lo al v. 23, mentre alcuni, come il Fraticelli, prescelgono lo nel v. 22. Ma qui il verbo fare richiede un soggetto, e posto o no nella forma dell'oggetto, e nou un dativo. Così benissimo l'usarono i trecentisti, e Dante forse più degli altri si tenne a questa legge. Tale soggetto è del verbo di forma infinita che dipende dal verbo fare, e nel nostro caso il pronome lo è un vero soggetto dei verbi cangiare e guardare, mentre in certo

modo può considerarsi ad un tempo quale oggetto di face e fece.

7 dacch' e' non mutò 'l. Alcuni leggono male: dacchè mutò il colore.

8 lo pronta. Altre lezioni portano: ha pronto; ovvero: l'ha pronto; od anche l'ha in pronto. La lezione che noi seguiamo col Fraticelli e col Giuliani, e che si riscontra nei Codici Riccardiani 440, 1034 e 1340, fu sostenuta dal Dionisi e dal Witte. Essa è la sola degna di approvazione; perchè non si vuole aver pronto il pensiero, o pensar prontamente, ma sì vuolsi pensare a servir prontamente. E soltanto in questo caso l'ogni ben si accoppia con pensiero; perchè ogni pensiero stimolava, eccitava e faceva sollecito e pronto Dante a servire la sua donna.

9 non tel crede. Altri: non ti crede. 10 che ne sa il vero. Così alcuni testi, coi quali stiamo. La volgata seguíta dal Fraticelli ha: s'egli è vero. Le due lezioni in sostanza dicono lo stesso; ma, volendo stare alla volgata, leggeremmo le parole precedenti secondo alcuni testi: Sed ella non ti crede, Di' che domandi Amore, s'egli è vero.

Il Giuliani nel testo ritiene: s'egli è vero; ma ne' comenti dice: «< ma deve ritenersi l'altro, perchè nella prosa Dante dice, che Amore gl'impose che di ciò, onde ora si parla, chiamasse testimone colui che'l sa. » Non mi pare una conseguenza necessaria.

11 E vedrassi ubbidire al servitore. Abbiamo altre due lezioni di questo verso. La prima ci dà: E vedrassi ubbidir buon servitore. La seconda è questa: E vedrà bene ubbidir servitore; ovvero: E vedrà bene ubbedir servitore. La determinazione di servitore per mezzo del segnacaso articolato ci sembra necessaria, perchè tal servitore va inteso per Dante; come ci sembra superflua l'idea di buono ovvero di bene.

12 colui. Il Biscioni legge: colei. Ma qui va inteso di Amore.

18 Chè le saprà. Altri hanno: Ch'elli saprà. Noi ponemmo l'accento sopra che.

14 Qui comincia il dire della Ballata, e questo verso compie il senso di rimanti e ragiona, non di saprà, come vuole il Giuliani. Per ciò diversa punteggiatura.

15 ciò, che vuol. Il Fraticelli ed il Giuliani seguono altri testi, che portano: ciò, che vuoi. Quest'ultima lezione va rifiutata, perciocchè vuoi si riferirebbe ad Amore, ma questi non potea far altro che contare la ragion buona del suo servo, e perciò dovea ragionare ciò che volea Beatrice, solvendole ogni dubbio. E se qui non abbiamo la volontà di Beatrice, avremo quella di tuo servo, cioè di Dante servo di Amore. Anzi a questo mi tengo, perciocchè nella narrazione sta detto: « E di ciò chiama testimonio colui che 'l sa; e come tu preghi lui che gliela dica: ed io che sono quello, volentieri le ne ragionerò; e per questo sentirà ella la tua volontà, la quale sentendo, conoscerà le parole degl' ingannati.

Ne' Codici antichi sopra la i non era il puntino, e perciò confondevasi con la 7 che aveva l'asta assai più bassa di quella che si ebbe in appresso.

16 Fa' che gli annunzi in bel sembiante pace. Si trovano varianti in che gli mutate in ch'ella, e così pure in in bel mutate in un bel. La nostra lezione sta bene da sè stessa, ma senza cangiar concetto potrebbe aver luogo la prima variante, od anche la seconda, non mai l'una e l'altra ad un tempo. Amore doveva ottenere che Beatrice annunziasse pace a Dante con lieto ed amorevole sembiante.

17 in tal punto. Altri: in quel punto. È questa lezione bonissima, però tal dice assai più di quel, cioè quando amore farà compagnia.

1

SONETTO IV.

Dice quanti pensieri d'amore lo combattono.

Tutti i miei pensier parlan d'amore,
Ed hanno in lor sì gran varietate,
Che altro mi fa voler sua potestate,
Altro forte ragiona' il suo valore,

Altro, sperando, m'apporta dolore,
Altro pianger mi fa spesse fïate;
E sol s' accordano in chieder pietate,
Tremando di paura ch'è nel core.

Ond' io non so, da qual materia prenda;
E vorrei dire, e non so, ch' io mi dica:
Così mi trovo in amorosa

erranza.

E, se con tutti vo' fare accordanza,
Convenemi chiamar la mia nemica,
Madonna la Pietà, che mi difenda.

forte ragiona. Il Giuliani trasse questa lezione da' Codici Magliabechiano 163 e Laurenziano 42, Plut. 40, e la tenne per la vera pel concetto espresso nella narrazione. Non è buona la signoria

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d'amore, perchè quanto il suo fedele più fede gli porta, tanto più gravi e dolorosi punti gli conviene passare.» I Fraticelli con tutte le stampe legge folle.

2

in amorosa. Altri: in l'amorosa,

SONETTO V.

Dice, che produce in lui la vista di Beatrice.

Coll' altre donne mia vista gabbate;
E non pensate, donna, onde si mova,
Ch'io vi rassembri sì figura nova,
Quando riguardo la vostra beltate.

Se lo saveste, non potria pietate
Tener più contra me l'usata prova;

Ch' Amor, quando si presso a voi mi trova,
Prende baldanza, e tanta sicurtate,

Che fiere tra i miei spirti paurosi,
E quale ancide, e qual caccia di fuora,'
Sicch' ei solo rimane a veder vui;

2

Ond' io mi cangio in figura d'altrui,
Ma non sì, ch' io non senta bene allora
Gli guai dei discacciati tormentosi.3

E quale ancide, e qual caccia di fuora. Altri testi portano: E quali ancide e quai pinge di fuora. E questa lezione è bonissima.

2 Sicch' ei solo rimane. Altri leggono: Sicchè io solo rimango. Siffatta lezione è erronea, perchè Dante si cangia in figura d'altrui, e discacciati o distrutti tutti i suoi spiriti, non può rimanere a veder la sua donna. Rimane dunque a guardare soltanto Amore, cioè Dante non fa che guardare in un rapimento d'affetto, siccome dicesi nella narra

zione: « Amore volea stare nel loro
(degli spiriti discacciati) nobilissi-
mo luogo per vedere la mirabile
donna.*» Così altrove:

Campami un spirto vivo solamente,
E quei riman, perchè di voi ragiona.

8

Gli guai dei discacciati tormentosi. Altri legge con verso men bello: Gli guai degli scacciati tormentosi. E discacciati non già scacciati si trova nella narrazione.

Vita Nuova, XIV.

SONETTO VI.

Tratta lo stesso argomento.

Ciò che m'incontra nella mente, muore,
Quando vegno a veder voi, bella gioia;
E, quand' io vi son presso, sento Amore
Che dice Fuggi, se 'l fuggir t'è noia.'

Lo viso mostra lo color del core

Che, tramortendo, ovunque può, s'appoia; '
per l' ebrietà del gran tremore

E

Le pietre par che gridin: Moia, moia.
Peccato face chi allor mi vide,

Se l'alma sbigottita non conforta,
Sol dimostrando, che di me gli doglia

2

1

Per la pietà, che 'l vostro gabbo uccide,
La qual si cria nella vista smorta

Degli occhi ch' hanno di lor morte voglia.

se'l fuggir t'è noia. Altri hanno la lezione: se'l partir l'è noia. Ma come dee disporsi a fuggire chi tiene per a sè nocevole la partenza?

Vi sarebbe contraddizione ne'termini. A chi sarebbe nocivo il partire?

2

ovunque può, s'appoia, alcuni testi hanno dovunque s'appoia.

SONETTO VII.

Tratta del suo stato angoscioso.

2

Spesse fïate venemi alla mente
L'oscura qualità,' ch' Amor mi dona;
E vienmene pietà sì, che sovente
I' dico: Ahi lasso! avvien egli a persona?
Chè Amor m'assale subitanamente
Sì, che la vita quasi m'abbandona :
Campami un spirto vivo solamente,
E quei riman, perchè di voi ragiona.
Poscia mi sforzo, chè mi voglio atare;
E, così smorto e d'ogni valor vôto,
Vegno a vedervi, credendo guarire;

3

E, se io levo gli occhi per guardare,
Nel cor mi si comincia uno tremoto
Che fa dai polsi l'anima partire.

1 venemi alla mente L'oscura qualità. Altri testi hanno: veqnonmi alla mente L'oscure qualità. Se l'oscura qualità è la schernevole vista, a cui Dante era condotto quando era presso la sua donna, la nostra lezione è la vera.

2 subitanamente Sì, che la vita ec. La comune lezione porta: sì subitamente, Che la mia vita, ec. Dante non

poteva essere abbandonato dalla vita altrui.

E

3 E quei riman. Altri anche bene: quel riman.

4

uno tremoto. La lezione comune dà: un terremoto. Ma tremoto è un tremito, un tremare che ben può riferirsi al cuore, mentre terremoto è un movimento della terra che qui non ha luogo.

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