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CANZONE II.

Narra i pregi e le virtù di Beatrice.

La Canzone fu scritta nel 1289.

Donne, che avete intelletto d'Amore, lo vo' con voi della mia donna dire; Non perchè io creda sua laude' finire, Ma ragionar per isfogar la mente. Io dico, che, pensando il suo valore,2 Amor si dolce mi si fa sentire, Che, s' io allora non perdessi ardire, Farei, parlando, innamorar la gente: Ed io non vo' parlar sì altamente, Che divenissi per temenza vile; Ma tratterò del suo stato gentile A rispetto di lei leggeramente, Donne e donzelle amorose, con vui; Chè non è cosa da parlarne altrui.

3

Angelo chiama il divino Intelletto, E dice: « Sire, nel mondo si vede Meraviglia nell' atto che procede

Da un'anima che fin quassù risplende;

4

Lo cielo che non have altro difetto

Che d'aver lei, al suo signor la chiede; E ciascun santo ne grida mercede. > Sola pietà nostra parte difende,

Chè parla Iddio che di Madonna intende: <Diletti miei, or sofferite in pace,

Che vostra speme sia quanto mi piace, Là ove è alcun che perder lei s' attende, E che dirà nell' inferno a' malnati:

lo vidi la speranza dei beati. ›

6

Madonna è desiata in l'alto cielo :
Or vo' di sua virtù farvi sapere.
Dico: qual vuol gentil donna parere
Vada con lei; chè, quando va per via,
Gitta nei cor villani Amore un gelo,
Per che ogni lor pensiero agghiaccia e père:
E qual soffrisse di starla a vedere,
Diverria nobil cosa, o si morria:
E quando trov' alcun che degno sia.
Di veder lei, que' prova sua virtute;
Chè gli addivien ciò che gli dà salute,'
E sì l'umilia, ch'ogni offesa oblia:
Ancor le ha Dio per maggior grazia dato,
Che non può mal finir chi le ha parlato.
Dice di lei Amor: Cosa mortale

Com' esser può si adorna e sì pura?"
Poi la riguarda, e fra sè stesso giura,
Che Dio ne intende di far cosa nova.
Color di perla quasi informa, quale
Conviene a donna aver, non fuor misura;
Ella è quanto di ben può far natura:
Per esempio di lei beltà si prova:
Degli occhi suoi come ch' ella gli muova,
Escono spirti d'amore infiammati,

Che fieron gli occhi a qual che allor gli guati,
E passan sì che 'l cor ciascun ritrova.
Voi le vedete Amor pinto nel riso,"
Ove" non puote alcun mirarla fiso.

Canzone, io so, che tu girai parlando
A donne assai, quando t'avrò avanzata.
Or t'ammonisco, perch' io t'ho allevata
Per figliuola d' Amor giovane e piana,
Che, dove 12 giungi, tu dichi, pregando:
Insegnatemi gir, ch'io son mandata

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A quella, di cui loda io sono ornata.13
E, se non vuoli 14 andar, siccome vana,

Non ristare," ove sia gente villana:
Ingégnati, se puoi, d'esser palese
Solo con donna o con uomo cortese,'
Che ti mêrranno per la via tostana;
Tu troverai Amor con esso lei:

Raccomandami a lor,"

1 sua laude. Leggesi generalmente sue laude. Abbiamo con altra lezione posto il numero del meno, perchè nella Tornata di questa Canzone sta detto: di cui loda son ornata, e così nel § XVIII della Vita Nuova abbiamo: << E proposi di prendere per materia del mio parlare sempre mai quello che fosse loda di questa gentilissima. » Parimenti nel § XXVI dicesi: Ond'io pensando a ciò, volendo ripigliare lo stile della sua loda, ec. Quando non è luogo a distinzione di quantità, va posto il numero del meno.

2 il suo valore. Altri: al suo valore. Pensando qui vale quasi pesando, ponderando. Vuole dunque l'accusativo.

3 Angelo chiama il divino. Così leggono i Codici Magliabechiano 143, ed i Riccardiani 1030 e 1094. In altra lezione abbiamo chiama cangiato in clama. Un editore stampava: Angelo clama nel divino intelletto. E disse che tal verso, il quale eccede la giusta misura, sia della foggia di questi:

Ecco Cin da Pistoia, Guitton d' Arezzo:
Uccise un prete la notte di Natale.

Il Fraticelli disse contra costui, non
esser la prima volta che siansi stam-
pati spropositi, e disse bene. Il Balbo
a questo verso, letto secondo una
tal lezione, aggiunse questa nota:

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come tu dêi.

16

parmi che la varietà delle lezioni, facendo dubbio il testo, debba far lecita la proposizione di una lezione anche non trovata ne' Codici. » L'al non sarebbe secondo lo stile dantesco, mentre qui bene chiama può valere invoca, nominare esclamando ed invocando; mentre il vi sta opportunamente, e si trova ne' Codici.

II Fraticelli ritiene la lezione: Angelo clama in divino intelletto; e spiega: esclama con santo proponimento. Il Giuliani pur ritiene siffatta lezione, ma ne' Comenti dice che accetterebbe la lezione da noi seguíta, perchè dall'altra non si può cavare buon costrutto, tanto più che in divino intelletto traendosi a significare con santo proponimento, si verrebbe a mostrar possibile o almanco a supporre che quello che si fa in cielo, non fosse tutto santo. L'argomento tratto dall'interpretazione di in divino intelletto, non è di alcun peso; perchè tal interpretazione andrebbe ritenuta per erronea. Di fatto quale convenienza trovate fra intelletto divino e proponimento santo? Una interpretazione diversa ci sarebbe certamente e con buon costrutto; ma noi non la proponiamo; perchè per sè stesso divino intelletto è l'eterna sapienza, imperatore della celeste Gerusalemme, e fine degli Angeli; e perchè quest'Angelo che, nel seguente verso, dice: Sire, ha dovuto già prima invocare questo sire.

4 che non have. La lezione: che non aveva (facendosi ciel) va rite

nuta per erronea, perchè Beatrice non era morta, quando il cielo chiedevala al suo signore, e quando fu scritta questa Canzone.

Le parole di cielo e di ciascun santo sono riferite dall' Angelo al sire o no? Questo sospetto ci nasce dalle parole al suo signor, da Sola pietà e da Diletti miei, le quali farebbero supporre che il cielo ed i santi parlino direttamente a Dio non per mezzo di un angiolo. Se questa supposizione fosse giusta, si avrebbe a cangiare la punteggiatura dal v. 4 al 7 inclusivamente.

5 Chè parla Iddio che di Madonna intende. Alcuni vollero che questo verso fosse letto così: Che parla Iddio? che di Madonna intende? Ben osserva il Fraticelli: «Ma, poichè questo verso e l'antecedente parmi debbano intendersi come detti dal poeta, non so veder la ragione di far di quelle parole due frasi interrogative, le quali, se non altro, rompono ed alterano la dignitosa narrativa di questa stanza.» Dalle parole che vengono appresso, vedonsi le parole parlate da Dio, ciò che dà ragione della vera lezione di questo verso, e la lezione opposta non ha neppure un nesso col difende del verso posto dinanzi.

6 in l'alto cielo. Altri pongono: in sommo cielo. Il Giuliani ricorda il verso: Ita si Beatrice in l'alto cielo di un'altra Canzone. Cielo o va posto in opposizione a terra, ovvero va preso per l'Empireo che sta sopra gli altri nove secondo l'astronomia dell'Alighieri. In ambidue i casi ci sembra necessario l'articolo, e nel primo va esclusa necessariamente l'idea di sommo. Qui si parla del cielo indicato nella stanza precedente, e perciò messo in opposizione colla terra, dove era tuttavia Beatrice.

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si fa grato sentire agli orecchi, e si accetta un dona che dall'Alighieri non si usa per dare semplicemente. In tutta la Vita Nuova poi si usa addivenire non avvenire. 8 può sì adorna e sì pura. E lezione assai migliore dell'aitra: puote sì adorna.

9

informa. Altri: in forma. Qui va il verbo informa, da cui fu pei copisti distaccato l'in. Nel colore prende forma di perla.

10 nel riso. La lezione comune ci dava: nel viso. Il marchese Trivulzio fece la correzione per queste parole poste nella Vita Nuova, nella divisione di questa Canzone. « Questa seconda parte si divide in due: chè nell' una dico degli occhi che sono principio d'amore; nella seconda della bocca ch'è fine d'amore: ed acciocchè quinci si levi ogni vizioso pensiero, ricordisi chi legge, che di sopra è scritto, che il saluto di questa donna, il quale era operazione della sua bocca, fu fine de' miei desiderii.*» Questa correzione, sostenuta dal Dionisi, annunciata dal Witte, fu ripetuta dall' Arbib, e fu a ragione accolta dal Fraticelli, il quale ricorda i versi danteschi:

Quando leggemmo il desiato riso
Esser baciato da ec.

Dico negli occhi e nel suo dolce riso.

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con donna o con uomo cortese. Altri: con donne e con uomini cortese. Per rifiutare questa lezione basta osservare la discordia di cortese con donna ed uomini.

17 a lor. Altri: a lui. Qui Dante vuol esser raccomandato non solo ad Amore, ma anche e più a lei, cui era mandata, cioè a Beatrice.

Vita Nuova, XIX.

SONETTO VIII.

Definisce Amore.

Amore e cor gentil sono una cosa,
Siccome il Saggio in suo dittato pone;
E così senza l'un l'altro esser 1 osa,
Com' alma razional senza ragione.

Fagli natura, quando è amorosa,

2

Amor per sire, e 'l cor per sua magione,
Dentro allo qual, dormendo, si riposa,3
Tal volta brieve e tal lunga stagione.

4

5

Beltate appare in saggia donna pui,
Che piace agli occhi sì, che dentro al core
Nasce un desio della cosa piacente;

E tanto dura talora in costui,
Che fa svegliar lo spirito d'Amore:
E simil face in donna uomo valente.

1 E così senza l'un l'altro esser. Altri leggono: E così esser l'un senza l'altro.

2 Amor per sire, e 'l cor. Altri leggono: Amor pregiare il cor. L'errore è così grave, che non è necessario confutarlo. Nacque dal leggere insieme le parole: persirel cor. Di là presiare, indi pregiare.

3 allo qual, dormendo, si riposa. Altri pongono alla qual, dormendo, si riposa: ovvero: alla quale, dormendo, si riposa. Pare che dell'ultime due lezioni che danno uno stesso concetto si abbia a preferire la prima.

La lezione che noi seguiamo, ci

sembra più bella per sentimento, perchè non spezza quel legame che fece natura fra il cuore gentile ed amore da essere una cosa: e, se il riposare dormendo fa pensare, questo pensiero si affaccia nella nostra mente, e fugge.

Tal volta. Comunemente si leggono unite le due parole, ma in tal che segue, è prova che si debbono separare, mentre tal volta (voce sottintesa) non fa corrispondenza con talvolta.

5 brieve. Altri hanno poca ovvero poco. La voce lunga (stagione) che viene appresso richiede breve, non poca e molto meno poco.

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