Sayfadaki görseller
PDF
ePub

Ora poichè l'opera mandata in luce e dal Trissino e dal Corbinelli è stata riscontrata (salvo alcune varianti, nella presente questione inconcludenti) pienamente conforme a quella presentata da' detti tre Codici, lo studiato edifizio degli scettici ha dovuto finalmente cadere in frantumi.'

Un'altra domanda è stata fatta, ed è: quando ha egli Dante scritto questo suo libro? prima o dopo la Divina Commedia ? Anco a questo risponderò brevemente, e poi farò fine.

Che il Trattato del Volgar Eloquio, fosse scritto da Dante nel tempo del suo esilio, è indubitato, poichè lo dice egli stesso dne vol

1

« Lo Scolari non vuol riconoscere il Volgar Eloquio per opera di » Dante, a motivo che trova esservi alcune contradizioni coll' opera del » Convito e della Divina Commedia. E sarà forse la prima volta che un >> autore cangia d'opinione, particolarmente in cose scientifiche e lette>>rarie? lo ho veduto lo Scolari più volte nello scorso mese a Padova, » e gli ho mostrato che in molte delle emendazioni proposte nell' Appen» dice non avea bene inteso il senso de' passi esaminati; e gli ho fatto » tornare in gola quel requiescat in pace ch'egli ha cantato (pag. 13) >> sul testo unico del libro del Volgare Eloquio, facendogli vedere e toc» care ancor vivo il mio Codice, che aveva meco espressamente recato. » Io l'ho convinto, confuso; ma persuaso? non credo: tanta è la tenacità >> delle opinioni letterarie. Tutta quella pag. 13 è piena zeppa d'erro» ri, tra i quali non è l'ultimo il confondere, come fa, il ritrovamento >> d'un Codice e la compilazione del medesimo, quasi che fosse la stessa » cosa ». (G. G. Trivulzio, lett. cit.) »

Quand' io poi ebbi annunziato il ritrovamento del Codice del Corbinelli, ecco ciò che lo Scolari s' affrettò di dire per le stampe:

<< Mi sia permesso d'avvisare, che sull' autenticità complessiva del » libro che s attribuisce a Dante sotto il titolo di Volgare Eloquio, col >> testo latino del Trissino, tengo sempre più tranquillamente ch'essa sia » da escludere affatto, nè in ciò mi resta altro desiderio (dopo quanto » scrissi nell' Appendice al Convito, e quanto avrei da scrivere ancora) » fuor quello di vedere co' miei propri occhi quel famoso Codice di Gre»> noble, cui si riporta il chiarissimo signor Fraticelli; Codice che andò » veramente a cacciarsi un po' lontano da noi per potere esser veduto » ed esaminato a dovere. Avessi trovato almeno una descrizione esatta >> della scoperta avvenuta, quando, come, colla storia de' viaggi che ha >> fatto il Codice per arrivare sin là, ec. ec.! »

E con tale ironico e frivolo scetticismo il tenace signor Filippo Scolari credeva risolvere la combattuta questione! Ma che dirà egli, ora che non uno, ma tre Codici, e tutti anteriori al Trissino, sono stati ritrovati, svolti e consultati, e minutamente descritti?

te: al cap. VI del libro I, amiamo tanto Fiorenza, che per averla amata, patiamo ingiusto esilio; ed al cap. XVII del libro medesimo, quant' egli poi (il volgare illustre) faccia i suoi familiari gloriosi, noi stessi l'abbiamo conosciuto, i quali per la dolcezza di questa gloria ponemo dopo le spalle il nostro esilio. E poichè in questa operetta va notando le differenze degl'italici dialetti e le varietà dei loro suoni, rendesi molto probabile ch'ei la scrivesse non già ne' primi tempi dell'esilio, ma dopochè in forza di esso aveva egli dovuto peregrinar per l'Italia.

Il libro primo sembra essere stato scritto dal 1305 al 1306. Infatti nel capitolo XVIII dice gl' Italiani mancare di curia (secondo che unica si piglia come quella del re d'Alemagna), perchè mancan di principe. Ma così non avrebbe egli detto nel 1309, quando Arrigo VII di Lussemburgo, stato già eletto re de' Romani, era in sulle mosse per venire in Italia. Nel cap. XII parla poi di Giovanni 1 di Monferrato, d'Azzo VIII da Este e di Carlo II di Napoli, siccome di personaggi viventi; ed essi morirono nel 1306, 1308, 1309. Bene dunque si deduce che Dante non può avere scritto il primo libro che innanzi quelle date, e così dal 1305 al 1306. Ed a più forte argomento deduce che non può averlo scritto dopo il 1309. E quanto a quel passo del Convito, che sembrerebbe contradire a questa deduzione, di questo si parlerà altrove più compiutamente in uno libro ch' io intendo di fare, Dio concedente, di volgare eloquenza, se ben si considera, non riesce contradittorio; perciocchè l' autore d' un'opera destinata a contener quattro libri, non avrebbe potuto in diversa maniera parlarne, quand' egli non aveva pure terminati due, e non aveane pubblicato alcuno.

Rispetto all'anno in che fu scritto il libro secondo, quantunque dalle parole colle quali incomincia, promettendo un'altra volta la diligenza del nostro ingegno, e ritornando al calamo della utile opera, sopra ogni cosa confessiamo ec., sembri potersi dedurre che Dante non vi pose mano se non qualche tempo dopo aver compito il primo; pure questo tempo da lui fra l' uno e l'altro libro frapposto, non fu molto lungo. Imperocchè se Azzo VIII da Este, il quale morì nel 31 gennaio 1308, si trova nominato siccome vivente nel libro I, lo si trova pur nel II, la lodevole discrezione del Mar

144

DISSERTAZIONE SUL VOLGARE ELOQUIO.

chese da Este, e la sua preparata a tutti magnificenza, fa esso essere diletto (cap. VI). Dunque il libro secondo non può essere stato scritto più tardi del 1307. Ora, se Dante scrisse il Trattato del Vulgar Eloquio dal 1305 al 1307, scrivealo dunque mentre dettava la prima Cantica del suo poerna, poichè questa non potè esser compiuta e pubblicata innanzi del 1309.

[blocks in formation]

LIBER PRIMUS.

CAPUT I.

Quid sit vulgaris locutio, et quo differat a gramatica.

Cum neminem ante nos de Vulgaris Eloquentiæ doctrina, quicquam inveniamus tractasse, atque talem scilicet Eloquentiam penitus omnibus necessariam videamus, cum ad eam non tantum viri, sed etiam mulieres, et parvuli nitantur, in quantum Natura permittit: volentes discretionem aliqualiter lucidare illorum, qui tanquam cæci ambulant per plateas, plerumque anteriora posteriora putantes; Verbo aspirante de cælis, locutioni vulgarium gentium prodesse tentabimus: non solum aquam nostri ingenii ad tantum poculum haurientes, sed accipiendo, vel compilando ab aliis, potiora miscentes, ut exinde potionare possimus dulcissimum hydromellum. Sed quia unamquamque doctrinam oportet non probare, sed suum aperire subjectum, ut sciatur quid sit, super quod illa versatur, dicimus celeriter attendentes, quod Vulgarem locutionem appellamus eam, qua infantes adsuefiunt ab adsistentibus, cum primitus distinguere voces incipiunt: vel quod brevius dici potest, Vulgarem locutionem asserimus, quam sine omni regula, nutricem imitantes, accipimus. Est et inde alia locutio secundaria nobis, quam Romani Gramaticam1 vocaverunt. Hanc quidem secundariam Græci habent, et alii, sed non omnes; ad habitum vero hujus pauci perveniunt, quia non

1

Quest' altro linguaggio che i nostri antichi chiamavan grammatica, era la lingua che nelle loro scritture usavano i dotti, vale a dire la lingua

del Lazio. Giovanni Villani, I, 48: E però si declina il nome di Pisa in gramatica hæ Pisa.

« ÖncekiDevam »