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gua Vulgari poetati sunt in Italia, ut Siculi, Apuli, Tusci, Romandioli, Lombardi et utriusque Marchiæ viri. Et quia intentio nostra, ut polliciti sumus in principio hujus operis, est doctrinam de Vulgari Eloquentia tradere: ab ipso, tanquam ab excellentissimo incipientes, quos putamus ipso dignos uti, e propter quid, et quomodo, nec non ubi, quando, et ad quos ipsum dirigendum sit, in immediatis libris tractabimus. Quibus illuminatis, inferiora Vulgaria illuminare curabimus, gradatim descendentes ad illud, quod unius solius familiæ proprium est.

LIBER SECUNDUS.

CAPUT I.

Quibus conveniat uti polito et ornato vulgari, et quibus non conveniat.

Pollicitantes iterum celeritatem ingenii nostri, et ad calamum frugi operis redeuntes, ante omnia confitemur Latinum Vulgare illustre tam prosaice, quam metrice decere proferri. Sed quia ipsum prosaicantes ab inventoribus magis accipiunt; et quia quod inventum est prosaicantibus permanet firmum exemplar, et non e contrario, quia quædam videntur præbere primatum versui; ergo secundum quod metricum est, ipsum carminemus,2 ordine pertractan

'Dice, che ne avrebbe trattato ne' libri che seguono, perciocchè avea disegnato di estender l'opera a quattro libri; ma, come avvertii nella Dissertazione, l'opera rimase imperfetta, nè Dante compiè pure il libro II, perchè questo non si estende al di là della materia spettante alle Canzoni, mentre avrebbe dovuto trattare altresì della Ballata e del Sonetto.

2 Alla voce carminemus il profes

fessor Witte propone di sostituire examinemus; ma io non vedo la necessità di questa sostituzione, perocchè carminare, verbo usato da Plinio, significa cardare, petlinare, rimondare. Onde deve e può tradursi pettiniamolo, rimondiamolo, che ben lega col contesto, e non già versifichiamolo, come traduce il Trissino, erroneamente deducendolo da carmen.

liani, i Pugliesi, i Toscani, i Romagnuoli, i Lombardi, e quelli della Marca Trivigiana e della Marca d'Ancona. E conciossiache la nostra intenzione (come avemo nel principio dell' opera promesso) sia d'insegnare la dottrina della Eloquenza Volgare; però da esso Volgare Italiano, come da eccellentissimo, cominciando, tratteremo nei seguenti libri, chi siano quelli, che pensiamo degni di usare esso, e perchè, e a che modo, e dove, e quando, ed a chi sia esso da dirizzare. Le quali cose chiarite che siano, avremo cura di chiarire i Volgari inferiori, di parte in parte scendendo sino a quello che è d'una famiglia sola.

LIBRO SECONDO.

CAPITOLO I.

Quali sono quelli che denno usare il volgare Illustre e quali no.

Promettendo un' altra volta la diligenzia del nostro ingegno, e ritornando al calamo della utile opera, sopra ogni cosa confessiamo, ch' egli sta bene ad usarsi il Volgare Italiano illustre così nella prosa, come nel verso. Ma perciò che quelli che scrivono in prosa, pigliano esso Volgare illustre specialmente dai trovatori; e però quello che è stato trovato1 rimane un fermo esempio alle prose, ma non al contrario, per ciò che alcune cose paiono dare principalità al verso: adunque, secondo che esso è metrico, versifichiamolo, trattandolo con quell'ordine, che nel

Il verbo trovare, del quale si serve il Trissino per tradurre il la

tino invenire, qui significa poetare, scrivere in poesia.

tes illo, quem in fine primi libri polluximus. Quæramus igitur prius, utrum versificantes vulgariter debeant illud uti; et superficie tenus videtur, quod sic; quia omnis qui versificatur, suos versus exornare debet in quantum potest. Quare cum nullum sit tam grandis exornationis, quam Vulgare Illustre, videtur, quod quisque versificator debeat ipsum uti. Præterea quod optimum est in genere suo, si suis inferioribus misceatur, non solum nil derogare videtur eis, sed ea meliorare videtur. Quare si quis versificator, quamquam rude versificetur, ipsum suæ ruditati admisceat, non solum bene ipsi ruditati faciet, sed ipsum sic facere oportere videtur. Multo magis opus est adjutorio illis, qui pauca, quam qui multa possunt; et sic apparet quod omnibus versificantibus liceat ipsum uti. Sed hoc falsissimum est, quia nec semper excellentissime poetantes debent illud induere, sicut per inferius pertractata perpendi poterit. Exigit ergo istud sibi consimiles viros quemadmodum alii nostri mores et habitus exigit enim magnificentia magna potentes, purpura viros nobiles, sic et hoc excellentes ingenio et scientia quærit, et alios aspernatur, ut per inferiora patebit: nam quicquid nobis convenit, vel gratia generis, vel speciei, vel individui convenit, ut sentire, ridere, militare; sed nobis non convenit hoc gratia generis, quia etiam brutis conveniret : nec gratia speciei, quia cunctis hominibus esset conveniens, de quo nulla quæstio est; nemo enim montaninis hoc dicet esse conveniens. Sed optimæ conceptiones non possunt esse nisi ubi scientia et ingenium est; ergo optima loquela non convenit rusticana tractantibus; convenit ergo individui gratia: sed nihil individuo convenit, nisi per proprias dignitates, puta mercari, et militare, ac regere; quare si convenientia respiciunt dignitates, hoc est dignos (et quidam digni, quidam digniores, quidam dignissimi esse possunt), manifestum est quod bona dignis, meliora dignioribus, et optima dignissimis convenient. Et cum loquela non aliter sit necessarium

fine del primo libro avemo promesso. Cerchiamo adunque primamente, se tutti quelli che fanno versi volgari, lo denno usare, o no. Vero è, che così superficialmente appare di sì, perciò che ciascuno che fa versi, dee ornare i suoi versi in quanto'l può. Là onde non essendo niuno sì grande ornamento, com' è il Volgare illustre, pare che ciascun versificatore lo debbia usare. Oltre di questo, se quello, che in suo genere è ottimo, si mescola con lo inferiore, pare che non solamente non gli tolga nulla, ma che lo faccia migliore. E però se alcun versificatore, ancora che faccia rozzamente versi, lo mescolerà con la sua rozzezza, non solamente a lei farà bene, ma appare che così gli sia bisogno di fare; perciò che molto è più bisogno di aiuto a quelli che ponno poco, che a quelli che ponno assai; e così appare, che a tutti i versificatori sia licito di usarlo. Ma questo è falsissimo; perciò che ancora gli eccellentissimi Poeti non se ne denno sempre vestire, come per le cose di sotto trattate si potrà comprendere. Adunque questo illustre Volgare ricerca uomini simili a se, sì come ancora fanno gli altri nostri costumi ed abiti: la magnificenzia grande ricerca uomini potenti, lu porpora uomini nobili; così ancora questo vuole uomini di ingegno e di scienza eccellenti, e gli altri dispregia come per le cose, che poi si diranno, sarà manifesto. Tutto quello adunque, che a noi si conviene, o per il genere, o per la sua specie, o per lo individuo ci si conviene; come è sentire, ridere, armeggiare; ma questo a noi non si conviene per il genere, perchè sarebbe convenevole anco alle bestie; nè per la specie, perchè a tutti gli uomini saria convenevole : di che non c'è alcun dubbio; che niun dice, che'l si convenga ai montanari. Ma gli ottimi concetti non possono essere, se non dove è scienzia ed ingegno; adunque la ottima loquela non si conviene ai rozzi parlatori; conviene si per l'individuo; ma nulla all' individuo conviene se non per le proprie dignità; come è mercantare, armeggiare, reggere. E però se le cose convenienti risguardano le dignità, cioè i degni (ed alcuni possono essere degni, altri più degni ed altri degnissimi), è manifesto, che le cose buone ai degni, le migliori ai più degni, le ottime ai degnissimi si convengono. E conciò sia che la loquela non altrimenti sia necessario istromento ai

instrumentum nostræ conceptionis, quam equus militis; et optimis militibus optimi conveniant equi, optimis conceptionibus, ut dictum est, optima loquela conveniet. Sed optimæ conceptiones non possunt esse, nisi ubi scientia et ingenium est; ergo optima loquela non convenit nisi in illis, in quibus ingenium et scientia est; et sic non omnibus versificantibus optima loquela convenit, cum plerique sine scientia et ingenio versificentur; et per consequens, nec optimum vulgare. Quare si non omnibus convenit, non omnes ipsum debent uti; quia inconvenienter agere nullus debet. Et ubi dicitur quod quilibet suos versus exornare debet in quantum potest, verum esse testamur; sed nec bovem ephippiatum, nec balteatum suem dicemus ornatum, immo potius deturpatum ridemus illum; est enim exornatio alicujus convenientis additio. Ad illud ubi dicitur, quod superiora inferioribus admixta perfectum adducunt, dicimus verum esse, quando cesset discretio, puta si aurum cum argento conflemus; sed si discretio remanet,1 inferiora vilescunt, puta cum formosæ mulieres deformibus admiscentur. Unde cum sententia versificantium semper verbis discretive mixta remaneat, si non fuerit optima, optimo sociata Vulgari, non melior, sed deterior apparebit, quemadmodum turpis mulier, si auro vel serico vestiatur.

CAPUT II.

In qua materia conveniat ornata Eloquentia Vulgaris.

Postquam non omnes versificantes, sed tantum excellentissimos Illustre uti Vulgare debere astruximus, consequens est astruere, utrum omnia ipso tractanda sint, aut non; et si non omnia, quæ ipso digna sunt segregatim ostendere. Circa quod primo reperiendum est id, quod intelligimus per

'La voce remanet, dice il Torri Volg. Eloq., Livorno 1850), che nella fiorentina edizione del 1840

fu senz'alcuna ragione cambiata cesset. Ma il Torri ha preso equivoco, poichè il cambiamento non esiste.

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